Francesca Portincasa è la prima donna in 120 anni a dirigere l’Acquedotto Pugliese, il più grande d’Italia.
Direttrice generale da un anno e mezzo, è stata dirigente per 23 anni, lavora all’interno di Acquedotto Pugliese (Aqp) da 34 anni.
La struttura che dirige fornisce acqua a 4 milioni di pugliesi, al 25% dei comuni della Basilicata e al 2% della Campania.
Un modello di gestione virtuosa che ha fatto registrare nel bilancio del 2022 un investimento di 312 milioni con 24 milioni di utile, all’interno di una regione priva di fiumi, caratterizzata da una siccità storica e con uno sguardo attento alle fasce sociali più deboli.
Quali sono stati i passi salienti che hanno fatto dell’Acquedotto Pugliese un modello?
La forza dell’Acquedotto Pugliese deriva da una debolezza della Puglia, che per caratteristiche geografiche non ha acqua.
120 anni fa si progettò la deviazione del fiume Sele, in modo tale che una parte delle acque arrivasse in Puglia, anziché farle sfociare interamente nel Tirreno.
La prima gestione privata fu pessima, tanto che il governo di quel tempo esautorò il gestore e ne assunse la direzione.
Da allora la gestione dell’acqua è pubblica, oggi il 100% della proprietà è della Regione Puglia, tra i pochi casi in Italia.
Siamo anche il risultato di una solidarietà tra le regioni, noi non abbiamo fiumi, non abbiamo invasi, l’acqua di superficie la prendiamo dalla Basilicata.
Quali soluzioni avete messo in atto?
L’interconnessione di sei sistemi idrici ci consente di trasferire grandi quantità di acqua da una parte all’altra della regione.
Se la Puglia è la locomotiva del Sud è anche grazie ad Aqp, perché funzionano a pieno regime 185 depuratori, che evitano scarichi inquinanti.
Infatti, abbiamo il mare più pulito d’Italia, come ha accertato Goletta Verde, a beneficiarne è soprattutto il turismo pugliese.
Quali sono i riflessi positivi sui cittadini?
La tariffa a metro cubo è tra le più basse d’Italia.
Abbiamo portato acqua e fognatura nelle aree marine del Gargano, del Salento e della Valle d’ Itria, dove fino ad alcuni anni fa l’acqua era fornita dalle autobotti e la fogna liberata con l’autospurgo.
Oggi sono limitatissime le zone dove non arriva acqua, la nostra priorità è di estendere le reti idriche a ogni luogo. In accordo con la Regione Puglia, che è proprietaria al 100% di Aqp, abbiamo deciso di reinvestire una quota degli utili nel rifornimento di acqua agli insediamenti dei migranti.
Siamo anche la regione che ha più depuratori per il riuso di acque reflue, controllate rigorosamente dagli organismi competenti.
La Puglia è stata la prima in Italia a legiferare che il trattamento delle acque reflue depurate, buone per l’agricoltura, fosse pagato dal servizio integrato.
Gli agricoltori non devono pagare le risorse impiegate a monte.
Considerato che l’acqua è portata in superficie da pozzi profondi anche 300-400 metri, l’operazione richiede un certo consumo di energia elettrica.
L’acqua di buona qualità, affrancata dal costo dell’energia e pagata solo per la distribuzione idrica, costituisce un valore aggiunto per l’agricoltura pugliese.
Inoltre,contiene piccole quantità di fosforo, di azoto e di altri oligominerali, perciò si riduce la quantità di concimazione.
Come combattete il fenomeno degli scarichi abusivi?
Anni fa il depuratore di Gioia del Colle fu sequestrato dalla magistratura perché non rispettava i limiti allo scarico, vi arrivavano i reflui dei caseifici.
Grazie a un’azione congiunta con i carabinieri forestali, portata avanti in diverse parti della regione, che ha comportato il sequestro e la chiusura dell’azienda per vari mesi, oltre a multe salate, i casari che facevano i furbi hanno capito che rispettare le norme è meno costoso.
Oggi lo scarico di acqua reflua dei caseifici non solo rispetta i limiti previsti, ma è così limpida che nei campi di spandimento di Gioia del Colle si è formata un’oasi faunistica.
I nostri depuratori funzionano bene grazie agli investimenti, all’attenzione che dedichiamo alla gestione diretta, ma anche alla sensibile riduzione di questo fenomeno di microillegalità diffusa.
Vi doterete a breve di un dissalatore di acqua salmastra nei pressi del fiume Tara.
Non converrebbe ricorrere all’acqua di mare?
Il dissalatore di acqua salmastra soddisferà il fabbisogno di 350 mila pugliesi.
Non si differenziano molto i costi di realizzazione di un impianto di dissalazione di acqua salmastra rispetto a quello di acqua di mare, però quest’ultimo è più energivoro.
Chi vincerà la gara di realizzazione del dissalatore dovrà installare pannelli fotovoltaici.
Il dissalatore di acqua salmastra produce meno salamoia, ha una concentrazione salina inferiore rispetto all’acqua di mare, quindi il costo a metro cubo è minore.
La Puglia non ha acqua, se la deve procurare, ma non può andare avanti con l’eccessivo sfruttamento della falda acquifera, dal Tara prenderemo l’acqua sufficiente per integrare il rifornimento alla popolazione del Salento jonico, riducendo il prelievo dalla falda.
Come utilizzate i fanghi dei processi di depurazione?
I fanghi sono considerati rifiuti, noi li abbiamo trasformati in risorsa.
I fanghi buoni provenienti dalle acque reflue urbane possono essere impiegati in agricoltura.
In provincia di Pavia hanno ricreato l’ambiente naturale primigenio, quello del Medioevo, per fertilizzare i terreni.
I fanghi si possono mescolare con i rifiuti solidi domestici, con le potature si fa il compost, il terriccio fertilizzante che compriamo al supermercato.
Dai fanghi di depurazione si produce direttamente un ammendante, il biosolfato, il biogas per ridurre il consumo energetico dei depuratori, si può bruciare per ricavare anche energia termica.
L’impianto di depurazione di Lecce, che tratta acque reflue per oltre 100 mila abitanti, tra utilizzo di fotovoltaico e produzione di biogas, in alcune ore della giornata non preleva energie dalla rete.
Impianti simili sono presenti anche a Bari e a Grottaglie, una trentina di installazioni sono in programma in altre parti della Puglia.
(Intervista di Pasquale Coccia, pubblicata con questo titolo il 5 ottobre 2023 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)
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