Nel prestigioso consesso di Cernobbio, questo fine settimana il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto è tornato alla carica per provare a indebolire la fiducia in una transizione energetica fondata sulle energie rinnovabili, tirando acqua al mulino dell’energia che in Italia non c’è: quella nucleare.
«Siamo un Paese che ha esperienza e conoscenza, e credo che ci siano le condizioni per avere un player nazionale del nucleare, naturalmente aperto.
Questa è la sfida che ci attende per il futuro – ha dichiarato Pichetto al Forum Ambrosetti – Le rinnovabili non continuative non sono una soluzione».
Peccato che proprio le rinnovabili siano le fonti più efficienti per decarbonizzare (secondo l’Ipcc) e pure le più economiche, anche (evidenzia la Iea) considerando i costi di sistema.
In Italia non avanzano quanto dovrebbero, in primo luogo a causa dei numerosi ostacoli autorizzativi che il Governo Meloni sta contribuendo a complicare, dal decreto Agricoltura a quello Aree idonee, fino al Testo unico sulle rinnovabili.
Per non parlare del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), che come arma di distrazione di massa ha riportato in auge l’ipotesi dell’energia nucleare, prevedendo che l’atomo possa coprire l’11-22% della domanda nazionale di elettricità al 2050… ovvero quando la transizione energetica dovrà già essere conclusa.
Per rafforzare questa fascinazione, a Cernobbio durante la 50° edizione del forum “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” di The European House – Ambrosetti è stato presentato lo studio (in allegato) Il nuovo nucleare in Italia per i cittadini e le imprese: il ruolo per la decarbonizzazione, la sicurezza energetica e la competitività, realizzato da imprese attive lungo la filiera nucleare come Edison e Ansaldo.
«Lo sviluppo tecnologico del nuovo nucleare si inserisce in un contesto energetico in cui l’energia nucleare continua ad avere un ruolo cruciale e vive oggi una fase di espansione a livello mondiale, con 61 progetti di nuovi reattori in fase di costruzione», spiega il rapporto, il che è sufficiente per inquadrare il framing con cui è stato pensato: se torturi i dati abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa.
Anche che il nucleare è una fonte di energia in ascesa a livello globale, quando in realtà la forbice con le rinnovabili si è fatta sempre più ampia, tanto che oggi a livello internazionale arriva dall’atomo il 9% dell’elettricità prodotta contro il 30% da rinnovabili.
Un divario assai marcato anche in Ue, dove le rinnovabili producono il 44,7% dell’elettricità, ovvero il doppio rispetto al nucleare (22,8%).
Ma il Governo Meloni punta sul nucleare di nuova generazione, diranno i fautori dell’atomo.
Infatti nel rapporto di Cernobbio si propone di installare «fino a 20 impianti Small modular reactor (Smr)/Advanced modular reactor (Amr), che possano soddisfare circa il 10% della domanda elettrica al 2050».
Peccato che, come spiega il decano dell’energia G. B. Zorzoli – già docente di fisica dei reattori nucleari al Politecnico di Milano – dei Smr si parli dagli anni ’90 del secolo scorso, un terreno tecnologico dove abbondano i progetti abbandonati, perché risultati troppo costosi.
Nel frattempo resta chiusa in un cassetto l’unica opera “nucleare” di cui avrebbe senso parlare nel nostro Paese, ovvero il Deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi: l’ad di Sogin informa che non sarà possibile conoscere il luogo dove realizzarlo prima del 2027, ovvero nella prossima legislatura, mentre già si vocifera che possa non essere mai realizzato concretamente.
Nella perenne attesa del nucleare, si rallenta così l’ascesa delle fonti rinnovabili, a tutto vantaggio dei combustibili fossili.
A partire dal gas metano, di cui l’Italia dovrebbe diventare “hub europeo” nei piani del Governo Meloni.
PDF allegati
Rapporto Strategico Il nuovo nucleare in Italia per i cittadini e le imprese
(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 9 settembre 2024 sul sito online “greenreport.it)