Non c’è soltanto il mondo ambientalista a criticare la manovra varata nei giorni scorsi dal governo.
Se il Wwf denuncia la mancanza di misure per la tutela dell’ambiente, per la transizione energetica e per il contrasto ai rischi climatici, diverse associazioni aderenti a Confindustria attive nei settori dell’energia e dell’edilizia lamentano il fatto che nella legge di bilancio manca la distinzione tra le differenti tecnologie e il contributo che alcune di esse possono offrire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione degli edifici.
Un’impostazione, tra l’altro, che va contro le direttive dell’Unione europea, in primis la cosiddetta Case green (Energy performance of buildings directive, acronimo Epbd) che da gennaio mette al bando incentivi fiscali per le caldaie alimentate da combustibili fossili.
Per Assoclima «gli unici aspetti positivi del disegno di legge sono il fatto che i bonus per la riqualificazione energetica degli edifici non siano stati eliminati e che sia stato esteso a tre anni il loro orizzonte temporale.
Un periodo di tempo più lungo rispetto al passato, ma non ancora sufficiente per consentire di pianificare interventi strutturali, compromettendo la possibilità di accelerare la decarbonizzazione, soprattutto negli edifici più energivori e per le fasce sociali più deboli, che rimangono prive di misure dedicate».
Ma soprattutto, sottolinea l’associazione in queste giornate in cui in Parlamento si stanno svolgendo le audizioni in vista della presentazione di emendamenti correttivi al testo, un’importante criticità riguarda la mancanza di distinzione tra le diverse tecnologie e il contributo che alcune di esse, come le pompe di calore elettriche, possono offrire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione degli edifici.
«Questo aspetto è particolarmente critico – sottolinea Maurizio Marchesini, presidente di Assoclima – perché penalizza le soluzioni più promettenti, come le pompe di calore, che richiedono un investimento iniziale elevato e quindi necessitano di una maggiore ‘spinta’.
La scelta di non prevedere premialità diverse non solo vanifica gli investimenti di interi comparti industriali, ma è anche in netta controtendenza rispetto agli indirizzi dei principali Paesi europei e della stessa Unione europea, che ci chiede di accelerare verso le rinnovabili e, in particolare, verso l’adozione delle pompe di calore.
In sostanza, ci lascia stupiti l’attuale disegno di legge, che sembra essere in aperto contrasto con gli obiettivi della Direttiva Epbd».
Anche Assotermica manifesta «forti perplessità verso la manovra di bilancio recentemente varata dal Consiglio dei ministri, che ha completamente disatteso le aspettative di un mondo produttivo che oggi si posiziona ai primi posti in Europa per investimenti e innovazione tecnologica, rendendolo un’eccellenza industriale per il nostro paese».
L’associazione giudica positivamente la proroga dell’Ecobonus su un arco temporale di tre anni ma, aggiunge «la sua efficacia viene minata da un forte depotenziamento dello strumento, che rischia di bloccare il mercato in una fase già fortemente critica».
Dice il presidente di Assotermica Giuseppe Lorubio: «Il nostro comparto industriale è spiazzato dalla misura.
Avevamo colto con grande positività l’intenzione espressa nei mesi passati di dare stabilità agli strumenti di supporto, di concentrarli con ancora più forza sugli edifici energivori, di aiutare le fasce più deboli della popolazione, che sono anche quelle che oggi subiscono l’inadeguatezza di alcuni impianti ormai obsoleti, e di occuparsi del 30% della popolazione italiana che vive in case in affitto.
Il raggiungimento degli obiettivi della transizione energetica è fondamentale non tanto e non solo perché ce lo chiede l’Europa, ma soprattutto perché abbiamo l’imperativo di concentrare le risorse pubbliche e private per rendere i nostri sforzi efficaci il più celermente possibile.
In questi anni abbiamo intrapreso un percorso comune con le istituzioni per rendere evidente come la decarbonizzazione degli edifici sia complessa e necessiti di una molteplicità di soluzioni tecnologiche che, fortunatamente, sappiamo come sviluppare a casa nostra, in seno alla nostra industria».
L’auspicio è che ora il Parlamento apporti al testo varato dal Consiglio dei ministri le opportune modifiche.
Anche perché, come sottolinea l’Ance, così com’è questa manovra ha effetti negativi non soltanto sul settore dell’edilizia, ma sull’intero Pil nazionale.
Dice infatti l’associazione dei costruttori che la mancata proroga del cosiddetto caro-materiali rappresenta un rischio che può essere quantificato in 10 miliardi di euro e che nel suo complesso l’impianto del testo «si caratterizza per la mancanza di una chiara visione per il futuro».
Parlando in audizione in Parlamento, la presidente dell’Ance Federica Brancaccio ha sottolineato la necessità di intervenire in particolare su quattro ambiti strategici prioritari: la casa, la messa in sicurezza del territorio, la riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano, nonché la prosecuzione dell’ammodernamento infrastrutturale avviato con il Pnrr: «Purtroppo, la manovra interviene solo marginalmente su questi temi, che non trovano un’adeguata allocazione di risorse o ricevono risorse molto diluite nel tempo, limitando quindi il contributo alla risoluzione di problemi urgenti nel Paese».
In particolare, sul tema della messa in sicurezza del territorio, l’Ance critica duramente il taglio apportato ai contributi regionali: «È positiva l’istituzione di un fondo destinato al finanziamento degli interventi di ricostruzione, con una dotazione di 1.500 milioni di euro per l’anno 2027 e 1.300 milioni di euro annui dal 2028 – sottolinea l’associazione dei costruttori edili – ma occorre pensare anche alla prevenzione, che purtroppo risulta assente nella manovra.
Gli eventi delle ultime settimane in Italia e in Europa dimostrano l’urgenza di avviare un piano di prevenzione per limitare la perdita di vite umane e gli ingenti danni economici provocati da eventi naturali dalla frequenza e dalle dimensioni sempre più preoccupati.
Per l’Ance, la priorità rimane quindi il varo di un piano di prevenzione e di messa in sicurezza del territorio dai rischi naturali.
Sotto questo profilo, l’Ance valuta molto negativamente il taglio di 2,4 miliardi dei contributi alle regioni per la messa in sicurezza del territorio e degli edifici nei prossimi 10 anni».
(Articolo di Simone Collini, pubblicato con questo titolo il 6 novembre 2024 sul sito online “greenreport.it”)