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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Giappone, no alla riapertura della centrale nucleare di Tomari: è troppo pericolosa

02/06/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Il tribunale distrettuale di Sapporo ha ordinato alla Hokkaido Electric Power Company (HEPC) di lasciare offline i reattori della sua centrale nucleare di Tomari  che l’utility voleva rimettere al più presto in funzione perché l’aumento dei costi del carburante per le sue centrali termoelettriche ha ridotto i suoi guadagni.

Con i suoi 2,07 gigawatt, la centrale nucleare di Tmari forniva circa il 40% del fabbisogno di elettricità in Hokkaido prima del disastro nucleare di Fukushima del 2011.

Ma l’interruzione dell’attività dell’impianto non pone gravi problemi alla rete elettrica locale, anche per l’entrata in funzione di nuovi impianti termici.

La questione centrale della causa discussa al tribunale distrettuale di Sapporo era se si fosse un pericolo concreto riavviando l’impianto, che si trova nella penisola di Shakotan di fronte al Mar del Giappone.

I ricorrenti sostenevano che in mare, a circa 15 km dalla centrale nucleare, c’è una faglia sismica attiva che si estende per 100 chilometri e che la diga a mare prevista non avrebbe protetto l’impianto dall’altezza massima prevista di un potenziale tsunami.

Inoltre, secondo i cittadini no-nuke, un terremoto abbastanza potente da causare un tale tsunami avrebbe disintegrato il fondale marino facendo affondare la diga. 

Per finire, l’esposto evidenzia che la stessa centrale nucleare di Tomari  si troverebbe lungo una faglia sismica attiva.

Nella sentenza, il presidente della Corte Tetsuya Taniguchi ha citato problemi di sicurezza,  schierandosi dalla parte dei 1.200 cittadini che vivono nell’area intorno alla centrale nucleare che, in un esposto, si erano detti preoccupati per il fatto che non ci siano garanzie sufficienti per proteggere l’impianto nucleare dai disastri naturali.

Secondo la sentenza di Taniguchi, «non esiste la diga a mare richiesta dai regolamenti nucleari.

Il diritto (alla vita) dei ricorrenti potrebbe essere violato anche senza giudicare altri punti di contesa».

Il giudice ha però respinto la richiesta dei querelanti di smantellare la centrale nucleare di Tomari perché «non c’è alcuna circostanza specifica che lo giustifichi».

La sentenza del tribunale non può obbligare l’impianto a sospendere l’attività se non viene confermata da un tribunale superiore, ma è comunque un’altra vittoria per il movimento antinucleare giapponese e , come fa notare l’Asahi Shimbun, «potrebbe avere un impatto sulla valutazione dell’autorità di vigilanza nucleare del governo, la Nuclear Regulation Authority (NRA), che ha lavorato per 9 anni per determinare se l’impianto soddisfa le nuove normative».

Un gruppo dei querelanti ha avviato la causa contro l’HEPC nel novembre 2011, dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi avvenuto nel marzo dello stesso anno.

L’intento è quello di fermare il funzionamento dei tre reattori della centrale nucleare di Tomari perché, in caso di incidente con rilascio di sostanze radioattive, verrebbero violati i loro diritti costituzionali alla vita e alla salute sarebbero stati violati.

I tre reattori erano stati messi fuori servizio tra aprile 2011 e maggio 2012 per controlli regolari e da allora sono rimasti inattivi.

Nel 2013, subito dopo che il governo giapponese aveva approvato norme più severe sui reattori in seguito al disastro nucleare di Fukushima, l’Hokkaido Electric aveva presentato domanda per il riavvio della centrale nucleare di Tomari e  dopo  la Nuclear Regulation Authority  ha iniziato a valutare se i reattori soddisfano i nuovi standard di sicurezza.

Ma non è chiaro quando si concluderà la valutazione, soprattutto, come denunciano gli ambientalisti e ammette la stessa Authority,  a causa di della  mancanza di esperti in grado di avviare discussioni con gli ispettori dell’NRA sulle misure di salvaguardia contro terremoti, tsunami e vulcani.

Si tratta della seconda vittoria in poche settimane per il movimento antinucleare giapponese: il 18 marzo il tribunale distrettuale di Mito ha ordinato la sospensione dell’attività della vecchia centrale nucleare Tokai 2, accogliendo il ricorso di un gruppo di 224 cittadini. 

In quel caso, la  corte ha affermato che «la preparazione per affrontare un disastro è estremamente inadeguata», riconoscendo «la mancanza di piani di evacuazione ben concepiti e di un sistema per implementarli».

Una sentenza definita epocale dai no-nuke della prefettura di Ibaraki e nell’area metropolitana di Tokyo, che nel 2012 avevano intentato una causa contro la Japan Atomic Power Company, che gestisce l’impianto con un solo reattore a Tokai.

Anche qui la contesa tra cittadini e Japan Atomic Power  era se la centrale nucleare fosse adeguata a garantire la sicurezza sismica.

Nel novembre 2018, l’NRA aveva approvato una proroga di 20 anni della durata legale di vita di 40 anni della centrale nucleare di Tokai 2, ma secondo i querelanti «le misure per salvaguardare i cavi e la resistenza al terremoto di apparecchiature e tubi erano inadeguate.»

Tokai 2 era offline dopo essere stata danneggiata dallo tsunami seguito al terremoto del Grande Giappone orientale, quello che ha innescato il disastro nucleare di Fukushima Daiichi. La Japan Atomic Power Company sta costruendo una diga contro gli tsunami e altre misure di salvaguardia, un progetto che dovrebbe essere completato nel dicembre 2022.

La centrale nucleare Tokai 2 è l’unico reattore commerciale nell’area metropolitana di Tokyo e circa 940.000 persone risiedono entro un raggio di 30 chilometri dalla centrale, la massima densità abitativa di qualsiasi centrale nucleare del Giappone.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 1 giugno 2022 sul sito online “greenreport.it”)

 

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