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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Casa dolce casa, quando l’efficienza vuol dire risparmio

18/09/2022
in Approfondimenti, Archivi, edilizia, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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In Italia ci sono almeno 57 milioni di immobili.

Poco meno di quaranta milioni sono classificati dall’Agenzia delle Entrate come abitazioni principali, pertinenza di abitazioni principali, immobili locati o concessi in uso gratuito.

Ancora nel 2019, quand’è stata pubblicata l’ultima edizione del rapporto ‘Gli immobili in Italia – Ricchezza, reddito e fiscalità immobiliare’, in tutto il corposo documento non c’era alcun riferimento alla certificazione energetica degli edifici (anche se la normativa in materia di certificazione energetica degli edifici è contenuta in un decreto legislativo dell’agosto 2005, che attua una direttiva europea del 2002, vent’anni fa).

LE UNICHE CLASSI a cui si fa riferimento nel capitolo dedicato al valore del patrimonio abitativo, sono quelle legate al numero di abitanti dei Comuni in cui si trovano gli immobili (più sono piccoli, meno valgono le case), mentre quelle energetiche – dalla A4, la più efficiente, alla F – non esistono, anche se dovrebbe essere evidente che vivere in una casa più efficiente comporta una spesa annua minore, garantendo risparmi significativi grazie a consumi ridotti.

Se un Paese non raccoglie e non diffonde dati, significa che probabilmente ancora non ha assunto né compreso la centralità di un tema, che in questo caso riguarda la lotta ai cambiamenti climatici e – come ci stiamo accorgendo drammaticamente in questi mesi di speculazione finanziaria sui prezzi del gas, connessi alla guerra in corso tra Russia e Ucraina – anche il budget delle famiglie.

A INCIDERE TRA LE SPESE CONNESSE alle abitazioni ci sono quelle legate al riscaldamento, pari al 67% degli usi domestici, mentre il restante 33% è destinato ad altri usi quali l’acqua calda sanitaria, anche se ci sarebbe l’alternativa del solare termico, o il raffrescamento (una voce destinata a crescere), l’illuminazione e le apparecchiature elettriche.

Per questo, come spiega un rapporto pubblicato da Legambiente nel maggio 2022, nell’ambito della campagna Civico 5.0, «la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio chiave strategica per affrontare le principali emergenze al centro del dibattito pubblico, dalla crisi climatica a quella socioeconomica, dal perdurare dei conflitti al caro bollette».

Questo, sempre secondo l’associazione, «a patto che a beneficiarne, però, siano soprattutto le fasce più bisognose della popolazione e i quartieri marginali delle nostre città».

IL PUNTO DI PARTENZA di ogni riflessione dev’essere un dato riportato nel Piano nazionale integrato energia e clima, conosciuto come Pniec: il settore edilizio è tra i maggiori responsabili del cambiamento climatico e in Italia incide per il 17,4% sulle emissioni totali in atmosfera non solo a causa dell’uso di fonti fossili, ma anche per via delle forti dispersioni di calore.

Per questo Legambiente stima che per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, il 55% indicato dalla Commissione europea, si dovrebbe intervenire in maniera strutturale per riqualificare oltre 93 mila condomini l’anno a partire dal 2022 e fino al 2030.

«Se a questa riconversione si aggiungesse anche quella degli altri alloggi, tra abitazioni unifamiliari e indipendenti stimabili in oltre 900 mila case, in otto anni si ridurrebbero ben 29,2 milioni di tonnellate di CO2 e 14,55 miliardi di mc di gas fossile, pari al 19,4% degli attuali consumi totali del Paese» spiega Legambiente.

SENZA DIMENTICARE I VANTAGGI di cui, nello specifico, beneficerebbero i nuclei familiari che arriverebbero a vivere in abitazioni in classe A, a partire dalla riduzione dell’80% dei consumi rispetto a una Classe G, per esempio.

EPPURE DI FRONTE ALL’AUMENTO delle bollette, che porterà la spesa energetica a incidere per il 20% delle spese complessive per quasi la metà delle famiglie che vivono negli appartamenti dell’Edilizia Residenziale Pubblica, quelle che hanno un reddito inferiore a 10 mila euro l’anno, nessuna politica strutturale è stata messa in campo.

IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE cita i dati dell’Enea secondo i quali per il momento si è giocato: i dati dell’Enea certificano che dal 2007 al 2019 con l’ecobonus sono stati incentivati circa 4 milioni d’interventi, di cui però oltre la metà sono state semplici sostituzioni di infissi.

La coibentazione degli involucri non ha superato il 7% degli interventi.

Nel quadriennio 2014/2018 gli interventi di riqualificazione globale (la tipologia più correttamente comparabile agli interventi che oggi vengono previsti dai progetti di Superbonus) sono stati poco meno di 18.000, in media 4.500 all’anno.

Nel 2020 a fronte di oltre 486 mila interventi solo 2.117 hanno riguardato riqualificazioni totali.

Secondo Legambiente, bisogna rendere strutturale la riqualificazione del patrimonio edilizio e per farlo andrebbero corretti alcuni errori dell’attuale Superbonus 110%, che non esclude il sostegno alle fonti fossili, ammettendo all’incentivo anche le caldaie a gas, ma esclude le case prive d’impianto termico fisso e una parte importante del patrimonio edilizio del Sud Italia, che oggi viene riscaldato con impianti meno efficienti e pericolosi.

L’ULTIMO AGGIORNAMENTO RELATIVO agli interventi per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici pubblicato da openpolis nell’ambito della campagna #OpenPNRR evidenzia un numero di richieste pervenute per l’accesso al Superbonus pari a 223.951 in tutta Italia, di cui 33.318 per condomini, 121.925 per edifici unifamiliari e 68.703 per unità immobiliari funzionalmente indipendenti.

L’investimento medio ammesso a detrazione è di circa 582 mila euro per i condomini, 113 mila per gli edifici unifamiliari e 97 mila per le unità immobiliari indipendenti.

L’importo complessivo ammonta a fine luglio 2022 a circa 18,51 miliardi (di cui 13,95 provenienti dal Pnrr e 4,56 dal fondo complementare).

A livello regionale è la Lombardia il territorio maggiormente beneficiario della misura: In questa regione infatti si prevedono crediti d’imposta per un ammontare complessivo di 7,41 miliardi di euro.

Seguono Veneto (4,21 miliardi), Lazio (4,16) ed Emilia Romagna (3,59).

C’E’ UN PROBLEMA, PERO’: secondo il report di Enea aggiornato al 31 agosto 2022 gli interventi ammessi comporterebbero detrazioni fiscali pari a oltre 47,3 miliardi di euro, ma – fa notare openpolis – «le risorse complessive finora stanziate però ammontano in totale a circa 33,3 miliardi», risorse che derivano da Pnrr, fondo complementare e legge di bilancio 2020.

SECONDO L’ANALISI di #OpenPNRR, «senza un rifinanziamento della misura quindi non è chiaro quale sarà il destino di coloro che hanno già iniziato i lavori senza però completarli e che rischiano quindi di non poter beneficiare del sussidio.

Mentre i progetti ancora in fase di approvazione rischiano di non partire proprio».

L’AGENZIA NAZIONALE per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) pubblica da ormai un anno un report mensile dedicato ai Dati di utilizzo del Superbonus 110%.

Peccato che questi dati facciano riferimento solo ai soldi spesi e agli immobili su cui s’interviene, non agli indicatori d’efficienza energetica raggiunta.

(Articolo di Luca Martinelli, pubblicato con questo titolo il 15 settembre 2022 su “L’Extraterrestre”   allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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