Senatrice Loredana De Petris
Resoconto della seduta di ieri mattina della Commissione Ambiente del Senato.
TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI (13ª)
GIOVEDÌ 6 LUGLIO 2017
321ª Seduta
Presidenza del Presidente
La seduta inizia alle ore 8,45.
IN SEDE REFERENTE
(119-1004-1034-1931-2012-B) Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette, approvato dal Senato in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge d’iniziativa dei senatori D’Alì; Loredana De Petris; Caleo; Panizza ed altri; Ivana Simeoni ed altri, e modificato dalla Camera dei deputati
(Seguito dell’esame e rinvio)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta di ieri.
Il presidente MARINELLO dà preliminarmente conto della disponibilità trasmessa dal senatore Orellana, a nome del Gruppo delle Autonomie (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE, a richiedere la riassegnazione in sede deliberante del disegno di legge.
Fa tuttavia presente che, non essendovi l’unanimità dei consensi dei Gruppi parlamentari in Commissione, non è possibile procedere ai sensi dell’articolo 37, comma 1, del Regolamento.
L’esame del disegno di legge proseguirà pertanto in sede referente.
La Commissione prende atto.
Il presidente MARINELLO dichiara aperta la discussione generale.
La senatrice DE PETRIS (Misto-SI-SEL) interviene osservando preliminarmente che il disegno di legge di riforma della legge n. 394 del 1991 perviene al Senato dopo l’esame della Camera dei deputati, nel corso del quale sono state apportate correzioni che non consentono di modificare il giudizio che rimane sostanzialmente negativo.
La riforma proposta appare di basso profilo e insufficiente ad affrontare le criticità che hanno determinato la situazione di stallo degli Enti parco.
Il testo è giustamente avversato dalle Associazioni ambientaliste che, a più riprese, hanno formulato la richiesta di sospenderne l’esame per avviare una riflessione più approfondita sullo stato delle attività di conservazione del patrimonio naturale.
L’esigenza di procedere ad un intervento manutentivo sulla legge n. 394 ha finito per prevalere sulle considerazioni di natura strategica, determinandosi l’apertura a pressioni volte a ridimensionare il ruolo di un sistema di aree protette che comunque ha superato l’obiettivo del 10 per cento di territorio protetto su base nazionale.
Si sofferma quindi sui principali elementi di criticità del disegno di legge, sottolineando il condizionamento localistico sugli organi di gestione.
Il disegno di legge altera, peggiorandolo, l’equilibrio fra rappresentanza dell’interesse generale e presenza di interessi localistici negli organi di gestione.
In particolare, nei Consigli direttivi istituiti in base alla legge in vigore vi è una prevalenza di cinque membri rappresentativi di interessi generali – il Presidente, nominato dal Ministro, e quattro membri indicati rispettivamente da associazioni ambientaliste, Ministero dell’ambiente, Ministero delle politiche agricole e ISPRA – nei confronti di quattro membri indicati dalla Comunità del Parco e quindi espressione degli Enti locali.
Nel Consiglio direttivo delineato dal disegno di legge (articolo 7) questo rapporto si inverte, in quanto il Ministero delle politiche agricole è vincolato a nominare un rappresentante delle associazioni di categoria del mondo agricolo o della pesca, espressione degli interessi locali di queste categorie.
Inoltre, sia per la scelta dei Presidenti che per la selezione dei Direttori, si è scelto di non richiedere competenze specialistiche e di alto profilo, determinando le condizioni per un rafforzamento delle tendenze già in atto da tempo che vedono questi ruoli strategici per il governo delle aree protette ricoperti sempre più in conseguenza di operazioni di riciclaggio di personale politico e amministrativo locale e non quale occasione per selezionare una nuova classe dirigente attenta alla conservazione della natura e allo sviluppo sostenibile.
La procedura di selezione pubblica del Direttore introdotta alla Camera dei deputati ha solo parzialmente migliorato la procedura di scelta della figura posta al vertice amministrativo dell’Ente, in quanto due membri su tre della Commissione chiamata a decidere la selezione sono designati dagli stessi organi dell’Ente parco.
Vi è poi la questione urgente delle risorse finanziarie.
Il sistema delle aree naturali protette ha subito, negli ultimi dieci anni, il meccanismo dei tagli lineari alla spesa pubblica che ha finito per incidere profondamente sulle risorse annuali che il Ministero dell’ambiente ha orientato per il funzionamento degli enti gestori.
La progressiva riduzione degli stanziamenti per i parchi nazionali e per le aree marine protette ha colpito soprattutto gli interventi rivolti agli investimenti per la conservazione, mentre le attività ordinarie degli Enti, anche quelle di primario rilievo come la gestione dei servizi per il pubblico, sono state conseguentemente ridotte ai minimi termini.
Dopo la scelta, effettuata in prima lettura al Senato, di un disegno di legge di riforma “a costo zero”, alla Camera si è tentato di rimediare parzialmente con il tentativo di individuare risorse, che rimangono tuttavia scarse e aleatorie.
In particolare, con il nuovo articolo 2, è stato reintrodotto il Piano nazionale triennale di sistema, mentre all’articolo 18 è stata aggiunta una disposizione finanziaria tendente a dotare di risorse il programma triennale per le aree marine protette.
Tali disposizioni si appoggiano tuttavia sul sistema delle aste effettuate dal Gestore dei servizi energetici (GSE) per lo scambio di quote di emissione dei gas serra, di cui decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, i cui proventi non sono affatto certi e predeterminati, ma dipenderanno dall’evoluzione del mercato delle quote e dall’evoluzione della normativa.
Non è pertanto certo che si possa disporre del gettito annuale ipotizzato dal disegno di legge per il finanziamento del sistema delle aree protette terrestri e marine, stimato in 13 milioni di euro, che sarebbe comunque insufficiente a fronteggiare le esigenze di investimento.
Del tutto insufficiente appare anche il Fondo per le misure di incentivazione fiscale, di cui all’articolo 4, quantificato in 500.000 euro annui, mentre il sistema delle royalties, di cui all’articolo 12, molto discutibile e controverso, è stato circoscritto nel passaggio alla Camera ad un contributo una tantum che dovrebbe poi trasformarsi, in un futuro non certo, nel sistema del pagamento per i servizi ecosistemici, di cui all’articolo 36.
In sostanza, manca ancora un sistema stabile e certo di risorse finanziarie che possa consentire agli enti gestori di programmare le attività e gli investimenti.
Vi sono poi le criticità legate alla gestione della fauna selvatica.
Il percorso delineato dall’articolo 13 non sembra efficace e apre la strada a derive pericolose per la biodiversità.
La Camera non ha inciso sull’articolo che prefigura, da un lato, il rischio di aprire la strada ad attività venatorie all’interno dei parchi, non condotte dal personale addetto alla vigilanza e, dall’altro, non affronta con le risorse necessarie il problema delle misure di prevenzione a tutela delle attività agricole.
In questo senso non appare congruo quanto previsto dall’articolo 5, in tema di divieto di introduzione dei cinghiali, poiché non ne vieta l’allevamento nelle aree protette, attualmente la causa più grave di dispersione degli animali e diffusione dei danni.
Nel passaggio alla Camera dei deputati sono state purtroppo inserite alcune disposizioni di segno negativo che il Senato dovrebbe correggere.
In particolare, l’articolo 9 introduce nei regolamenti dei parchi il divieto di attività estrattive di idrocarburi, fatte salve le attività estrattive in corso e quelle ad esse strettamente conseguenti.
È evidente che una disposizione di questo genere dà il via libera a tutte le “attività conseguenti”, con gli effetti immaginabili.
L’articolo 10 ha sottratto al nullaosta degli Enti parco le trasformazioni edilizie che possono avvenire nelle zone D, come definite dai piani dei parchi, attribuendole ai Comuni.
All’articolo 17 è stata soppressa una disposizione riguardante le aree marine protette, presente nel testo approvato in Senato, tendente a vietare l’acquacoltura e l’immissione di scarichi non in regola con le norme più restrittive in materia.
Conclude infine sottolineando l’esigenza di svolgere un nuovo ciclo di audizioni al fine di raccogliere le indicazioni delle associazioni ambientali sui profili critici del disegno di legge, che potrebbero essere oggetto di revisione da parte della Commissione.
La senatrice NUGNES (M5S) sottolinea incidentalmente la necessità di confronto con i portatori di interesse e con le associazioni ambientali, in particolare, per conoscere quali siano i loro orientamenti in merito alle modifiche apportate dalla Camera dei deputati.
Il relatore CALEO (PD) assicura che, pur senza procedere formalmente ad un ciclo di audizioni, verranno comunque acquisite le indicazioni dei portatori di interesse.
La senatrice DE PETRIS (Misto-SI-SEL) osserva che solo un regolare ciclo di audizioni consentirebbe una interlocuzione con le associazioni ambientali realmente profittevole per l’istruttoria del provvedimento, che l’esclusiva iniziativa del relatore rischia di pregiudicare.
La senatrice MORONESE (M5S) auspica un congruo termine per la presentazione degli emendamenti, in considerazione della necessità di valutare adeguatamente le modifiche apportate al disegno di legge dalla Camera dei deputati.
Il presidente MARINELLO ritiene che le modalità istruttorie già concertate in Ufficio di presidenza consentano di conciliare l’esigenza di concludere la sede referente prima della pausa estiva con l’intenso calendario dei lavori della Commissione e dell’Assemblea.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
