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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Petroliera affondata in Tunisia: non veniva dal porto egiziano di Damietta. Aperte due indagini

21/04/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Si infittisce ancora di più il mistero della petroliera Xelo affondata (o autoaffondata) al largo delle coste della Tunisia.

E’ infatti intervenuta la Port Authority del porto egiziano di Demietta che ha smentito quanto dichiarato dall’armatore turco/libico e dal capitano georgiano della carretta del mare sospettata di essere coinvolta nel contrabbando di petrolio libico tra la Libia e Malta e l’Italia.

Infatti, in un comunicato della  Port Authority  egiziana si legge: «Riferendosi a quanto pubblicato e diffuso da diversi media sull’incidente nel quale è affondata al largo delle coste tunisine la nave (XELO), che alzava la bandiera della Guinea Equatoriale, e ciò che queste notizie indicavano che aveva lasciato il porto di Damietta e si dirigeva verso dei porti di Malta.

La Port Authoriy di Damietta ha annunciato che la suddetta nave non è mai stata ricevuta dal porto e quindi il porto di Damietta non era il porto di partenza della nave affondata».

Per questo il ministero dei trasporti egiziano ha chiesto ai  media a indagare sull’esattezza e l’onestà delle notizie relative al naufragio e di basarsi sulle informazioni dalle sue fonti ufficiali.

Intanto, intervistato da  una radio privata, il portavoce del Tribunal de première instance di Gabès, Mohamed Karray, ha annunciato l’apertura di due indagini sulla petroliera al largo di Gabes: una relativa alle circostanze dell’affondamento e l’altra sul danno ambientale.

Karray non ha smentito le informazioni che circolano sui media tunisini riguardanti la distruzione dei documenti della nave e ha specificato che «la giustizia deciderà su questo caso», ma ha invitato  l’opinione pubblica a «diffidare delle false informazioni che circolano in tal senso sui social network».

Sulla vicenda interviene anche il Wwf Tunisie che ha chiesto subito «un aggiornamento immediato dei dati sugli sversamenti derivanti dall’affondamento della petroliera e assicurando che marinai e pescatori siano informati di tutti gli sviluppi della vicenda».

Dopo aver consultato i partner locali del gruppo di pescatori tradizionali di Ghannouche, il Wwf Tunisie ha infatti chiesto «l’attivazione di comitati per i disastri ambientali nei governatorati di Gabes, Sfax e Medenine, garantendo nel contempo la coordinazione tra di loro».

Per il Wwfg «é necessario invitare i pescatori a evitare di posizionare reti all’interno e intorno all’area colpita e a seguire le raccomandazioni dell’autorità di controllo al fine di preservare la sicurezza delle loro attrezzature e quella dei consumatori».

Inoltre, il Panda tunisino sollecita, gli esperti dell’Institut National des Sciences et Technologies de la Mer a studiare «i danni ambientali causati all’ambiente marino, alle risorse ittiche e ai redditi dei marinai della regione» e invita il Département pour la protection de la santé a «monitorare i prodotti marini introdotti nella regione al fine di proteggere i consumatori dagli elementi inquinanti».

Nonostante le autorità tunisine dicano che per ora non ci sono rischi di inquinamento, il Wwf  sottolinea che «si tratta di una vera e propria corsa contro il tempo per scongiurare una catastrofe ambientale e anche il ministro Cingolani ha offerto subito l’aiuto dei team anti inquinamento italiani.

Il luogo dell’affondamento della nave mercantile “XELO”, infatti, è considerato una zona di pesca per più di 600 marinai a Ghannouche e nelle zone circostanti.

Fa parte del Golfo di Gabes, in cui sono recensiti circa 34.000 marinai, e che da decenni soffre delle conseguenze di importante inquinamento chimico derivante dalla presenza di alcune fabbriche sulla costa».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 20 aprile 2022 sul sito online “greenreport.it”)

 

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