L’agrivoltaico è un sistema in cui l’attività agricola e la produzione di energia rinnovabile coesistono sulla medesima fetta di territorio, con mutui benefici: l’ombra generata dai pannelli fotovoltaici riduce la temperatura del suolo e il fabbisogno idrico per le colture, e contemporaneamente l’agricoltore può usare e/o vendere l’energia rinnovabile che produce.
Si tratta dunque di una soluzione win-win particolarmente importante in questo frangente storico, in cui l’insicurezza alimentare cresce nel mondo insieme ai prezzi dell’energia, mettendo drammaticamente in evidenza l’importanza di ridurre la dipendenza dall’estero su entrambi i fronti.
Eppure molte Regioni sono al lavoro per frenare l’avanzata di questa soluzione, in genere con la risibile motivazione di togliere spazi all’agricoltura o danneggiare un paesaggio già a rischio a causa della crisi climatica.
L’ultima in ordine cronologico è la Calabria, come denuncia oggi un pool di associazioni ambientaliste e non composto da Coordinamento Free, Legambiente Calabria, Kyoto club e Italia solare.
Mentre a livello nazionale la normativa sull’agrivoltaico esclude espressamente la necessità di rispettare uno specifico rapporto fra impianti e superfici destinate ad agricoltura, la Regione Calabria – con la proposta di modifica della legge urbanistica e in particolare con l’articolo 3 che modifica l’articolo 51 della l. 16 Aprile 2002, n. 19 – afferma che “anche per gli impianti agrovoltaici di nuova generazione si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni del QTRP”.
Questo per l’agrivoltaico significa un massimo del 10% d’utilizzo della superficie agricola, rendendolo di fatto impossibile da realizzare.
«Potrebbe sembrare una percentuale innocua quella del 10%, ma in realtà – sottolineano le associazioni – lede proprio quella categoria di agricoltori che si dovrebbero proteggere: quelli piccoli.
Realizzare un impianto fotovoltaico sul 10% di una piccola proprietà, significa fare un investimento che non sta in piedi perché non ci sono le necessarie economie di scala.
Quindi significa non fare agrivoltaico.
Proponiamo, quindi, che il suddetto testo di legge venga così modificato: “Anche per gli impianti agro-fotovoltaici si applicano le disposizioni normative del QTRP, fatto salvo per quelle disposizioni che risultano incompatibili e in particolare con esclusione delle disposizioni che stabiliscono rapporti fra l’area degli impianti e l’area impiegata per le coltivazioni”».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 23 maggio 2022 sul sito online “greenreport.it”)