Come da copione, l’ottusa quanto feroce risposta dell’Israelian forces defence (Ifd) si è abbattuta in queste ore sulla fragile barchetta “Madleen”, battente bandiera britannica e noleggiata dall’organizzazione Freedom Flotilla Coalitione per aiuti umanitari nella martoriata Gaza.
Israele rivendica il diritto di effettuare il blocco navale e, di conseguenza, si arroga il diritto di bloccare e quindi sequestrare l’unità a vela con una dozzina di persone a bordo, attivisti pro-Palestina tra cui l’ambientalista Greta Thunberg.
La nave di Greta, come è stata prontamente ribattezzata dai media, non si sa ancora bene dove sia finita.
Il breve messaggio pubblicato sul profilo X del ministero degli Esteri israeliano (Gideon Sa’ar) afferma che la nave starebbe “navigando in sicurezza verso le coste israeliane” e che i passeggeri “torneranno nei loro Paesi”.
La domanda sorge spontanea: può uno Stato sovrano rivierasco effettuare legittimamente un’azione militare del genere?
Volendo scomodare il diritto internazionale, nato dopo la creazione delle Nazioni Unite (nel 1945), richiamiamo in maniera particolare l’articolo 42 del suo Statuto che ne prevede l’esercizio ma, nel contempo, ribadisce in modo chiaro ed inequivocabile che non è consentito al di fuori dei casi di legittima difesa, ovvero è consentito solo in caso di stato di guerra dichiarato tra due o più Stati sovrani.
Ricordiamo, inoltre, che il mese scorso la nave umanitaria “Conscience”, venne deliberatamente incendiata in un attacco di droni israeliani avvenuto in acque internazionali.
Ancora più indietro nel tempo, richiamiamo alla memoria che tutti i tentativi effettuati in precedenza, a cominciare da quello della prima Gaza Freedom Flotilla, composta da sei navi: finì in tragedia il 31 maggio 2010, al largo di Cipro a seguito di un blitz delle forze speciali israeliane e dove furono massacrati 10 attivisti, per lo più turchi.
Non è difficile valutare se anche in questo caso ricorrono i presupposti per effettuare un attacco militare in piena regola o, invece, se si tratta di un atto d’arbitrio – l’ennesimo – commesso dalle Forze armate israeliane che, sempre più, si allontanano dal rispetto del diritto internazionale e dal rispettare i canoni sanciti dal diritto umanitario.
In conclusione, a chi spetta intervenire per protestare contro questa palese violazione del diritto internazionale perpetrato nei confronti della Madleen?
Rientra nella giurisdizione della bandiera che batte l’esile vascellino (appena di 18 metri) che è quella del Regno Unito o, invece, come sembrerebbe più logico, la questione deve essere portata all’attenzione del Consiglio delle Nazioni Unite?
La seconda strada sarebbe certamente quella da sostenere con forza.
(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 9 giugno 2025 sul sito online “greenreport.it”)