La storia di un’iniziativa straordinaria che dal 1977 lavora per rendere coltivabile il deserto egiziano ha ispirato il viaggio di quindici persone, soprattutto agricoltori e agronomi biologici dell’Umbria, del Piemonte e del Veneto, alla ricerca di soluzioni che garantiscano il proseguimento dell’attività agroalimentare nelle condizioni di crescente emergenza idrica che caratterizzano tante aree della stessa Italia.
Sekem (il nome significa «energia vitale»), la meta della trasferta egiziana, ha raggiunto l’obiettivo con una combinazione di interventi: gestione dell’acqua, piantagione di migliaia di alberi, tecniche biodinamiche.
In un secondo tempo, dall’agricoltura si sono sviluppati i settori della trasformazione dei prodotti e del commercio, e attività sociali e culturali centrate sui lavoratori, che ormai sono migliaia nel circuito.
Sekem è una comunità solidale.
IL LIBRO «LA SFIDA DI SEKEM» (editrice Antroposofica) ci ha fatto conoscere lo sviluppo armonioso di un’azienda biodinamica frutto del sogno verde di Ibrahim Abouleish, il fondatore, morto nel 2017.
Dopo un periodo in Austria dove aveva studiato con successo chimica tecnica e medicina, lasciò la carriera nell’industria farmaceutica per tornare in un luogo dove non c’era che deserto, e terra arida che il visionario riteneva possibile fertilizzare, e acqua ma solo in profondità, e manodopera.
Là nel nulla e dal nulla applicò il metodo biodinamico studiato in Austria e Germania.
Nel corso di 40 anni sono stati resi produttivi 2.000 ettari.
E’ quasi uno shock entrare a Sekem dopo il percorso dal Cairo – una larga strada con poche palmette spelacchiate, tutto intorno lavorazioni continue con grandi macchinari e cumuli enormi di terra o sabbia; e tante installazioni militari.
A SEKEM GLI ALBERI CIRCONDANO il corpo originario dell’azienda, ma li troviamo anche intorno e in mezzo ai campi cereali e ortaggi e alle colture fiorite di camomilla, calendula, menta e altre piante officinali.
Molte arnie: con appezzamenti di diverse specie e varietà vegetali le api hanno sempre qualcosa da mangiare.
Ci sono alberi (per esempio la moringa e l’acacia) che possono crescere senza acqua, traggono dall’aria l’umidità necessaria e attualmente vengono testati nell’ambito del progetto Greening the desert.
E’ stato calcolato che l’intensa opera di agro-forestazione abbia fissato in 40 anni almeno 500.000 tonnellate di CO2, sottratte all’effetto serra.
E poi le colture arboree e le siepi spezzano la furia del vento che inaridisce.
Portano fertilità, aiutano l’umidità e la gestione idrica.
L’ACQUA E’ IL PROBLEMA PRINCIPALE qui, come altrove in Egitto e in tutto il Mediterraneo, sponda Sud e sponda Nord: ormai un hub del riscaldamento globale.
Obiettivi: risparmiarla e conservarla.
Pionieri furono cinque pozzi scavati tanti decenni fa.
Molto profondi, funzionavano grazie a una pompa a immersione con un cavo elettrico.
Fin dall’inizio era stata pianificata la rete di irrigazione, identificando i modi in cui doveva essere incanalata l’acqua per raggiungere le piante e gli animali.
Fu necessario scavare canali.
Attualmente ci sono diversi sistemi di irrigazione nell’azienda agricola.
Su tutti i campi e anche su tutti i bordi dove vengono piantati alberi e arbusti si vedono i tubi dell’irrigazione a goccia che permettono alle piante di svilupparsi con una velocità e una vigoria a noi sconosciute.
Se ne avvalgono prati colorati di varie erbe officinali (l’unica che cresce a fatica è l’ortica!) come i campi di trifoglio, falciato con un macchinario vecchio ma operativo.
LE ACQUE REFLUE VENGONO completamente trattate e poi usate per l’irrigazione degli alberi.
Diversi sistemi a energia solare riforniscono gli edifici di energia rinnovabile.
Grazie alla ridotta produzione di CO2 e all’agricoltura sostenibile, da molti anni l’azienda agricola non ha solamente emissioni zero, ma è addirittura positiva per il clima.
GLI ENORMI CUMULI LONGITUDINALI di compost sono fra gli elementi più interessanti e specifici del metodo.
Il letame (circa il 20%) è mescolato con materiali vegetali (rami, residui di potatura, scarti, in totale l’80%) che vengono trinciati con un attrezzo molto efficiente ma anche molto antico – probabilmente sarà presto sostituito da uno più moderno.
Un giovane agronomo è il responsabile di questo importantissimo settore dell’azienda agricola.
I cumuli vengono rivoltati e bagnati più volte.
Vi vengono inseriti i preparati biodinamici e così si costruisce il necessario per fertilizzare ettari e ettari: grazie a questo, il terreno desertico di una volta può immagazzinare fino a 30-40 % di acqua in più rispetto a quelli coltivati in modo convenzionale.
La «prova della vanga» (strumento molto utile in biodinamica per valutare il suolo) la facciamo nella zona delle colture orticole.
Ecco il blocco estratto dall’attrezzo affondato nel terreno: possiamo esaminarlo impiegando i nostri sensi, vista, tatto, odorato per valutare la buona presenza di sostanza organica.
Un bel colore bruno.
Profuma di terriccio di bosco.
E’ umido (l’acqua dell’irrigazione a goccia non si disperde, viene ritenuta).
Le radici si sviluppano in profondità, i lombrichi lavorano là sotto.
SEKEM HA FATTO SCUOLA IN EGITTO.
Il compost non viene usato solamente all’inizio per rendere coltivabile il suolo del deserto, ma anche per la concimazione dei campi, è meravigliosamente idoneo al clima secco e caldo dell’Egitto.
Persino gli agricoltori convenzionali si sono convinti dei molti vantaggi portati dal compost e hanno iniziato a produrlo da sé, anche a venderlo.
Al giorno d’oggi circa 500 agricoltori in tutto il paese applicano l’agricoltura biodinamica.
Riescono a stipulare contratti a lungo termine che garantiscono un prezzo stabile e possono usufruire regolarmente di corsi di approfondimento.
BUONE LE RESE – SALVO IL RISO.
Già, niente riso.
E’ ormai vietato coltivarlo in Egitto: consuma troppa acqua.
E i paesi nilotici a monte dell’Egitto costruiscono dighe.
A cinque ore di pullman dall’Eco-village Sekem, all’azienda Fayoum, sempre della catena Sekem vediamo grano (fitto fitto, faranno almeno 50 quintali a ettaro!), trifoglio, favino, orzo, piante officinali…
Con l’introduzione di queste ultime il reddito agricolo ha fatto un salto in alto: vengono infatti date ai laboratori di essiccazione e confezionamento, poi rivendute a tutti i negozi bio in Germania.
Ciò spinge gli agricoltori vicini ad aggregarsi all’insieme di Sekem.
Tanto più che se piantano alberi e ne seguono la crescita vengono remunerati anche per questo servizio ambientale essenziale, che aggiunge fertilità e, se attuato in massa, aiuta la pluviometria.
NEGLI ANNI 2000, SEKEM HA ACQUISITO altre proprietà nel deserto occidentale dell’Egitto, a Wahat (nel deserto occidentale).
Inoltre si lavora all’obiettivo di affiancare alle attività agricole anche la fondazione di comunità rurali.
Importante il lavoro sulla certificazione, con il progetto Economy of love: prodotti sostenibili, etici e trasparenti in tutta la catena di produzione, trasformazione e distribuzione.
Il progetto include anche un insieme di imprese, aziende agricole e consumatori che lavorano per creare un’economia basata sul rispetto nei confronti delle persone e della natura.
Il marchio è stato sviluppato dall’associazione egiziana The Egyptian Biodynamic Association (Ebda) per sostenere agricoltori, imprese e consumatori.
IL FUTURO HA GRANDI INTENTI (benché faticosi).
L’obiettivo per la metà del secolo è contaminare sette milioni di agricoltori egiziani.
Insomma Sekem non vuole essere una luce nel deserto, ma contribuire a un modello di totale cambiamento del sistema, agricolo e culturale.
NELL’UNIVERSITA’ DI HELIOPOLIS, fondata da Sekem al Cairo, è al presente e al domani che lavorano le facoltà di ingegneria, economia, farmacia, fisioterapia, agricoltura organica.
Centrali gli studi comparati fra agricoltura biodinamica, biologica, convenzionale.
MA I NOSTRI CAMPI IN ITALIA?
L’agricoltura italiana è in crisi da siccità.
Questo ci accomuna all’Egitto.
* tecnica e agricoltrice biodinamica
** titolare dell’azienda agricola biologica Torre Colombaia
(Articolo di Lucy Milenkovic e Alfredo Fasola, pubblicato con questo titolo il 9 marzo 2023 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)
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