Mentre in Italia un folto gruppo di pedagogisti, intellettuali, artisti e insegnanti ha lanciato la petizione “Stop smartphone e social sotto i 16 e 14 anni: ogni tecnologia ha il suo giusto tempo”, il governo laburista dell’Australia del premier Anthony Albanese ha annunciato che entro la fine dell’anno presenterà una legge per imporre un’età minima per l’accesso ai social media e ad altre piattaforme digitali.
La scorsa settimana, il governo del South Australia ha annunciato piani per vietare ai bambini di età inferiore ai 14 anni di usare i social media.
Inoltre, il quadro normativo prevedrebbe che i ragazzi di età compresa tra 14 e 15 anni debbano avere il consenso dei genitori prima di registrarsi sulle piattaforme online.
Secondo il governo di Canberra, un approccio federale a questo importante problema sociale «garantirà una migliore protezione dei bambini australiani dai danni causati online e un maggiore sostegno ai genitori e ai tutori.
La legislazione federale sarà informata dal coinvolgimento degli Stati e dei Territori attraverso il Consiglio dei ministri nazionale e si baserà sul recente lavoro dell’ex presidente della Corte suprema, Robert French.
Si basa inoltre sul lavoro del governo Albanese per affrontare i danni online per i giovani.
In particolare, l’age assurance trial da 6,5 milioni di dollari che sta testando diversi approcci di implementazione per aiutare a informare la progettazione delle politiche.»
Albanese ha detto: «Sappiamo che i social media stanno causando danni sociali e stanno allontanando i ragazzi dai veri amici e dalle esperienze vere.
I giovani australiani meritano di meglio e sono al loro fianco e con tutti i genitori australiani nel proteggere i nostri figli.
La sicurezza e la salute mentale e fisica dei nostri giovani sono fondamentali.
Adottando questa misura, stiamo supportando i genitori e proteggendo i bambini, perché quando è troppo è troppo».
L’Australia, che è classificata tra le prime dieci nazioni al mondo in termini di tassi di adozione di Internet, potrebbe diventare uno dei primi Paesi a imporre una restrizione di età sui social media.
I precedenti tentativi, anche da parte dell’Ue sono falliti a seguito di lamentele sulla riduzione dei diritti online dei minori.
A giugno, l’eSafety Commission, l’ente australiano per la sicurezza online, ha avvertito che «gli approcci basati sulle restrizioni potrebbero limitare l’accesso dei giovani al supporto essenziale» e spingerli a cercare «servizi non tradizionali meno regolamentati».
Ma la ministra federale australiana delle comunicazioni, Michelle Rowland, intende procedere: «Come madre di figlie piccole e ministro delle Comunicazioni, comprendo pienamente le preoccupazioni relative agli ambienti online dannosi e ai comportamenti di dipendenza dei bambini sui social media.
I genitori vogliono soluzioni reali e stiamo adottando misure decisive per identificare e implementare queste soluzioni per garantire che i giovani possano utilizzare Internet in modo sicuro e positivo, supportando il loro apprendimento e la loro vita.
Stiamo anche chiedendo conto alle grandi imprese tecnologiche perché le piattaforme e i servizi online hanno una responsabilità fondamentale per la sicurezza dei loro utenti.
Continueremo a coinvolgere esperti, giovani, attivisti e genitori attraverso l’age assurance trial, che è un aspetto importante di questo percorso».
E anche nella petizione italiana pubblicata su Change.org si legge che «se è vero che spesso le tecnologie migliorano la qualità della vita, questo non accade quando si parla di educazione nella prima infanzia e nella scuola primaria.
I bambini e le bambine che utilizzano strumenti tecnologici e interagiscono con gli schermi subiscono due danni:
uno diretto, legato alla dipendenza.
uno indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita.
E’ ormai chiaro che prima dei 14 anni avere uno smartphone personale possa essere molto dannoso così come aprire, prima dei 16 anni, un proprio profilo personale sui social media.
La nostra non è una presa di posizione anti-tecnologica ma l’accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale.
Simili comportamenti in età prescolare portano ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto-scrittura.
I fatti lo dimostrano: nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso, gli studenti socializzano e apprendono meglio.
Prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo dei minori è molto vulnerabile all’ingaggio dopaminergico dei social media e dei videogiochi.
Anche nelle scuole bisogna essere coerenti con quello che ci dicono le neuroscienze.
Smartphone e tablet devono essere usati solo dai docenti per arricchire le proposte didattiche senza prevedere, in classe o a casa e almeno fino ai 15 anni, alcun uso autonomo degli studenti».
Per questo viene chiesto al Governo italiano di «impegnarsi per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16. Aiutiamo le nuove generazioni».
(Articolo di Umberto Mazzantini, pubblicato con questo titolo l’11 settembre 2024 sul sito online “greenreport.it”)