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Home Approfondimenti

Biden si rimangia le promesse elettorali: verso nuove trivellazioni nel Golfo del Messico e in Alaska

09/07/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Il primo luglio il Dipartimento dell’Interno Usa ha pubblicato una bozza di piano quinquennale per le trivellazioni offshore che, pur non prevedendo nessuna licenza per il resto del 2022 potrebbe portare all’assegnazione di 10 concessioni nel Golfo del Messico centrale e occidentale e una a Cook Inlet, in Alaska.

Il presidente Usa Joe Biden, rimangiandosi le solenni promesse fatte in campagna elettorale, sembra aver ceduto alle pressioni allarmistiche dell’industria dei combustibili fossili, ma, come fa rilevare Sierra Club, il nuovo studio “Review of an Industry Report on the Impacts of a Delay in Federal Offshore Oil and Gas Leasing”  dimostra che l’eliminazione di nuove concessioni per estrarre petrolio e gas non avrebbe un impatto significativo sui prezzi dell’energia.

Athan Manuel,  direttore Lands Protection di Sierra Club ha ricordato all’amministrazione Biden che «le comunità costiere, in particolare nel Golfo, sono state sottoposte alla minaccia di disastri della trivellazione offshore per troppo tempo e, oltre al peggioramento delle condizioni meteorologiche estreme causato dal cambiamento climatico causato dai combustibili fossili, subiscono danni sproporzionati da questa attività pericolosa e inquinante. 

In un momento in cui dobbiamo allontanarci rapidamente dal petrolio e dal gas sporchi per rispettare i nostri impegni climatici ed evitare il peggio della crisi climatica, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è svendere ancora più delle nostre acque all’industria dei combustibili fossili. 

Escludere nuove concessioni quest’anno è un passo importante verso la protezione delle comunità e del clima, e sollecitiamo l’amministrazione a finalizzare un piano nel quale si impegni a non concedere nessuna nuova concessione per trivellazioni offshore, punto».

Anche perché Biden era stato appoggiato da Sierra Club (che ha oltre 2 milioni di iscritti) e dalle altre associazioni ambientaliste statunitensi perché aveva promesso nel 2020 che non avrebbe più consentito l’estrazione petrolifera e del gas sui terreni federali e, incalzato dall’allora suo concorrente alle primarie del Partito Democratico, Bernie Sanders, aveva detto alla  CNN, «niente più trivellazioni, anche offshore, nessuna capacità di l’industria petrolifera per continuare a trivellare, punto».

Ma la nuova bozza di piano apre a nuove concessioni per trivellare i di petrolio e gas nelle acque federali al largo delle coste dell’Alaska e nel Golfo del Messico: una marcia indietro non solo rispetto alle promesse elettorali di Biden, ma anche a quello che ha fatto nel suo primo giorno in cui è entrato alla Casa Bianca: la firma di una moratoria sulle concessioni, vietando al Dipartimento dell’interno di rilasciare nuovi permessi sulle terre federali, anche se la moratoria lasciava intatte le concessioni esistenti che le compagnie petrolifere si erano preventivamente fatte concedere da Dobald Trump.

Ad aprile Biden aveva promesso anche un aumento – dal 12,5% al ​​18,75% – delle royalty per le nuove concessioni sui terreni pubblici federali, ma lo studio “Royal Ripoff” pubblicato a giugno dall’ONG Public Citizen ha raccomandato che, dopo decenni senza un aumento, tutte le trivellazioni nei terreni federali siano soggette al tasso più alto delle royalty. 

Prima, Public Citizen  aveva pubblicato il rapporto “Biden’s Oil Letdown” che dimostra che Biden aveva già superato il numero medio mensile di permessi di trivellazione sui terreni pubblici federali rilasciati dall’ex presidente Trump.

Inoltre, l’aumento delle royalty attuato dall’amministrazione Biden non è permanente e non si applica alle aree interessate dal draft plan. 

Inoltre, il recente studio di Public Citizen fa notare che le acque federali oltre una profondità di 200 metri erano già soggette a un tasso di royalty del 18,75%. 

Come se non bastasse, la portavoce del Dipartimento degli interni, Melissa Schwartz, ha detto a The Intercept che «l’aumento del tasso si applica solo alle trivellazionbi onshore, consentendo alle trvellazioni offshore che non raggiungono la soglia dei 200 metri di rimanere esenti». 

Secondo Schwartz, le nuove concessioni nel Golfo del Messico e al largo delle coste dell’Alaska sarebbero soggette a royalties comprese tra lo zero e l’11%.

E, oltre a non essere permanente, l’aumento della royalty non è nemmeno retroattivo. 

Mentre la revoca della moratoria lascerebbe intatti i permessi rilasciati prima della moratoria di BIden. 

Lo studio di Public Citizen dimostra che i prezzi elevati del gas quest’anno hanno portato profitti record per l’industria petrolifera e del gas, che sono stati gonfiati anche da decenni di bassi tassi di royalty e che, se non fossero rimaste quelle royalties obsolete e artificialmente basse,  20 grandi compagnie di trivellazione onshore, tra le quali  Devon Energy, ConocoPhillips ed ExxonMobil, avrebbero pagato più di 1 miliardo di dollari in più.

Alan Zibel, direttore ricerca di Public Citizen, ha detto a The Intercept: «In un anno di profitti e di inflazione petrolifera record, l’industria petrolifera e del gas sta approfittando di agevolazioni fiscali, sussidi ed esenzioni senza precedenti.

Come minimo, queste compagnie dovrebbero pagare un prezzo equo per le risorse che estraggono dai terreni pubblici ed essere costrette a coprire i costi della bonifica ambientale, senza costi aggiuntivi per i contribuenti».

Ma le nuove concessioni sono il contrario della politica climatica promessa da Biden e  per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili niente sarebbe così efficace come bloccare la loro produzione.

Invece, Biden ha proposto un’esenzione dalla tassa sulla benzina per 3 mesi per rendere i prezzi alla pompa più economici per i consumatori. 

Se è vero che  i prezzi elevati dei carburanti stanno colpendo più duramente i poveri e la classe operaia, non c’è alcuna garanzia che la sospensione della tassa federale allevierebbe il costo della benzina per i consumatori, in particolare se le compagnie petrolifere e del gas avranno voce in capitolo. 

Uno studio recente sulle esenzioni fiscali del gas a livello statale ha rilevato che i risparmi sono stati «per lo più trasferiti ai consumatori sotto forma di prezzi del gas più bassi, ma che tali riduzioni di prezzo spesso non sono durate per l’intero periodo della sospensione fiscale». 

E l’attuale struttura fiscale per le trivellazioni federali offre alle compagnie petrolifere e del gas scarsi incentivi a trasferire quei risparmi ai cittadini. 

Le tariffe inferiori a quelle di mercato per le trivellazioni su terreni federali hanno fatto incassare nell’ultimo decennio quasi 6 miliardi di dollari alle compagnie petrolifere e del gas che li hanno tolti dalle tasche dei cittadini.

Zibel conclude: «Mentre i prezzi aumentano alla pompa, questi trivellatori di petrolio e gas non stanno solo tartassando gli automobilisti, ma stanno anche derubando i contribuenti.

Con l’industria petrolifera che quest’anno dovrebbe registrare i profitti più alti mai registrati, ora è il momento ideale per il Congresso e l’amministrazione Biden per sbarazzarsi dei regali fatti per troppo tempo all’industria petrolifera e del gas».

(Articolo pubblicato con questo titolo l’8 luglio 2022 sul sito online “greenreport.it”)

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