Secondo l’Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais (Inpe) del Brasile, tra il primo gennaio 2019, quando ha assunto la carica di presidente della Repubblica il neofascista Jair Bolsonaro – e il 24 luglio, sono stati distrutti 4.200 chilometri quadrati di foresta: il 50% in più rispetto ai primi sette mesi del 2018 e oltre il doppio dell’area deforestata nello stesso periodo nel 2017.
Greenpeace parte da qui per commentare l’omicidio del cacique Emyra Waiãpa da parte di una banda di dozzine invasori garimpeiros e ricorda che «l’estrazione illegale di oro è una piaga per l’Amazzonia: oltre a devastare la foresta, implica l’utilizzo di grandi quantità di mercurio, un metallo inquinante che finisce per disperdersi nell’ambiente, fiumi inclusi».
Gli ambientalisti spiegano che la minaccia rappresentata dai cercatori d’oro abusivi che ormai scorrazzano liberamente nello Stato di Amapá, nel nord del Brasile, «ha costretto gli indios Wajãpi – che negli anni ’70 del secolo scorso rischiarono di scomparire a causa dalle malattie portate dai cercatori d’oro – a fuggire. Hanno abbandonato il villaggio di Mariry per spostarsi in uno più grande, quello di Aramirã.
Ma nemmeno in questo villaggio si sentono al sicuro: sabato scorso, infatti, sono stati sparati dei colpi di pistola anche in prossimità di Aramirã e i leader indigeni hanno chiesto aiuto alla polizia».
Anche Survival International condanna l’invasione illegale del territorio Wajãpi da parte di cercatori d’oro e fa appello al governo perché li allontani e li assicuri alla giustizia.
L’Ong che difende i popoli autoctoni ricorda che «i Wajãpi sono stati contattati nel 1973 quando la dittatura militare spianò un’autostrada attraverso parte della loro terra.
La strada aprì la via a numerose invasioni di minatori che causarono una vasta distruzione della foresta e la diffusione di malattie che uccisero molti indigeni.
I Wajãpi hanno lottato per anni per il diritto alla loro terra, mappando da soli il loro territorio che nel 1996 è stato infine formalmente riconosciuto come terra indigena.
Oggi il numero dei Wajãpi è di circa 1.500 persone.
Dipendono interamente dalla foresta e dai fiumi per la loro sussistenza e, come tutti gli altri popoli indigeni, hanno una profonda connessione spirituale con la loro terra».
Greenpeace concorda: «Quello che sta accadendo al Popolo Waiãpa non è un’eccezione.
Sono migliaia gli indigeni che rischiano di perdere la vita a causa dell’accaparramento delle terre, persone che rischiano la vita perché i loro territori ancestrali coincidono con aree di foresta che l’agribusiness vorrebbe convertire in monocolture e allevamenti, oppure appetibili perché ricche di legname pregiato, minerali e metalli preziosi».
Per Greenpeace Brasil, «l’attuale governo brasiliano sembra sposare questa visione delle foreste come dei fornitissimi discount dai quali prelevare tutto ciò che si desidera senza alcun criterio tranne quello del profitto.
Oltre a minimizzare le preoccupazioni ambientali minacciando di abbandonare gli impegni presi con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
Oggi, migliaia di indigeni sono a rischio in Brasile a causa di invasioni, disboscamento illegale, estrazione mineraria e tentativi di accaparramento di terre.
Molte di queste minacce sono alimentate dal governo stesso e il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha promesso in numerose occasioni di aprire a società straniere le aree protette del Paese, per sfruttare le risorse naturali da parte di compagnie straniere e demolendo organismi di controllo ambientale e la Funai (Fundação Nacional do Índio, ndr).
Sarebbe invece dovere dello Stato brasiliano proteggere i territori indigeni e le loro popolazioni, fermando l’accaparramento delle terre e impedendo che vengano perpetrare attività illegali che mettono in pericolo la foresta amazzonica e le persone che la abitano da sempre».
Per questo Greenpeace Brasil «sostiene l’Articulação dos Povos e Organizações Indígenas do Amapá e Norte do Pará (Apina), il Conselho das Aldeias Wajãpi e la Coordenação das Organizações Indígenas da Amazônia Brasileira (Coiab) nelle loro rivendicazioni per il rispetto dei diritti costituzionali e dell’autodeterminazione nel decidere come vogliono vivere» e «condanna ogni forma di violenza perpetrata nei confronti dei Popoli Indigeni e chiede al governo brasiliano di indagare sulla morte di Emyra Waiãpa, di individuarne i responsabili e di garantire l’integrità fisica e culturale del Popolo Wajãpi e del loro territorio».
Un Wajãpi ha detto a Survival: «La nostra vita dipende dalla vita della terra e della foresta».
Una foresta che le scellerate politiche antiambientaliste e anti-indios di Bolsonaro divorano e lasciano divorare a un ritmo mai visto.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 30 luglio 2019 sul sito online “greenreport.it”)