Sarebbe dovuta entrare in vigore a luglio 2020, in piena pandemia, ma la plastic tax sarà con tutta probabilità rinviata per l’ennesima volta, insieme alla sugar tax, anche questa introdotta dal Governo Conte 2 a fine 2019.
Entrambe posticipate anche nella scorsa Finanziaria al 2024, le due tasse assicurerebbero un gettito di circa 650 milioni di euro, notevole per una manovra finanziaria dai margini stretti.
La Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) arriverà nelle aule di Senato e Camera l’11 ottobre, ma le due tasse sarebbero già state scartate nella caccia alle risorse per far quadrare i conti.
Le voci raccolgono le reazioni positive di Coldiretti e Filiera Italia, mentre nelle scorse settimane si era espresso contro la plastic tax anche il presidente di Unionplast e vice-presidente di Federazione Gomma Plastica, Marco Bergaglio.
Restano i numeri: dal 2020 al 2023 la mancata entrata in vigore della Plastic Tax, introdotta in Italia con la legge di bilancio 2020, ha sottratto alle casse pubbliche in termini di gettito fiscale circa 1,2 miliardi di euro, considerando un’imposta di 0,45 euro per chilogrammo di plastica da imballaggi, ossia quella stabilita al termine di un travagliato iter parlamentare.
I conti li ha fatti nei mesi scorsi Greenpeace, nel report ‘I posticipi della Plastic Tax’.
Conti che, se fosse confermato l’ennesimo rinvio, andrebbero aggiornati.
L’ennesimo rinvio dietro l’angolo – La sugar tax, imposta che vuole colpire il consumo di bibite analcoliche che hanno un elevato contenuto di sostanze edulcoranti aggiunte, sarà dovuta (una volta entrata in vigore) con un importo di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogrammo nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione.
La plastic tax, invece, va applicata esclusivamente sul consumo dei manufatti in plastica monouso utilizzati per l’imballaggio delle merci e dei prodotti alimentari (i cosiddetti Macsi).
A commentare un eventuale sesto rinvio, il presidente della Coldiretti Ettore Prandini e l’amministratore delegato di filiera Italia Luigi Scordamaglia, secondo cui “il rischio era di avere un effetto a valanga sui prezzi finali degli alimenti, proprio mentre l’Italia si trova ad affrontare una preoccupante fiammata dell’inflazione anche sulla spesa alimentare”.
Per entrambi, però, sarebbe stato ancora meglio abrogarle.
“L’obiettivo di riduzione della plastica – aggiungono Coldiretti e Filiera Italia – va perseguito nell’ottica di una visione strategica di ampio respiro, con incentivi premianti per lo sviluppo e la diffusione di prodotti alternativi di cui alcune nostre imprese sono leader al mondo, piuttosto che con misure punitive poco efficaci”.
Nelle scorse settimane, a riguardo si era espresso anche Marco Bergaglio, presidente di Unionplast: “Si tratterebbe di una tassa illiberale, sproporzionata rispetto ai risultati del settore in termini di sostegno all’economia nazionale, tanto più in considerazione del clima di generale preoccupazione date le previsioni di contrazione del Pil”.
E tra le filiere su cui la tassa avrebbe impattato negativamente, citava “quella agricola, quella alimentare, quella cosmetica, dove gli imballaggi in plastica sono fondamentali per la produzione e il business”.
Finora persi almeno 1,2 miliardi solo per la plastic tax – Finora, però, l’impatto negativo è andato alle casse dello Stato, dato che dal 2020 a metà 2023, l’imposta avrebbe assicurato un gettito fiscale di circa 1,2 miliardi di euro (900 milioni dal 2020 al 2022).
Nella stessa relazione tecnica alla legge di bilancio 2020, di fatto, si stimava per il 2023 un gettito fiscale (perso) di 305,8 milioni.
Questo considerando la tassa da 0,45 euro per chilogrammo di plastica da imballaggi, a cui si è arrivati dopo un acceso dibattito. Perché, secondo quanto calcolato da Greenpeace, considerando la versione originale della Plastic Tax, quella che prevedeva un’imposta di un euro per chilogrammo di plastica da imballaggi, negli ultimi quattro anni sono stati persi oltre 6 miliardi di euro di gettito fiscale.
Tutto questo è stato possibile a causa di 5 posticipi: due volte con il Governo Conte 2 (prima a gennaio 2021, con il decreto Rilancio e poi a luglio 2021, con la Legge di Bilancio 2021), poi con il Governo Draghi che ha continuato a rinviarla con il decreto Sostegni bis, prima a gennaio 2022 e, ancora, a gennaio 2023 con la Legge di Bilancio 2022 e, infine, con il Governo Meloni che ha introdotto, nel disegno di Legge di Bilancio per il 2023, un’ulteriore proroga a gennaio 2024.
(Articolo di Luisiana Gaita, pubblicato con questo titolo il 10 ottobre 2023 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)