L’United Nations human rights council (UNHRC) ha discusso dell’identificazione e registrazione delle vittime del cambiamento climatico e delle guerre per proteggere i diritti umani e della sua importanza per perseguire i responsabili.
L’Alto commissario per i diritti umani Volker Türk ha avvertito che «l’ambiente sta bruciando, si sta sciogliendo, si allaga, si esaurisce, si secca e sta morendo.
L’oscillazione prevedibile e regolare delle stagioni è selvaggiamente fuori rotta.
Cicloni di proporzioni senza precedenti hanno scatenato mareggiate letali.
Un’ondata di caldo ha attraversato l’oceano, minacciando la vita marina, la pesca e i coralli.
I mari e i laghi interni, che avevano nutrito generazioni e generazioni di agricoltori, si stavano trasformando in ciotole di polvere.
Affrontare il cambiamento climatico è una questione di diritti umani e il mondo richiede un’azione immediata.
Con l’attuale trend, l’aumento medio della temperatura entro la fine di questo secolo sarà di 3° Celsius e gli ecosistemi del mondo – l’aria, il cibo, l’acqua e l’umanità e la vita stessa – sarebbero irriconoscibili.
Il diritto al cibo è ampiamente minacciato dal cambiamento climatico.
A livello globale, tra il 2000 e il 2023, si è registrato un aumento del 134% dei disastri legati al clima e alle inondazioni.
Più di 828 milioni di persone hanno affrontato la fame nel 2021 e si prevede che il cambiamento climatico metterà a rischio fame fino a 80 milioni di persone in più entro la metà di questo secolo, creando un livello davvero terrificante di disperazione e bisogno.
Eppure il mondo non sta ancora agendo con l’urgenza e la determinazione necessarie.
Già ora, secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change, gli estremi meteorologici legati al cambiamento climatico avevano danneggiato la produttività di tutti i settori dell’agricoltura e della pesca, con conseguenze negative per la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza delle persone.
Attualmente, questo impatto è stato peggiore per i piccoli agricoltori e per le persone in Africa al di sotto del Sahara; in tutta l’Asia.
Con l’accelerazione del riscaldamento globale, queste ripercussioni diventerebbero più diffuse e intense e nessun Paese sarebbe risparmiato. I più colpiti sarebbero le persone nei Paesi dove esiste già l’insicurezza alimentare, che hanno beneficiato poco dello sviluppo industriale e che hanno contribuito a malapena ai processi industriali che stanno uccidendo l’ambiente.
Essendo la generazione con gli strumenti tecnologici più potenti della storia, c’è un’opportunità per cambiare questa situazione.
La comunità internazionale deve porre fine ai sussidi all’industria dei combustibili fossili e iniziare a eliminare gradualmente i combustibili fossili.
E’ importante rendere la COP28 UNnfccc il punto di svolta decisivo e garantire che i tribunali di tutto il mondo impegnati in cause sul clima ritengano responsabili le imprese e i governi».
Il capo dell’UNHRC è convinto che «se venissero adottate misure per sostenere la buona governance, quando i finanziamenti fossero disponibili, ciò porterebbe sostegno e rimedio alle persone più colpite, garantendo una giusta transizione verso un’economia verde.
Il mondo potrebbe raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, realizzare il diritto universale al cibo e sostenere il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile.
E’ giunto il momento di agire e la responsabilità ricade sui leader di oggi.
Affrontare il cambiamento climatico é una questione di diritti umani e il mondo richiede un’azione immediata».
Türk è intervenuto alla tavola rotonda annuale dell’UNHCR sugli impatti negativi del cambiamento climatico sui diritti umani, si è concentrato sull’impatto negativo del cambiamento climatico sulla piena realizzazione del diritto all’alimentazione, dove Benyam Dawit Mezmur, del Committee on the Rights of the Child, ha ricordato che «le recenti proiezioni suggeriscono che i bambini nati nel 2020 probabilmente subiranno quasi tre volte il numero di siccità e fallimenti dei raccolti rispetto ai loro nonni, con i bambini dei Paesi a basso reddito che sopportano il peso della crisi ambientale.
Pertanto, il cambiamento climatico sta esacerbando l’insicurezza alimentare dei bambini, in particolare nelle regioni vulnerabili dal punto di vista climatico.
L’impatto del danno ambientale ha avuto un effetto discriminatorio su alcuni gruppi di bambini, in particolare i bambini indigeni, i bambini di gruppi minoritari, i bambini con disabilità, i bambini che vivono in ambienti soggetti a disastri o vulnerabili al clima e le ragazze».
Secondo Ana Maria Suarez Franco, rappresentante di FIAN International, «il sistema alimentare industriale è il principale contributore al cambiamento climatico e al degrado ambientale.
Diverse istituzioni delle Nazioni Unite hanno riconosciuto l’urgente necessità di trasformare i sistemi alimentari industriali: l’agroecologia svolge un ruolo fondamentale in questo e nella transizione verso un sistema giusto.
Ne fa parte l’adozione di piani di transizione vincolanti che siano prevedibili e comprendano meccanismi di sostegno per le popolazioni rurali e le popolazioni indigene.
I piccoli contadini devono ricevere il sostegno e la formazione di cui hanno bisogno per attuare l’agroecologia».
Gian Carlo Cirri, direttore dell’ufficio globale di Ginevra del Wirld food programme (WFP), ha affermato che «gli impatti del cambiamento climatico stanno aumentando le vulnerabilità in tutto il mondo: 3,6 miliardi di persone vivono in aree altamente vulnerabili agli estremi climatici, rappresentando oltre il 40% della popolazione mondiale.
Si prevede che entro il 2030 il numero di disastri legati al clima aumenterà del 30% a circa 560 disastri all’anno. Il cambiamento climatico sta limitando l’accesso al cibo.
Le azioni di prevenzione sono state fondamentali per mitigare ulteriori impatti del cambiamento climatico sulle vite e sui mezzi di sussistenza. Investire in sistemi di allerta precoce stava diventando ancora più cruciale».
Pasang Dolma Sherpa, direttore esecutivo del Centre for Indigenous Peoples’ Research and Development, ha sottolineato che «le popolazioni indigene, che rappresentano il 6,2% della popolazione totale, hanno contribuito alla salvaguardia dell’80% della biodiversità mondiale.
La conoscenza, l’esperienza e le pratiche delle comunità indigene e locali sono fondamentali per la resilienza climatica e per affrontare l’attuale crisi.
Tuttavia, nonostante i convincimenti emergenti sul ruolo cruciale e sui contributi delle popolazioni indigene nella resilienza climatica, la resilienza indigena nell’affrontare il cambiamento climatico, l’economia e le minacce esterne è diminuita di giorno in giorno».
La tavola rotonda UNHCR ha anche evidenziato «l’urgenza e la necessità di agire per affrontare gli impatti negativi del cambiamento climatico e per proteggere i diritti umani delle generazioni attuali e future.
L’aumento della frequenza e dell’intensità di eventi meteorologici estremi come inondazioni e cicloni, insieme a sfide a lenta insorgenza come l’innalzamento del livello del mare, hanno avuto un impatto diretto sulla sicurezza alimentare».
Secondo il WFP nel 2023, circa 345 milioni di persone soffriranno di insicurezza alimentare acuta, più del doppio rispetto al 2020.
I relatori hanno sottolineato che «il sostegno urgente della comunità internazionale è fondamentale per affrontare questa grande sfida».
Già nei giorni scorsi, Ian Fry, relatore speciale Onu sui diritti umani nel contesto del cambiamento climatico, presentando il suo ultimo rapporto tematico all’UNHCR aveva chiesto «una protezione legale completa per le persone sfollate a causa degli impatti dei cambiamenti climatici al fine di garantire i loro diritti umani.
Gli effetti del cambiamento climatico stanno diventando più gravi e il numero di persone sfollate attraverso i confini internazionali è in rapido aumento.
Solo nel 2020, 30,7 milioni di persone sono state sfollate dalle loro case a causa di eventi meteorologici.
La siccità è stata il fattore principale.
Dobbiamo prendere provvedimenti immediati per dare protezione legale a queste persone».
Fry ha ricordato che «le persone sfollate a causa del cambiamento climatico affrontano molteplici violazioni dei diritti umani, inclusi i loro diritti al cibo, all’acqua, ai servizi igienico-sanitari, all’alloggio, alla salute, all’istruzione e, per alcuni, il loro diritto alla vita.
Le implicazioni sui diritti umani dello sfollamento dovuto al cambiamento climatico, in particolare attraverso i confini internazionali, sono significative e davvero inquietanti.
E’ profondamente preoccupante che un gran numero di persone sfollate attraverso i confini muoia o scompaia ogni anno sia ai confini terrestri che marittimi.
Tra il 2014 e il 2022 più di 50.000 persone hanno perso la vita durante i movimenti migratori.
E’ altrettanto scioccante notare che più della metà di questi decessi sono avvenuti sulle rotte verso e all’interno dell’Europa, anche nel Mar Mediterraneo».
Secondo il Relatore Speciale, «lo sfollamento dovuto al cambiamento climatico può derivare da diversi tipi di situazioni, da eventi improvvisi o lenti come l’innalzamento del livello del mare o la siccità.
La maggior parte delle persone colpite da questi eventi è costretta a spostarsi.
Le donne e i bambini, essendo i più colpiti dai disastri e dagli effetti del cambiamento climatico, costituiscono anche la maggior parte degli sfollati.
La comunità internazionale deve rendersi conto della propria responsabilità nel proteggere le persone sfollate oltre confine dagli impatti dei cambiamenti climatici».
Fry ha spiegato che «in termini di protezione legale delle persone sfollate a causa del cambiamento climatico, il mondo non opera nel vuoto totale.
Ci sono diverse garanzie internazionali sui diritti umani per affrontare la questione.
In termini di protezione legale delle persone sfollate a causa del cambiamento climatico, l’human rights council dovrebbe preparare una risoluzione da sottoporre all’Assemblea generale dell’Onu, sollecitando l’organismo a sviluppare un protocollo opzionale ai sensi della Convention relating to the Status of Refugees per affrontare lo sfollamento e la protezione legale per le persone di tutto il mondo colpite dalla crisi climatica.
Fino ad allora, esorto tutte le nazioni a sviluppare, come misura provvisoria, una legislazione nazionale per fornire visti umanitari alle persone sfollate attraverso i confini internazionali a causa del cambiamento climatico».
Nel successivo dialogo interattivo sulla relazione dell’Office of the High Commissioner for Human Rights sull’impatto della registrazione delle vittime sulla promozione e la protezione dei diritti umani, Peggy Hicks, direttrice Thematic Engagement, Special Procedures and Right to Development Division UNHCR, ha affermato che «la registrazione delle vittime è una forma scrupolosa, ardua ed essenziale di monitoraggio dei diritti umani.
E’ importante stabilire i fatti nel miglior modo possibile e perseguire le responsabilità.
La rigorosa verifica dei conteggi delle vittime da parte dell’Ufficio ha fatto sì che queste fossero spesso riconosciute da tutti gli attori come una delle poche fonti affidabili di informazioni disponibili.
Anche l’identificazione dei modelli di danno ha informato le decisioni per la pianificazione, la risposta operativa e l’elaborazione delle politiche da parte dei partner umanitari».
Anche per gli altri relatori, le informazioni sulla registrazione delle vittime non sono solo numeri: «Sono le vite delle persone.
La registrazione delle vittime è particolarmente preziosa in quanto potrebbe fornire un’indicazione della gravità e della portata dei conflitti e delle situazioni di violenza e guidare gli sforzi per proteggere i civili e prevenire o affrontare le violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani.
Un’accurata registrazione delle vittime è fondamentale sotto molti aspetti, contribuendo a focalizzare l’attenzione della comunità internazionale sul costo umano della violenza e della guerra, denunciare la disinformazione, contribuire alla responsabilità e fornire un approccio incentrato sulla vittima, anche facilitando l’accesso a rimedi e risarcimenti».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 4 luglio 2023 sul sito online “greenreport.it”)