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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

La storia tossica della Miteni che avvelena mezzo Veneto

18/06/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Ha prodotto per 50 anni impermeabilizzanti liquidi, noti come Pfas, causando danni per 136 milioni di euro.

È la storia della società Miteni spa, finita sul banco degli imputati della Corte d’Assise di Vincenza.

Le stime dell’Ispra riguardano la contaminazione della falda acquifera (la seconda più grande d’Europa) di una vasta porzione di territorio in Veneto.

I circa 350 mila cittadini coinvolti vivono nelle province di Vicenza, Verona e Padova.

Si calcolano almeno 700 chilometri quadrati compromessi.

Nel 1965 a Trissino, nel vicentino, il gruppo Marzotto aprì il centro di ricerca dell’azienda tessile RiMar.

Successivamente divenne una joint venture tra Mitsubishi ed Eni, poi la società venne rilevata prima da Mitsubishi, dopo da Icig e infine il fallimento.

Su pressione delle associazioni ambientaliste tra il 2015 e il 2016 è partito un bio monitoraggio a campione.

I valori elevati di Pfas nel sangue hanno spinto il Consiglio dei ministri, nel mese di marzo 2018, a dichiarare lo stato di emergenza con il divieto di consumo di acqua potabile e l’istituzione di una zona rossa, in cui sono stati inseriti 30 comuni.

Nel Piano di sorveglianza sanitaria sono state incluse tutte le persone residenti nate dal 1951 al 2002.

Non è possibile sottoporsi autonomamente alle analisi, occorre essere convocati.

La società, assieme ai vertici, quindici in tutto, è accusata in concorso di colpa di avvelenamento delle acque, disastro, inquinamento ambientale, false comunicazioni, omissioni e attività di gestione rifiuti non autorizzata.

Tra le accuse anche quella di aver reiterato una politica aziendale fallimentare: debiti con le banche, una garanzia ipotecaria sullo stabilimento e le bonifiche e la messa in sicurezza al palo.

Gli imputati hanno ricoperto tra il 2002 e il 2013 ruoli apicali.

Le costituzioni di parte civile ammesse sono 229.

Durante l’ultima udienza del 9 giugno scorso si è concluso l’esame del maresciallo del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri Manuel Tagliaferri. Il prossimo giovedì è fissato il controesame.

«L’azienda ha sottratto, secondo quanto accertato dal Noe, agli organi di controllo fondamentale documentazione relativa alla presenza di questi inquinanti nelle acque – denuncia il comitato Mamme No Pfas – nella sua deposizione il maresciallo Tagliaferri ha altresì precisato che, anche se la produzione ufficiale di C6O4 (uno dei composti chimici incriminati, ndr) parte nel 2013, in realtà la sostanza veniva già prodotta in impianti pilota dal 2011 su incarico di Solvay».

I dati sanitari sinora raccolti testimoniano un elevato tasso di mortalità.

Tra il 2007 e il 2014, infatti, è stato riscontrato un eccesso di decessi per malattie cerebrovascolari, diabete mellito, cardiopatia ischemica e demenza.

Tra le patologie sono state registrate in eccesso l’ipertensione arteriosa e le malattie tiroidee.

Anche per gli ex lavoratori Miteni è stato accertato un tasso di mortalità più alto del 45% rispetto alla media regionale.

Recentemente uno studio del Maine Medical Center Research Institute di Portland, negli Stati Uniti, ha dimostrato la correlazione tra alti livelli di interferenti endocrini – in particolare alcuni Pfas – nel sangue e la minore densità minerale ossea in ragazzi maschi in età compresa tra i 12 e i 19 anni.

La conseguenza è una maggiore fragilità ossea che, se confermata, potrebbe perdurare anche in età adulta.

La messa al bando degli impermeabilizzanti liquidi è la richiesta che le Mamme No Pfas, insieme a Greenpeace, hanno avanzato anche in Commissione Ambiente in Senato a marzo scorso in merito all’approvazione del ddl n. 2392 «Misure urgenti per la riduzione dell’inquinamento da sostanze poli e perfluoroalchiliche e per il miglioramento della qualità delle acque destinate al consumo umano».

Ad aver richiesto la messa al bando di queste sostanze c’è anche la Rete ambientalista – Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza.

Sul caso Veneto il giornalista e documentarista Andrea Tomasi ha da poco pubblicato, per Terra Nuova Edizioni, Le insospettabili che rapirono Salvini, un docu-romanzo ispirato alla video inchiesta Pfas, quando le mamme si incazzano.

Il caso Veneto purtroppo non è il solo.                                         

In merito a queste sostanze chimiche, anche lo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, è fortemente contestato da agguerritissimi comitati locali che da tempo stanno dando battaglia per chiederne la definitiva chiusura.

(Articolo di Maria Cristina Fraddosio, pubblicato con questo titolo il 16 giugno 2022 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto di pari data)

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