La battaglia tra chi vuole sfruttare risorse minerarie multimiliardarie nelle profondità marine e chi vuole difendere la biodiversità ancora in gran parte sconosciuta degli abissi sembra arrivata alla guerra aperta: The Metals Company ha chiesto che Greenpeace, che nel 2023 ha interrotto una sua spedizione di ricerca attaccando una nave che realizzava prospezioni minerarie nel Pacifico, venga espulsa dell’International Seabed Authority (ISA), l’organismo delle Nazioni Unite che supervisiona i controversi piani per avviare l’estrazione mineraria in acque profonde.
Una decisione in questo senso potrebbe essere presa della 29esima sessione dell’ISA in corso a Kingston, Giamaica e Greenpeace ricorda che «il meeting è un momento critico per il futuro degli oceani poiché le compagnie minerarie delle profondità marine stanno facendo pressione sui governi affinché concordino un codice minerario che legittimerebbe questa pratica distruttiva».
L’ISA esaminerà le accuse riguardanti la protesta pacifica, durata 200 ore, di Greenpeace International contro The Metals Company e il segretario generale dell’ISA, Michael Lodge, ha affermato che i gommoni e i kayak di Greenpeace International che remano attorno alla nave mineraria «rappresentano una minaccia di grave danno per l’ambiente marino».
Lodge era stato precedentemente criticato da diversi governi per aver tentato di accelerare l’inizio dell’estrazione mineraria in acque profonde e per aver bandito i media delle riunioni plenarie dell’ISA.
Louisa Casson, responsabile della campagna Stop Deep Sea Mining di Greenpeace International, accusa: «Se Michael Lodge si fosse impegnato a monitorare adeguatamente le società minerarie in acque profonde e a garantire negoziati trasparenti tanto quanto ha fatto per inseguire il dissenso, un ecosistema incontaminato avrebbe buone possibilità di rimanere indisturbato.
Come possono gli attivisti di Greenpeace che remano sui kayak essere una minaccia per l’ambiente, mentre il saccheggio degli oceani può essere una soluzione alla catastrofe climatica?»
The Metals Company ribatte che la spedizione di ricerca interrotta da Greenpeace a novembre era finalizzato alla ricerca scientifica scienza e mirava a migliorare la conoscenza degli effetti che avrà la raccolta dei noduli e che era stata richiesta dall’ISA come parte di una valutazione d’impatto e Greenpeace lo ha deliberatamente ostacolato.
Greenpeace risponde che l’azione era più che giustificata perché The Metals Company ha dichiarato di voler portare avanti l’attività mineraria prima che vengano concordati i regolamenti.
Inoltre, già numerosi studi ritengono insostenibile l’impatto delle enormi macchine utilizzate delle compagnie minerarie per aspirare i noduli spostandosi sui fondali a profondità comprese tra i 4.000 e 6.000 metri.
L’area operativa di The Metals Company è la Clarion-Clipperton Zone, nell’Oceano Pacifico.
Per anni si è pensato che in queste profondità fredde, buie e povere di ossigeno potessero vivere ben poche creature, ma se la densità degli esseri viventi è davvero bassa, la ricerca degli ultimi decenni ha rivelato un’enorme biodiversità, con molte nuove per la scienza.
Le compagnie minerarie rispondono con un argomento già usato in passato per le risorse terrestri: la pianura abissale è vasta, copre il 40% dell’intera superficie della Terra e quindi si può sfruttare senza creare problemi globali.
L’amministratore delegato di The Metals Company, Gerard Barron, ha detto a BBC News: «Capisco perché i verdi siano cauti, ma questa volta si sbagliano».
Riconosce che i 75.000 Km2 sui quali la sua compagnia prevede di estrarre i noduli siano molti, ma sottolinea che «rappresentano una piccola parte del fondale marino profondo».
The Metals Company sostiene che la sua ricerca dimostra che «anche se ci saranno danni nell’area in cui avviene l’estrazione, i pennacchi di sedimenti che potrebbero soffocare le creature degli abissi viaggeranno solo per poche miglia».
Per Barron, «la domanda che dovremmo porci è: “Da dove possiamo ottenere questi metalli con il tocco planetario e umano più leggero?”»
La Casson respinge l’idea che l’estrazione mineraria in acque profonde possa avere benefici ambientali: «L’estrazione mineraria in acque profonde non è una soluzione climatica.
Penso che sia chiaro che per proteggere il clima dobbiamo risanare i nostri oceani, proteggerli, non distruggerli ulteriormente aggiungendo nuove pressioni.
Interrompere la ricerca di The Metals Company era giusto, perché si trattava di scienza da spuntare da parte di un’impresa con un interesse commerciale nei risultati di quella ricerca».
Un tram di scienziati britannici sta attualmente esaminando le specie della pianura abissale nel Pacifico orientale.
Parlando dalla nave da ricerca RRS James Cook, Adrian Glover del Natural History Museum del Regno Unito, ha detto alla BBC di sostenere il processo di regolamentazione messo in atto dall’Onu: «Si tratta di un settore nuovo e dovremmo preoccuparci e porre domande difficili.
La ricerca deve continuare a valutare i rischi dell’attività mineraria.
C’è sempre un rischio in queste cose e raccogliere dati e prove è il modo per ridurre quel rischio per capire di cosa si tratta e, in definitiva, per prendere una decisione.
Il grande vantaggio che il mondo ha nel decidere come procedere con l’estrazione mineraria nella pianura abissale è che la regolamentazione viene fatta prima che l’industria abbia inizio.
Spetta al processo internazionale, al processo di regolamentazione valutare criticamente le prove… e, in ultima analisi, decidere se sono accettabili o meno».
The Metals Company, accusa Greenpeace di essere “anti-scientifica” e di ritardare con le sue azioni l’estrazione di noduli polimetallici contenenti rame, cobalto, nichel e manganese , essenziali per la green economy.
La stessa International energy agency prevede che la domanda di questi metalli aumenterà vertiginosamente per consentire che il mondo realizzi la necessaria transizione verso un’economia low-carbon.
A supporto della compagnia minerarie e contro Greenpeace si sono schierati circa 350 ex leader politici e militari statunitensi – tra i quali la ex segretaria di Stato Hillary Clinton e l’ex segretario alla Difesa Leon Panetta – che hanno esortato i senatori a ratificare l’United Nations Convention of the Law of the Sea (UNCLOS), in modo che «gli Stati Uniti possano prendere il loro posto nel Consiglio dell’International Seabed Authority e riprendere il suo ruolo guida nelle questioni relative agli oceani».
La lettera firmata da 189 ambasciatori, 73 generali, 50 ammiragli, 4 direttori dell’intelligence nazionale e decine di altre personalità (e rilanciata con grande rilievo da The Metals Company), avverte che «Cina e Russia hanno approfittato della nostra assenza per lavorare attivamente per minare gli interessi critici di sicurezza economica e nazionale degli Stati Uniti» e che gli Usa «hanno già perso due delle nostre quattro miniere sui fondali marini designate, siti contenenti ciascuno un valore di trilioni di dollari di minerali strategici come rame, nichel, cobalto, manganese e terre rare, necessari per la sicurezza nazionale e la transizione energetica».
Anche se gli Stati Uniti devono ancora ratificare l’UNCLOS – un passo legislativo che consentirebbe loro di accedere ai vasti minerali critici non sfruttati trovati nei noduli dei fondali marini nelle acque internazionali – possono ancora processare e raffinare minerali critici estratti dai noduli polimetallici raccolti nelle acque internazionali.
Nel dicembre 2023, il presidente Joe Biden ha firmato il National Defense Authorization Act, attraverso il quale il Comitato delle forze armate della Camera ha ordinato al sottosegretario alla Difesa per la politica di base industriale di presentare un rapporto al comitato per valutare «il trattamento delle risorse dei fondali marini dei noduli polimetallici a livello nazionale».
Ieri, Greenpeace International ha ospitato un evento collaterale al meeting delll’ISA sul diritto di protestare al quale hanno partecipato irelatori speciali dell’Onu sulle sostanze tossiche e i diritti umani e sui difensori dell’ambiente ai sensi della Convenzione di Aarhus.
Greenpeace denuncia che «nell’ambito dei continui tentativi da parte dell’industria e di una manciata di governi di affrettare l’adozione delle normative, l’ISA ha pubblicato un “testo consolidato” di 225 pagine del progetto di normativa mineraria come base per i negoziati in questo meeting.
Tuttavia, diverse proposte dell’industria sono state incorporate nel testo senza l’accordo dei governi o una chiara attribuzione, compresi gli sforzi per indebolire il linguaggio sulla conservazione e accelerare l’avvio dell’attività mineraria.
Vengono incluse testualmente le proposte di NORI/TOML/BMJ (Nauru Ocean Resources Inc., Tonga Offshore Mining Ltd. – entrambe controllate di The Metals Company – e Blue Minerals Jamaica Ltd.), talvolta in diretta opposizione agli Stati, a volte non vengono affatto contrassegnati come “nuovo testo”, il che lancia l’allarme sulla portata dell’influenza dell’industria».
Un anno fa, solo una manciata di governi chiedevano una moratoria e l’industria mineraria in acque profonde era certa che avrebbe ottenuto il via libera per iniziare l’attività mineraria nel 2024.
Ma ora 24 Paesi sostengono una moratoria sull’estrazione mineraria in acque profonde e chiedono che le licenze non vengano esaminate fino a quando non saranno disponibili prove scientifiche sufficienti per valutare l’impatto e per elaborare regolamenti che proteggano gli oceani profondi.
Un movimento globale di oltre 2 milioni di persone chiede ai governi di votare una moratoria sull’estrazione mineraria in acque profonde.
Se ne parlerà a luglio nell’Assemblea dell’ISA, composta da 167 Stati più l’Unione europea.
La Casson conclude: «Nell’ultimo anno è stato straordinario vedere la crescente richiesta di una moratoria da parte dei Paesi del Pacifico, dell’Europa e dell’America Latina.
Le nazioni responsabili presso l’ISA stanno ascoltando la crescente scienza che mostra che l’estrazione mineraria in acque profonde causerebbe danni irreversibili agli oceani.
The Metals Company e le startup simili non hanno né il tempo né l’interesse per un dibattito serio e trasparente.
Lo slancio è dalla parte della moratoria».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 19 marzo 2024 sul sito online “greenreport.it”)