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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Più di 100 Paesi si impegnano a proteggere almeno il 30% della terra e degli oceani entro il 2030

04/07/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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All’United Nations Conference che si conclude oggi a Lisbona, la High Ambition Coalition for Nature and People (HAC)  della quale fa parte anche l’Italia ha annunciato di aver raggiunto un traguardo fondamentale: «Oltre 100 Paesi hanno ora aderito al coalizione per sostenere la protezione o la conservazione di almeno il 30% della terra e degli oceani del mondo entro il 2030.

Timor-Leste, Sri Lanka, Bangladesh, Stati Uniti d’America, Estonia, Saint Lucia, Bahrain, Montenegro e Burkina Faso sono i più recenti Paesi a unirsi allo sforzo intergovernativo.

Più della metà dei paesi del mondo ora sostiene ufficialmente la proposta scientifica 30×30, che è diventata la pietra angolare del progetto di accordo in via di sviluppo dall’UN Convention on Biological Diversity (CBD).

L’obiettivo 30×30 ha ricevuto un enorme livello di sostegno organizzato e governativo».

Il presidente francese Emmanuel Macron ha ricordato che «la High Ambition Coalition for Nature and People è stata lanciata insieme al Costa Rica.

Riunisce 102 membri e dovrebbe consentirci di fornire risultati tangibili da qui alla fine di quest’anno a dicembre a Montreal per la COP15.

Insieme difenderemo il principio di avere un framework che ci consentirà di proteggere almeno il 30% delle aree terrestri e marine da qui al 2030».

Intanto, mentre continua a lavorare per garantire che l’obiettivo 30×30 sia sancito da un accordo globale alla 15esina Conferenza delle parti (COP15 CBD) di Montréal a dicembre, l’HAC sta ora valutandone anche l’attuazione ed evidenzia che «mentre il processo CBD è stato ritardato per oltre due anni, la crisi globale della biodiversità è solo peggiorata.

Alla luce di questo, i Paesi HAC sono sempre più concentrati su azioni concrete per creare nuove aree protette o conservate e sostenere la gestione indigena di importanti aree naturali sulla terraferma e nell’oceano».

La Coalizione HAC ha annunciato che rimarrà insieme dopo la COP15 CBD «per aiutare a sostenere l’attuazione dell’obiettivo 30×30».

Il ministro dell’ambiente e dell’energia del Costa Rica, Franz Tattenbach, ha aggiunto: «L’impegno di oltre 100 paesi nella High Ambition Coalition for Nature and People per promuovere l’obiettivo 30×30 è un passo globale fermo e definitivo per fermare la perdita di biodiversità, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra verso l’obiettivo 1.5 e ad adattarsi esso».

Insieme, i paesi membri dell’HAC ospitano oltre il 58% della biodiversità terrestre mondiale e oltre il 38% degli stock mondiali di carbonio terrestre e oltre il 54% delle priorità di conservazione della biodiversità che esistono all’interno delle Zone economiche esclusive (ZEE) e oltre il 54% del carbonio del fondale marino all’interno delle ZEE.

Il ministro per il Pacifico e l’Ambiente del Regno Unito, Lord Goldsmith, ha ribadito che «proteggere almeno il 30% della terra e degli oceani del mondo è fondamentale per il futuro del pianeta e la nostra prosperità, motivo per cui sono lieto che più della metà dei paesi del mondo abbia aderito alla High Ambition Coalition for Nature and People». 

Ma l’annuncio arriva sulla scia dell’ultimo deludente round di negoziati della CBD tenutosi  o a Nairobi, in Kenya, che si è concluso con gruppi indigeni, associazioni ambientaliste e scienziati che hanno lanciato l’allarme sulla mancanza di progressi sul post 2020 Global Biodiversity Framework, e che, oltre all’obiettivo globale 30×30 dovrebbe includere altre  priorità come impegni finanziari significativi per affrontare la crisi della natura e il pieno riconoscimento dei diritti e dei contributi e il consenso libero, preventivo e informato delle popolazioni indigene e le comunità locali, che sono tra i migliori custodi e guardiani della natura.

Brian O’Donnell, Direttore di Campaign for Nature – una partnership di enti di beneficenza privati ​​​​e associazioni ambientaliste che sostengono un accordo per salvaguardare la biodiversità – ha evidenziato che «in un momento in cui la natura deve affrontare immense minacce, è incoraggiante vedere la leadership della High Ambition Coalition for Nature and People.

Con i suoi membri in crescita in oltre 100 Paesi, un segnale di speranza viene inviato a tutto il mondo che le nazioni sono disposte a intraprendere azioni coraggiose per salvaguardare le terre, gli oceani e le acque dolci e affrontare la crisi della biodiversità.

Siamo grati ai co-presidenti e ai membri della High Ambition Coalition for Nature and People per il loro impegno per un futuro migliore per tutta la vita sulla terra».

Enric Sala, National Geographic Explorer in Residence e fondatore di National Geographic Pristine Seas ha aggiunto: «Costa Rica, Francia e Regno Unito hanno lanciato un wild dream: una coalizione di Paesi che sostengono la protezione di almeno il 30% del nostro pianeta entro il 2030.

Il sogno selvatico è ora mainstream; la coalizione conta 100 nazioni membri e continua a crescere. Mai prima d’ora nella storia dell’umanità siamo stati così vicini a dare alla natura lo spazio di cui ha bisogno per prosperare.

Il nostro futuro dipende dalla prevenzione del collasso dei sistemi naturali che forniscono cibo, acqua pulita, aria pulita e clima stabile.

Per preservare questi benefici, dobbiamo proteggere abbastanza del mondo naturale per sostenerli».

Ma questo ottimismo della volontà non è condiviso da alcuni scienziati che avvertono che il post 2020 Global Biodiversity Framework è in pericolo dopo lo stallo dell’ultimo meeting CBD di Nairobi e chiedono ai leader globali di «salvare i colloqui – e la biodiversità – dall’orlo del baratro». 

E in effetti, mentre magnificano il superamento dei 100 Paesi aderenti alla High Ambition Coalition for Nature and People,  anche Francia e Gran Bretagna sorvolano su un punto dirimente:  i finanziamenti che i Paesi ricchi forniranno ai Paesi a basso reddito per tutelare la biodiversità.

Scienziati e ambientalisti fanno notare che un mancato accordo su questo alla COP15 CBD sarebbe  devastante per la natura.

Anche per O’Donnell, «questa è un’enorme opportunità persa e mette a rischio il Framework» che si compone di 4 obiettivi generali, compreso il contenimento dell’estinzione delle specie, e 21 target, la maggior parte dei quali quantitativi, come la protezione di almeno il 30% della terra e dei mari del mondo. 

Senza un accordo, un milione di specie animali e vegetali potrebbe estinguersi nei prossimi decenni a causa del cambiamento climatico, delle malattie e delle azioni umane e di altri fattori scatenanti.

Le associazioni ambientaliste accusano alcuni Paesi di aver bloccato i negoziati CBD a Nairobi e Marco Lambertini, a capo del WWf international, ha detto a Nature che «un piccolo numero di paesi, il Brasile in primis, che stanno lavorando attivamente per minare i colloqui».

Alcuni dei delegati che erano alla conferenza e ch hanno parlato con Nature a condizione che venisse garantito loro l’anonimato perché alcune parti dei negoziati CBD sono confidenziali, spiegano che il Brasile ha chiesto modifiche al testo semplicemente per rallentare il processo e si è opposto agli elementi essenziali del post 2020 Global Biodiversity Framework. 

Nature ha contattato i rappresentanti del Brasile che si sono rifiutati di rispondere.

Francis Ogwal, co-presidente del framework negotiations working group, ha riconosciuto che «i colloqui non sono progrediti come sperato». 

Ma si è  detto «incoraggiato da alcuni progressi compiuti sugli obiettivi per migliorare l’accesso alla natura nelle aree urbane e per aumentare la capacità scientifica e tecnologica nelle nazioni a basso reddito.

Spero che i Paesi appianano ulteriori divergenze in un meeting extra programmato pochi giorni prima della COP15. 

Ci sono ancora dei grossi disaccordi. 

Non siamo ancora al livello che ci aspettavamo. 

Ma a dicembre avremo un framework in buone condizioni».

Ma scienziati e ambientalisti dicono che per d salvare l’accordo è necessaria una vera  leadership politica.

In una lettera aperta al segretario generale dell’Onu António Guterres e ai capi di stato dei Paesi membri del CBD, un gruppo di otto organizzazioni ambientaliste e per  i diritti delle popolazioni indigene affermano «la mancanza di gestione sta bloccando i negoziati.

C’è una notevole assenza di impegno politico, volontà e leadership di alto livello per guidare, attraverso un compromesso, e per guidare e ispirare gli impegni richiesti».

O’Donnel rivela che «alcuni paesi “eroi”, tra cui Costa Rica e Columbia, hanno lavorato davvero duramente a Nairobi per ottenere un accordo».

Ma altri delegati hanno criticato la struttura e l’organizzazione del meeting CBD i Nairobi, che secondo loro non ha aiutato le negazioni ad andare avanti: «I facilitatori della sessione non sono stati in grado di guidare i negoziati verso il consenso».

Juha Siikamäki, capo economista dell’International Union for Conservation of Nature, che ha partecipato al meeting di Nairobi, è tra chi è ancora convinto che, nonostante le battute d’arresto, i Paesi possano raggiungere un accordo: «Le trattative sono in genere fatte con uno spirito positivo. C’è persino un senso di collaborazione che sta nascendo».

Elizabeth Mrema, segretaria esecutiva della CBD, ammette che i negoziati di Nairobi non hanno portato a grandi risultati, ma conclude: «La biodiversità è troppo importante per fallire».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 1 luglio 2022 sul sito online “greenreport.it”)

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