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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Stop alle auto a benzina, no alla riduzione delle emissioni di C02

19/06/2022
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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«Pronti per il 55%» è l’ambizioso nome dato al pacchetto di misure europeo che mirano al taglio delle emissioni al 2030 appunto del 55%.

Ma se andiamo a vedere quello che è successo in sede di Parlamento Europeo in occasione del voto, pronti non lo sembriamo tanto.

Lo scorso 7 e 8 giugno la plenaria ha approvato solo cinque degli otto testi previsti: due sull’aviazione, due sulle emissioni e gli assorbimenti CO2 da agricoltura e foreste e quello sugli standard di emissione di CO2 per auto e furgoni nuovi.

Rinviata invece una parte molto importante e controversa del pacchetto: la stretta sull’Ets, l’Emission Trading Scheme, il regolamento che in buona sostanza stabilisce il prezzo che devono pagare coloro che emettono anidride carbonica nell’atmosfera.

La riforma proposta dalla Commissione Europea proponeva il taglio delle quote emissive disponibili con il conseguente aumento dei prezzi di quelle rimanenti.

Questione spinosa, su cui non si è trovato un accordo fra i partiti, da cui il rimando alla Commissione Ambiente.

A parziale compensazione, l’approvazione del testo a favorevole allo stop delle vendite di auto e furgoni a benzina, diesel e GPL dal 2035 in poi: un passaggio che da qui a vent’anni porterebbe alla totale elettrificazione della mobilità.

Ma attenzione: quello che è stato deciso a livello Parlamentare, e che comunque deve ancora ottenere l’ok definitivo del Consiglio Europeo, è sì, la riduzione delle emissioni di CO2 da parte di auto e furgoni del 100% entro il 2035, ma ancora in assenza della definizione di una metodologia che valuti il totale delle emissioni sul ciclo di vita delle automobili e dei furgoni, inclusi i carburanti che li alimentano; se un carburante, anche sintetico, nel suo ciclo di produzione assorbe la stessa quantità di CO2 che emette quando viene consumato, il conto sul ciclo di vita può essere considerato pari a zero.

Insomma, riduzione delle emissioni di CO2 al 100% non significa in automatico passaggio all’elettrico, che di fatto nel provvedimento non compare.

Secondo Transport&Environment, sigla con sede a Bruxelles che riunisce le Ong che lavorano nel campo della sostenibilità ambientale, sociale ed economica dei trasporti, il passaggio all’elettrico è cruciale per la decarbonizzazione.

Quello dei trasporti è il settore che in Europa causa più problemi al clima: contribuisce al 27% del totale delle emissioni e la sua domanda di combustibili fossili ammonta al 65% del totale.

E all’interno del settore trasporti, sono proprio le autovetture la principale fonte di emissione: il 43%, più di aerei e navi messe insieme.

Secondo l’organizzazione, che nei suoi 30 anni di lavoro ha contribuito alla formulazione di leggi a tutela ambientale fra le più importanti in Europa, con il voto della scorsa settimana è stato fatto un significativo passo in vanti nell’azione per il clima; ma contemporaneamente invita i ministri dell’ambiente dell’Ue a confermare la data di fine effettiva per le vendite di nuovi motori a combustione quando si incontreranno di nuovo il 28 giugno.

A remare contro ci sono gli eurodeputati destra con cui si trova in linea il nostro ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, che in occasione del voto si era espresso a favore dell’emendamento sostenuto dal Ppe, poi non approvato, che prevedeva una riduzione delle emissioni di CO2 del 90 invece che del cento per cento.

Sempre secondo Cingolani, inoltre, se nel 2033 ci si dovesse rendere conto «che le cose sono impossibili perché gli scenari sono cambiati», il 2035 come data limite sarebbe rivedibile per chiudere definitivamente con produzione e vendita di auto a motore.

Peccato che progettare un motore sia un processo lungo e costoso, non è possibile interromperlo per poi cambiare idea e riprenderlo, sarebbe un suicidio economico.

Alex Keynes, responsabile dei veicoli puliti di T&E, ha dichiarato: «L’eliminazione graduale dei motori a combustione è anche un’opportunità storica per contribuire a porre fine alla nostra dipendenza dal petrolio e decentrare il potere legato all’energia, spesso in mano a dei despoti.

E’ necessario aumentare la produzione di veicoli elettrici al fine di abbassare i prezzi che sono ancora troppo alti».

Un’altra nota positiva per l’organizzazione è che il parlamento ha messo un freno agli e-fuel, le cosiddette benzine sintetiche.

Tali carburanti, prodotti da processi elettrici molto energivori, sono considerati l’ultima falsa soluzione verde dell’industria dei combustibili fossili al fine di prolungare le vendite di nuovi motori a combustione oltre i termini di decarbonizzazione.

Come ogni combustibile, anche questo tipo di carburanti produce inquinanti atmosferici pericolosi per la salute come gli ossidi di azoto.

Una nuova analisi del ciclo di vita di tali carburanti inoltre ha confermato che ridurrebbero le emissioni di CO2 di un’auto acquistata nel 2030 solo del 5% in media rispetto a una alimentata a benzina.

Rispetto all’elettrico, il funzionamento è molto più costo e il processo di produzione del carburante meno efficiente. Insomma, il gioco non vale la candela, almeno non per quella delle automobili.

Dopodiché sappiamo che anche la mobilità elettrica ha le sue criticità: il futuro sarà più verde non solo se avremo più auto elettriche, ma se avremo meno auto in generale.

(Articolo di Serena Tarabini, pubblicato con questo titolo il 16 giugno 2022 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto di pari data)

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