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‘Emissioni non calcolate e scarsa trasparenza’: la Corte dei conti Ue boccia l’azione di riduzione di CO2 di Commissione e Stati

03/07/2023
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‘Emissioni non calcolate e scarsa trasparenza’: la Corte dei conti Ue boccia l’azione di riduzione di CO2 di Commissione e Stati
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Emissioni di trasporto aereo e marittimo internazionale non contabilizzate e opacità sugli investimenti, soprattutto nel settore privato.

È quanto emerge dalla relazione speciale “Obiettivi dell’Ue in materia di energia e di clima” della Corte dei Conti europea, secondo cui “scarsi segnali indicano che le azioni intraprese saranno sufficienti per raggiungere gli obiettivi climatici 2030 nell’Unione Europea”, ovvero la riduzione delle emissioni del 55% rispetto alla situazione del 1990.

“Occorre maggiore trasparenza riguardo alla performance delle azioni attuate dall’Ue e dagli Stati membri in materia di clima e di energia” ha dichiarato Joëlle Elvinger, il membro della Corte dei conti europea responsabile dell’audit.

“Riteniamo inoltre che si debba tener conto di tutte le emissioni di gas a effetto serra causate dall’Ue, comprese quelle prodotte dagli scambi commerciali e dal trasporto aereo e marittimo internazionale, tanto più che l’Ue si è impegnata a essere leader mondiale nella transizione verso la neutralità climatica”.

Ma “non vi sono informazioni che consentano di sapere se verranno messi a disposizione finanziamenti sufficienti in particolare dal settore privato” denunciano i magistrati contabili nella relazione che intende aiutare la Commissione a valutare i piani nazionali per il clima e gli Stati membri a finalizzarli entro la metà del 2024.

L’Ue si è impegnata a spendere per l’azione per il clima almeno il 30% del bilancio 2021 2027 – circa 87 miliardi di euro all’anno, cioè meno del 10% degli investimenti totali necessari per raggiungere gli obiettivi per il 2030, stimati approssimativamente a 1000 miliardi di euro all’anno.

I restanti investimenti dovrebbero provenire da finanziamenti nazionali e privati.

Il piano italiano: “Servono 183 miliardi in più” (ma non dice dove trovarli) – Il piano italiano sul fabbisogno degli investimenti per il clima stima che tra il 2017 e il 2030 saranno necessari 183 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi cumulativi rispetto allo scenario delle politiche attuali (pari a un aumento del 18%).

Tuttavia, secondo i magistrati contabili europei, “la valutazione delle spese e delle fonti di finanziamento presentate a livello nazionale, regionale o dell’UE rimane parziale”.

In particolare “il piano non fornisce dettagli chiari sulla metodologia applicata per calcolare il fabbisogno di investimenti, non individua fattori di rischio e non elabora una strategia per colmare la carenza di investimenti”.

“A causa della mancanza di informazioni a livello politico – affermano i magistrati contabili – è difficile verificare se sia possibile raggiungere gli obiettivi stabiliti, in quanto le politiche valutate non stanno raggiungendo i traguardi”.

“Il numero e il tipo di politiche potrebbero non essere sufficienti per raggiungere gli obiettivi, in particolare dopo il 2022, poiché per quel periodo le misure devono ancora essere iscritte in bilancio e approvate”.

I “trucchi” nella contabilità delle emissioni – La corte ha riconosciuto il raggiungimento degli obiettivi 2020 da parte dell’Ue facendo però notare che le emissioni “sarebbero state maggiori di circa un decimo se si fosse tenuto conto anche di quelle prodotte dagli scambi commerciali e dal trasporto aereo e marittimo internazionale”.

La contabilizzazione delle emissioni di gas a effetto serra dell’Ue ai fini dell’obiettivo per il 2020 – affermano i magistrati contabili – “non includeva le emissioni risultanti dagli scambi commerciali, prodotte dalla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (che, se incluse, si stima avrebbero comportato un aumento di circa l’8 %) e dal trasporto aereo e marittimo internazionale (rispettivamente 3,4 % e 3,6 %)”.

Inoltre, secondo gli auditors “molto probabilmente l’Ue a 27 non avrebbe raggiunto l’obiettivo di efficienza energetica per il 2020 senza la riduzione dei consumi energetici indotta dalla crisi finanziaria del 2009 e dalla pandemia di Covid-19” ma la valutazione della Commissione sulla propria performance verde “non indica chiaramente qual è l’impatto dei fattori esterni”.

Opacità nei finanziamenti per il clima e sistema di scambio di quote di emissioni – La corte denuncia “scarsa trasparenza” in particolare nelle modalità con cui gli Stati membri dell’Ue hanno raggiunto i rispettivi obiettivi nazionali vincolanti grazie ai meccanismi di flessibilità: “Alcuni non hanno contribuito come previsto” e “hanno utilizzato l’acquisto di quote di emissioni o di energie rinnovabili da altri Stati membri che avevano superato i propri obiettivi”.

Inoltre i magistrati contabili hanno trovato “informazioni limitate sui costi effettivi sostenuti dal bilancio dell’Ue, dai bilanci nazionali e dal settore privato per raggiungere gli obiettivi e attuare le azioni che hanno avuto successo”.

I risultati dell’Italia nel 2020 – Il nostro Paese ha raggiunto gli obiettivi climatici 2020 in anticipo ma è terzo dopo Germania e Francia per quantità di CO2 prodotta (circa 250 milioni di tonnellate nel 2020 rispetto alle circa 350 milioni di tonnellate del 2005).

La riduzione dei gas serra risulta del 35% nel 2020 rispetto al 2005.

Per quanto riguarda la quota di energie rinnovabili siamo sedicesimi nell’Europa a 27 con il 20% del totale (era il 5% nel 2005 e il 13% nel 2009).

Ma c’è da dire che i primi tre paesi più performanti dell’Ue su questo aspetto sono Svezia, Lettonia e Finlandia, che producono energie rinnovabili principalmente bruciando biomasse legnose, un tipo di energia rinnovabile molto discussa perché produce più CO2 dei combustibili fossili (per la stessa quantità di energia prodotta) e secondo le organizzazioni ambientaliste mette a rischio le foreste europee.

(Articolo di Ludovica Jona, pubblicato con questo titolo il 30 giugno 2023 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)

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