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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Alluvione sul “modello Marche”, mentre Fratelli d’Italia in Europa vota contro le rinnovabili

17/09/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Le Marche vengono spesso presentate come un “modello” di buon governo dall’estrema destra che è in corsa per le elezioni nazionali del 25 settembre.

Qui più che altrove la presenza dei Fratelli d’Italia (FdI) di Giorgia Meloni è andata radicandosi negli ultimi anni, arrivando a conquistare nel 2020 la presidenza della Regione con Francesco Acquaroli.

Lo stesso presidente che si trova oggi a confrontarsi con «una tragedia di enormi proporzioni», ovvero l’alluvione che stanotte ha colpito il territorio marchigiano – quello di Senigallia in particolare – portandosi via almeno nove vite umane: «Sono caduti in circa tre ore 420 millimetri di pioggia, la metà di quello che piove in un anno nella regione», spiega lo stesso Acquaroli.

Il Consiglio dei ministri ha già deliberato lo stato di emergenza per la Regione Marche, ma il fondato timore è che ancora una volta non si farà abbastanza – in termini di gestione del territorio e di lotta alla crisi climatica in corso – per affrontare il problema.

Nelle stesse aree colpite stanotte dall’alluvione, nel 2014 i morti furono altri tre, sempre per alluvione.

Nel mentre i rischi di eventi meteo estremi continuano a crescere.

L’Italia sta uscendo adesso dall’estate più calda mai registrata in Europa, e dall’inizio dell’anno sono già oltre 130 gli eventi meteo estremi che hanno colpito lo Stivale.

Sappiamo con certezza che questo andamento è strettamente collegato a quello del surriscaldamento globale: sia l’Ipcc sia l’Agenzia europea dell’ambiente affermano che «il cambiamento climatico è innegabilmente responsabile di un aumento degli eventi meteorologici estremi», che stanno infatti crescendo in frequenza ed intensità.

Di fronte a questa realtà è indispensabile agire sia sul fronte dell’adattamento – per difendere il territorio da quella quota parte di cambiamenti climatici che abbiamo già innescato, e che è qui per restare – sia su quello del contrasto alla crisi climatica, che è legata a doppio filo alle emissioni di CO2eq derivanti dall’uso dei combustibili fossili.

Per ridurre queste emissioni, l’imperativo è accelerare la transizione ecologica passando all’uso delle fonti rinnovabili.

Due giorni fa l’Europarlamento ha approvato un testo legislativo nel merito, sostenendo la proposta RePowerEu della Commissione Ue che prevede di arrivare al 2030 con almeno il 45% dei consumi finali di energia soddisfatti dalle energie rinnovabili (ad oggi in Italia siamo a circa il 20%).

L’estrema destra italiana, però, ha votato contro.

«Nello specifico degli europarlamentari italiani, con 56 votanti e 20 assenti – dettagliano nel merito dal think tank Ecco – è sostanzialmente confermata la distribuzione dei voti in relazione dell’appartenenza dei gruppi politici del Parlamento europeo. 

Il Pd compattamente a favore, con un solo assente, così come il M5s.

Forza Italia, la cui maggioranza degli europarlamentari non ha tuttavia partecipato al voto, ha votato a favore, seguendo il voto del Ppe.

La Lega si è astenuta, ma con il gruppo di appartenenza (Id) fortemente contrario segnalando quindi un’incertezza sul tema, mentre Fratelli d’Italia si è spaccata, con tre contrari e tre favorevoli, ma con il gruppo di appartenenza (Ecr) fortemente contrario».

Non si tratta peraltro di una novità.

Il leader della Lega Salvini è lo stesso che nel 2016, da eurodeputato, votò contro la ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima – la roadmap globale contro la crisi climatica – per poi continuare a deridere il tema negli anni successivi (ad esempio qui, qui e qui).

Il partito guidato da Meloni non è da meno: tra le altre cose ha chiesto all’Europa uno stop al Green deal, e appena quattro mesi fa ha delineato un manifesto dal sapore reazionario contro la transizione verde.

E se queste sono le credenziali dei due partiti di estrema destra sulla lotta alla crisi climatica, preoccupano molto anche quelle vantate sotto il profilo della difesa della democrazia.

Sempre l’Europarlamento ha votato ieri un testo non legislativo – approvato con 433 voti favorevoli, 123 contrari e 28 astensioni – in cui si afferma a chiare lettere che  l’Ungheria è diventata una “autocrazia elettorale” ovvero un sistema costituzionale in cui si svolgono le elezioni ma manca il rispetto di norme e standard democratici.

Non secondo Lega e Fratelli d’Italia, che hanno votato contro: dal “modello” Marche al “modello” Ungheria, il passo può essere assai breve.

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 16 settembre 2022 sul sito online “greenreport.it”)

 

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