Con l’aggravarsi della crisi israelo-palestinese che sta per entrare nel suo secondo mese, i rappresentati delle agenzie delle Nazioni Unite e di alcune grandi ONG umanitarie internazionali hanno firmato un appello urgente per un cessate il fuoco umanitario immediato per consentire maggiori aiuti salvavita a Gaza.
L’appello è stato sottoscritto da: Martin Griffiths, coordinatore degli aiuti di emergenza e sottosegretario generale per gli affari umanitari (OCHA), Sofia Sprechmann Sineiro, segretaria generale CARE International, Jane Backhurst, Presidente del Consiglio dell’ICVA (Christian Aid), Jamie Munn, direttore esecutivo dell’International Council of Voluntary Agencies (ICVA), Anne Goddard presidente di InterAction, Amy E. Pope direttrice generale, dell’International Organization for Migration (IOM), Tjada D’Oyen McKenna, amministratrice delegata di Mercy Corps, Volker Türk Alto Commissario Onu per i diritti umani (OHCHR), Janti Soeripto presidente di Save the Children, Paula Gaviria Betancur relatrice speciale Onu sui diritti umani degli sfollati interni e sui diritti umani degli sfollati interni, Achim Steiner, amministratore dell’United Nations Development Programme (UNDP), Natalia Kanem direttrice esecutiva dell’United Nations Population Fund (UNFPA), Filippo Grandi Alto Commissario Onu per i Rifugiati (UNHCR), Maimunah Mohd Sharif direttrice esecutiva UN-Habitat, Catherine Russell direttrice esecutiva Unicef, Sima Bahous direttrice esecutiva UN Women, Cindy McCain direttrice esecutiva del , Direttore esecutivo del World Food Programme (WFP), Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Ecco il testo dell’appello:
«Le agenzie Onu hanno firmato un appello congiunto per il cessate il fuoco a Gaza.
Da quasi un mese il mondo osserva l’evolversi della situazione in Israele e nei Territori palestinesi occupati con shock e orrore per il numero vertiginoso di vite perse e dilaniate.
Secondo le autorità israeliane, in Israele sono state uccise circa 1.400 persone e migliaia sono rimaste ferite.
Più di 200 persone, compresi bambini, sono state prese in ostaggio.
I razzi continuano a traumatizzare le famiglie.
Decine di migliaia di persone sono state sfollate.
Questo è orribile.
Tuttavia, l’orribile uccisione di un numero ancora maggiore di civili a Gaza è un oltraggio, così come lo è l’esclusione di 2,2 milioni di palestinesi da cibo, acqua, medicine, elettricità e carburante.
A Gaza, secondo il Ministero della Sanità, sono state uccise quasi 9.500 persone (ormai superano le 10.000, ndr), tra cui 3.900 bambini e oltre 2.400 donne.
Più di 23.000 feriti necessitano di cure immediate negli ospedali sovraccarichi.
Un’intera popolazione è assediata e sotto attacco, privata dell’accesso ai beni essenziali per la sopravvivenza, bombardata nelle proprie case, rifugi, ospedali e luoghi di culto.
Questo è inaccettabile.
Sono stati segnalati più di 100 attacchi contro l’assistenza sanitaria.
Dal 7 ottobre sono stati uccisi decine di operatori umanitari, tra cui 88 colleghi dell’UNRWA: il numero più alto di vittime delle Nazioni Unite mai registrato in un singolo conflitto.
Rinnoviamo il nostro appello affinché le parti rispettino tutti i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani.
Rinnoviamo il nostro appello per il rilascio immediato e incondizionato di tutti i civili tenuti in ostaggio.
I civili e le infrastrutture su cui fanno affidamento – compresi ospedali, rifugi e scuole – devono essere protetti.
Maggiori aiuti – cibo, acqua, medicine e ovviamente carburante – devono entrare a Gaza in modo sicuro, rapido e nella misura necessaria, e devono raggiungere le persone bisognose, in particolare donne e bambini, ovunque si trovino.
Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco umanitario immediato.
Sono passati 30 giorni.
Quando è troppo è troppo.
Tutto questo deve finire adesso».
Intanto, l’OCHA ha riferito che a Gaza le persone stanno sfidando gli attacchi aerei delle Israeli Defence Forces per mettersi in fila davanti ai panifici nella speranza di comprare il pane, mentre le fonti di energia continuano a diminuire.
Secondo quanto riferito, «diversi pannelli solari sui tetti degli edifici, in particolare nella città di Gaza, sono stati distrutti dagli attacchi aerei israeliani negli ultimi giorni.
Questo ha eliminato una delle restanti fonti di energia per gli ospedali e per la produzione di acqua e cibo, poiché le autorità israeliane continuano a vietare l’ingresso di carburante nella Striscia».
Domenica sera, l’OCHA ha riferito che «nelle ultime 24 ore, gli attacchi sono continuati nelle immediate vicinanze degli ospedali, tra cui l’ospedale indonesiano (Beit Lahiya) e l’ospedale Al Quds a Tal Al Hawa (città di Gaza), provocando feriti e danni», mentre l’esercito israeliano ha affermato che «membri di gruppi armati hanno sparato da quelle zone».
Secondo l’Oms, «al 4 novembre sono stati segnalati più di 100 attacchi contro l’assistenza sanitaria, che hanno ucciso o ferito quasi 1.000 persone».
Dopo che l’esercito israeliano ha colpito un convoglio di ambulanze fuori dall’ospedale Al Shifa e diretto verso il valico di frontiera di Rafah, dove la settimana scorsa erano iniziate le evacuazioni mediche di pazienti feriti verso l’Egitto, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, si è detto inorridito per tanta ferocia.
L’attacco, giustificato dal governo israeliano con la possibilità che sulle ambulanze ci fossero anche miliziani di Hamas, è stato condannato anche dall’Oms che ha ricordato che «gli attacchi all’assistenza sanitaria, compreso il prendere di mira gli ospedali e la limitazione della consegna di aiuti essenziali come forniture mediche, carburante e acqua, possono costituire violazioni del diritto umanitario internazionale».
Mentre 14 dei 35 ospedali di Gaza hanno smesso di funzionare, dal 7 ottobre a Gaza sono state ferite più di 23.000 e necessitano di cure.
L’OCHA ha avvertito che «l’attacco di venerdì al convoglio di ambulanze è stato seguito da un completo blocco dell’uscita dei cittadini con doppia nazionalità e dei feriti attraverso Rafah.
Non sono state segnalate ulteriori evacuazioni da Gaza durante il fine settimana, a causa “del fallimento di Hamas, Israele ed Egitto nel raggiungere un accordo riguardante l’evacuazione sicura dei pazienti dal nord di Gazaz.
Il massiccio sfollamento provocato dall’ordine impartito dalle Israeli Defence Forces agli abitanti di Gaza di lasciare Gaza City e il nord dell’enclave il 13 ottobre ha aggravato la già fragile situazione sanitaria a Gaza.
Oltre 700.000 degli 1,5 milioni di sfollati interni nella Striscia trovano rifugio in 149 strutture gestite dall’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), che sono gravemente sovraffollate e dove sono già stati segnalati diversi casi di infezioni respiratorie acute, diarrea e varicella.»
L’OCHA termina questo devastante quadro genocida sottolineando che «una carenza idrica particolarmente grave nel nord dell’enclave solleva preoccupazioni di disidratazione e malattie trasmesse dall’acqua a causa del consumo di acqua da fonti non sicure.
Mentre gli attacchi su tre condutture fognarie nella città di Gaza la scorsa settimana rappresentano un rischio imminente di inondazioni di liquami».
L’UNRWA condanna il fatto che i suoi rifugi siano stati ripetutamente colpiti dal fuoco israeliano e non siano più sicuri per coloro che vi cercano rifugio.
Sabato, una scuola dell’UNRWA nel campo di Jabalia, a nord di Gaza City, è stata colpita direttamente da attacchi che hanno ucciso 15 persone e ne hanno ferite 70.
L’agenzia Onu ha affermato che «oltre 160.000 sfollati si erano rifugiati in 57 delle nostre strutture nella città di Gaza e nel governatorato di Gaza Nord, al 12 ottobre, prima che le autorità israeliane emettessero un ordine di evacuazione.
L’UNRWA ha avvertito che non è in grado di accedere a questi rifugi per assistere o proteggere gli sfollati interni e non dispone di informazioni sui loro bisogni e condizioni».
Dal 7 ottobre sono morti 88 lavoratori dell’UNRWA, il numero più alto di vittime di un’agenzia delle Nazioni Unite mai registrato in un singolo conflitto.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 6 novembre 2023 sul sito online “greenreport.it”)