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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Fallito accordo sul nucleare: l’Iran smentisce la versione Usa su colloqui di Doha

08/07/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Secondo l’inviato speciale statunitense Robert Malley i negoziati di Doha per rilanciare il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l’accordo nucleare tra G5+1 (Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia e Germania) e Iran del 2015, non hanno fatto progressi «perché l’Iran ha introdotto richieste non correlate».  

In un’intervista alla radio pubblica statunitense NPR, Malley ha sottolineato che «loro (gli iraniani), anche a Doha, hanno aggiunto richieste… che chiunque potrebbe considerare non avere nulla a che fare con l’accordo nucleare, cose che hanno voluto in passato e che noi, gli europei e altri abbiamo chiarito che questo non fa parte di questa negoziazione.

La discussione che deve davvero aver luogo in questo momento non è tanto tra noi e l’Iran, anche se siamo preparati ad averla. 

E’ tra l’Iran e se stesso. 

Devono giungere a una conclusione sul fatto che ora siano pronti a tornare a conformarsi all’accordo»

Una versione smentita in una conferenza stampa congiunta a Teheran dei ministri degli esteri dell’Iran Hossein Amirabdollahian  e di quello del Qatar Mohammed bin Abderrahmane al-Thani.

Secondo Amirabdollahian, «l’Iran non ha avanzato alcuna richiesta che andasse oltre l’accordo sul programma nucleare, il Joint Comprehensive Plan of Action del 2015 tra l’Iran e le maggiori potenze.

Non abbiamo richieste che vadano oltre l’accordo nucleare, contrariamente ad alcune affermazioni da parte dei media da parte degli stati uniti.

Le nostre richieste fanno parte dell’accordo del 2015».

Abdollahian ha apprezzato «la buona accoglienza e gli sforzi costruttivi del governo del Qatar che ospitato il recente incontro Iran e il 4+1 per il rilancio del BARJAM», come gli iraniani chiamano il JCPOA.

E la presenza al suo fianco di al-Thani rafforza la sua versione e l’alleanza tra i due Paesi.

Come ricorda l’agenzia ufficiale iraniana Pars Today, «il Qatar è uno dei paesi prioritari nella politica estera iraniana, questi due paesi islamici si trovano nella regione importante e sensibile del Golfo Persico e le loro posizioni su importanti questioni regionali sono vicine tra loro.

Negli ultimi anni, dopo l’imposizione di sanzioni contro il Qatar da parte di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto e la risposta positiva dell’Iran per aiutare il popolo e il governo del Qatar a infrangere queste sanzioni, le relazioni politiche dei due Paesi hanno raggiunto  ai livelli più elevati».

Le sanzioni saudite sono state tolte, il Qatar ospiterà i prossimi mondiali di calcio, ma l’alleanza con Teheran resta solida e sfida anche le pressioni statunitensi.

Secondo l’agenzia di stampa Iraniana IRNA in un altro colloquio sul tema avuto il 4 luglio col ministro degli esteri dell’Oman dell’Oman Sayyid Badr Albusaidi, il capo della diplomazia iraniana ha detto che «i colloqui potrebbero essere costruttivi se gli Stati Uniti mostrassero serietà e flessibilità.

L’Iran chiede un meccanismo verificabile per la completa rimozione delle sanzioni statunitensi e garantisce a Washington che non uscirà più dall’accordo».

Mentre l’International atmonmic energy agency (Iaea) ha ripetutamente confermato che Teheran ha sempre rispettato il JCPOA, l’ex presidente Usa  Donald Trump si è ritirato unilateralmente dal patto nel maggio 2018 e ha ripristinato  tutte le precedenti sanzioni contro l’Iran, seguito dagli europei. 

L’Iran ha risposto ridimensionando gradualmente i propri impegni nell’ambito del JCPOA, insistendo sul fatto che tornerà alla piena conformità solo dopo che decadranno le sanzioni statunitensi.

Sembrava che l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca avrebbe cambiato le cose.

Ma non è stato così e, anzi, l’Amministrazione Biden sta inasprendo ed estendendo le sanzioni: ieri Dipartimento del tesoro Usa ha inserito nella lista nera diversi esportatori di petrolio iraniani e presunte società di copertura in Cina e negli Emirati Arabi Uniti, accusandoli di eludere il divieto di esportazione di prodotti petrolchimici iraniani nell’Asia orientale.

Nell’annunciare i nuovi provvedimenti, il sottosegretario Usa al terrorismo e ai servizi di intelligence finanziaria, Brian Nelson, ha ribadito che «mentre gli Stati Uniti sono impegnati a raggiungere un accordo con l’Iran che mira a un reciproco ritorno al rispetto del Joint Comprehensive Plan of Action, continueremo a utilizzare tutte le nostre autorità per imporre sanzioni sulla vendita di petrolio e prodotti petrolchimici iraniani».

L’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Tesor Usa ha annunciato sanzioni contro 15 persone e società con sede in Iran, Emirati Arabi Uniti e Cina, accusandole di essere sfuggite all’embargo statunitense e di «esportare prodotti petrolchimici, del valore di centinaia di milioni di dollari, a compagnie di tutta l’Asia orientale».

Agli statunitensi è vietato fare affari con le persone e le entità sanzionate e le loro proprietà negli Stati Uniti devono essere bloccate e segnalate all’OFAC. 

Gli Stati Uniti impongono sanzioni nell’ambito dei poteri esecutivi, che non richiedono né un giusto processo né prove.

Le ultime sanzioni arrivano solo una settimana prima che Biden visiti Israele e l’Arabia Saudita – i due principali nemici dell’Iran –  e discuta, tra le altre cose, le misure contro Teheran. 

Israele ha sempre criticato il JCPOA, accusando l’Iran di utilizzarlo per produrre materiale per costruire armi nucleari, cosa che Teheran ha ripetutamente negato, facendo fra l’altro notare che Israele ha prodotto armi nucleari grazie al nucleare civile che possiede.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 7 luglio 2022 sul sito online “greenreport.it”)

 

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