Sistema delle Aree Wilderness
Fra le 6 categorie di riferimento che sono direttamente legate alla gestione delle aree protette la IUCN ha individuato la “Riserva naturale in senso stretto/ “Wilderness Area” come area protetta gestita principalmente per ricerche scientifiche e per la protezione della “Wilderness”.
Concetto di Wilderness
<<La natura selvaggia è sia una condizione geografica che uno stato d’animo. Fa parte dell’eterna ricerca delle verità che spinge l’uomo alla continua ricerca di se stesso e del suo creatore>>: è questa la definizione di Wilderness data dal Servizio Forestale degli Stati Uniti.
A questa definizione ha portato una filosofia affermatasi negli Stati Uniti nei primi decenni del 1800 che si è poi diffusa al resto del mondo nel secolo XX°: la “filosofia Wilderness” è una filosofia filo-ambientalista propugnata da personaggi come Henry David Thoreau (1817-1862) (filosofo ambientalista e poeta), Ralph Waldo Emerson (1803-1882) (filosofo e letterato), Frederick Jackson Turner (1861-1932) (storico), Aldo Leopold (cacciatore/ambientalista), Michael Frome (conservazionista), Muir, e Marshall che videro riconosciuta la loro visione del mondo nella speciale legge “Wilderness Act” (Legge per la natura selvaggia) del 1964 che sancì la necessità di tutelare le grandi aree del continente americano ancora incontaminate.
Dal 1964 negli Stati Uniti sono riconosciute ed istituite per legge “Aree Wilderness” su suoli strettamente pubblici, sia all’interno che all’esterno dei Parchi e di altre aree protette.
La “filosofia Wilderness” é contraria all’uso di “massa” dell’ambiente, sia per scopi ricreativi che di prelievo delle risorse naturali rinnovabili, perché esprime un concetto d’uso dell’ambiente basato sulla “qualità” dell’esperienza, in contrasto con la “quantità“.
Per “qualità” si deve intendere una presenza umana che sia in equilibrio (a prescindere dalle motivazioni che spingono l’uomo nella natura) e che dia a tutti la possibilità di godere un’esperienza di solitudine.
Un’esperienza del genere si ottiene gioco forza con una limitazione d’uso e di frequentazione: ad uno dei capitoli del libro “Battle for Wilderness” del noto conservazionista americano Michael Frome, che è titolato “la ricreazione per tutti”, fa seguito un capitolo che in modo emblematico è intitolato “ma non tutti assieme”.
Anche Aldo Leopold sosteneva che “il valore della ricreazione non è una materia di cifre” perché “la ricreazione è valutabile in proporzione all’intensità delle esperienze che ci permette”.
La limitazione d’uso e di frequentazione di solito fanno a pugni con il concetto della quantità, del diritto di tutti ed addirittura del “Parco produce” quale espressione coniata per giustificare uno sfruttamento a fini economici della natura protetta, sfruttamento che di per sé è la negazione stessa dei principi storici che stanno alla base della “filosofia Wilderness”.
Sotto questo aspetto, i sostenitori (specie italiani ) dello spirito Wilderness considerano più corretta in natura la presenza di un cacciatore che non di un visitatore, perché il primo pratica qualcosa di antico ed integrato con l’ambiente, mentre il secondo appare un essere avulso dal contesto naturalistico.
Per quanto riguarda i Parchi, diversi dei quali sono “Wilderness” per molte riviste di natura, si tratta di territori che – pur racchiudendo dei luoghi con “valori di Wilderness” – nessuna autorità ha ancora provveduto a designare come tali in forma ufficiale, impegnandosi a preservarli e soprattutto a gestirli coerentemente contro un uso turistico-ricreativo di massa.
Il concetto di Wilderness, noto anche come “Selvaggio per sempre”, attribuisce alla conservazione della natura un valore in sé, in quanto patrimonio spirituale dell’uomo, per ciò che esso esprime a livello interiore, in ogni individuo.
In definitiva esso si può rappresentare nella tutela integrale del territorio che viene sottratto a qualsiasi tipo di intervento umano, fatto salvo quello per la ricreazione e il godimento spirituale, per il quale anzi è riservato: anche in questo settore di fruizione tuttavia esistono rigidi controlli e limitazioni che garantiscono l’ambiente dal degrado e consentono di mantenere quella particolare situazione psichica che l’uomo cerca e di cui può godere nelle aree Wilderness: la solitudine.
Il concetto di Wilderness si è affermato in Italia a partire dalla fine degli anni settanta. Più tardi, nel 1985 è stata fondata la “Associazione Italiana per le Wilderness” (in sigla AIW) affiliata alla “International Wilderness Leadership Foundation”, per iniziativa di alcuni studiosi, coordinati da Franco Zunino, guardiaparco del Parco nazionale Gran Paradiso e poi di quello d’Abruzzo.
Lo Statuto dell’associazione contempla la caccia come regolatore biologico all’interno delle “Aree Wilderness”.
Aree Wilderness
Il “vincolo Wilderness” proposto dalla Associazione Italiana per le Wilderness intende difendere i luoghi con requisiti più vicini al concetto ispiratore, ma che nel vecchio continente hanno inevitabilmente bisogno di adattamenti dovuti alla millenaria presenza dell’uomo.
Le “Aree Wilderness” o “Aree di protezione naturale integrale” individuano comunque grandi spazi selvaggi, rimasti tali e che si vogliono salvaguardare proprio per questo particolare aspetto che prescinde dall’utilizzo delle risorse naturali rinnovabili che possono continuare ad esistere a patto che si usino mezzi tradizionali di intervento, con prelievi equilibrati e razionali: “Area Wilderness” è l’impegno a mantenere lo stato morfologico e paesaggistico di zone rimaste ancora selvagge nonostante i millenni di civilizzazione e sviluppo.
Si tratta dunque di un territorio in cui viene preservata la situazione paesaggistica originaria, lasciando che le forme della natura si evolvano liberamente e senza condizionamenti o interferenze umane.
Come tiene a precisare la stessa “Associazione Italiana per le Wilderness”, un’Area Wilderness non è un Parco nazionale né un Parco regionale o una Riserva naturale né una Riserva comunque integrale: è un luogo di natura incontaminata, da vivere piuttosto che da visitare.
“Vivere la Wilderness” significa che l’uomo ne venga a fare parte integrante, come essere biologicamente vivente in essa in forma equilibrata, quindi anche cacciando o pescando, raccogliendo fiori e frutti, legna per il fuoco, dormendo all’addiaccio o in capanne e ricoveri.
In quest’ottica è imperativa la preservazione assoluta dell’integrità spaziale delle aree selvagge (non a strade, case ed opere antropiche in genere), ma resta altrettanto imperativa la preservazione degli antichi usi e delle tradizioni legate all’utilizzo e sfruttamento delle risorse rinnovabili, dal taglio dei boschi, al pascolo, alla caccia: l’eventuale abrogazione o rinuncia di tali usi (come nel caso dei tagli boschivi su suoli demaniali) deve essere decisa dalle collettività locali, a differenza delle zone a Parco o a Riserva naturale, dove questi usi consuetudinari sono di solito vietati o impositivamente sottoposti a rigida disciplina dalle autorità politiche superiori (Stato e Regioni).
Al riguardo va detto che nel 1994 la “World Conservation Union” (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), alla quale aderisce lo Stato Italiano, ha preso la decisione di inserire le “Aree Wilderness” nella classificazione mondiale delle aree naturali protette.
Designazione delle Aree Widerness
Le “Aree Wilderness” vengono designate per tutelare il “Valore Wilderness”.
Per “Valore Wilderness” si intende la caratteristica di isolamento di un’area particolarmente selvaggia e/o impervia che sia priva di strade e/o piste forestali per la penetrazione motorizzata (salvo qualche eccezione, là dove esistano carrarecce o piste di storico od antico utilizzo), e di moderne costruzioni od opere: si tratta di un isolamento dal resto del territorio sviluppato (coltivato e/o urbanizzato), che permetta a chi lo frequenti di sperimentare una profonda comunione con la natura primordiale che in essa si rivela.
Decidere di designare un territorio selvaggio quale “Wilderness” non significa solamente dare una definizione geografica al suo stato di integrità paesaggistica, bensì soprattutto impegnarsi a preservarlo “per sempre” nel modo più assoluto ed a gestirlo per un uso razionale ed equilibrato: ciò implica una politica in antitesi con il connubio “ambiente/parchi/turismo/economia/posti di lavoro”, come inteso nel nostro Paese.
Questo impegno è un’altra caratteristica che differenzia le “Aree Wilderness” dalle altre aree protette, perché esse non sono un surrogato di queste, bensì una loro completezza: la designazione in “Area Wilderness” di una parte di territorio all’interno di un Parco rappresenta una maggiore garanzia di preservazione, che non va confusa con la destinazione a “Zone A o di Riserva Integrale” del Piano di Assetto dello stesso Parco.
Le “Aree Wilderness” possono essere anche autonome, come sono quelle fin qui istituite in Italia.
Gli organismi pubblici principalmente interessati a designare “Aree Wilderness” sono i Comuni, specie se proprietari di ampi spazi di demanio, o le Aziende Regionali delle Foreste oppure i proprietari fondiari per loro libera scelta oppure ancora in taluni casi gli Enti di gestione dei Parchi e delle Riserve Naturali statali e regionali.
La designazione ad “area Wilderness” rappresenta il formale riconoscimento, ad opera dell’organismo che la effettua, della esistenza di un valore speciale – morale e spirituale oltre che biologico – e il formale impegno a difenderlo e perpetuarlo: è ovvio che si ha garanzia di un maggiore successo dell’intervento quando è più alto il livello legislativo e di rappresentanza popolare.
Tuttavia questa procedura non sminuisce affatto l’efficacia delle determinazioni degli Enti inferiori (per lo più Comuni) che con tale atto si impegnano al rispetto e all’applicazione in senso restrittivo di tutte le leggi vigenti in materia ambientale.
Non va peraltro dimenticato che le decisioni assunte a livello locale segnano una presa di coscienza importante della preziosità del territorio da parte delle comunità, che per conservarlo non hanno bisogno di interventi calati dall’alto: si tratta, di fatto, dell’applicazione del concetto di territorializzazione delle politiche ambientali, fortemente sostenuto dalla Conferenza Internazionale sull’Ambiente tenuta a Rio de Janeiro.
Istituzione di Aree Widerness
Sulla falsariga di quanto è stato fatto e si sta facendo negli Stati Uniti, l’Associazione Italiana per la Wilderness a tutto il dicembre del 2002 ha ottenuto la creazione, a livello locale, di 30 “Aree Wilderness” distribuite in 6 Regioni ed 11 Province per un totale di 25.429 ettari.
Nonostante questo, vista la particolare situazione sociale italiana, l’Associazione Italiana per la Wilderness ritiene che un certo riconoscimento pubblico di queste aree sia ormai doveroso, così come doverosa dovrebbe essere una loro forma di finanziamento compensativo proprio per gli sforzi e la buona volontà autonomamente espressa con queste scelte.
A tale scopo è stata presentata da parte del Consigliere della Regione Lazio Enzo Di Stefano la proposta di legge n. 493 dell’8 novembre 2002 concernente il <<Provvedimento speciale per la salvaguardia dell’ambiente. Tutela del “Valore Wilderness” e riconoscimento delle Aree Wilderness>>.
La proposta, così come le “Aree Wilderness”, segue la falsariga del “Wilderness Act”, per cui la Regione Lazio può da un lato designare direttamente “Aree Wilderness” sui suoli demaniali di sua pertinenza e limitarsi dall’altro lato a dare un riconoscimento a quelle decise dai Comuni o dai privati, conferendo loro una possibilità di accesso a fondi pubblici compensativi per le rinunce da essi fatte all’uso e sfruttamento dei territori, così protetti a fini sociali e culturali.
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Nella Regione Lazio sono 19 le “aree Wilderness”, distribuite nelle 3 Province di Frosinone, Rieti e Latina.
Secondo i dati pubblicati sul sito dell’Associazione Italiana per le Wilderness, aggiornato a dicembre del 2002, le aree Wilderness istituite nel Lazio sono le seguenti, elencate in ordine cronologico di istituzione e per Province.
1 – Gola del Fiume Rapido in Provincia di Frosinone, della estensione di 820 ettari;
2 – I Monti Bianchi in Provincia di Frosinone, della estensione di 990 ettari;
3 – Ernici Orientali in Provincia di Frosinone, della estensione di 2.640 ettari;
4 – Bosseto di Vicalvi in Provincia di Frosinone, della estensione di 10,5 ettari (o 10,3);
5 – Monte Caira – Gole del Melfa in Provincia di Frosinone, della estensione di 155 ettari;
6 – Dolina della Fossa Licia in Provincia di Frosinone, della estensione di 9,5 ettari;
7 – Gole del Fiume Melfa in Provincia di Frosinone, della estensione di 230 ettari;
8 – Eremo dello Spirito Santo in Provincia di Frosinone, della estensione di 135 ettari;
9 – Alta Valle Nova in Provincia di Frosinone, della estensione di 1,8 ettari;
10 – Colle Pagnotta in Provincia di Frosinone, della estensione di 2,8 ettari;
11 – Capo Cosa in Provincia di Frosinone, della estensione di 500 ettari;
12 – Monti Cantari in Provincia di Frosinone, della estensione di 350 ettari;
13 – Monti Ausoni in Provincia di Latina, della estensione di 4.100 ettari;
14 – Vallemagna in Provincia di Latina, della estensione di 35 ettari (o 28,3);
15 – Colle San Vito in Provincia di Latina, della estensione di 15 ettari(o 15,6);
16 – Fosso Acquariello in Provincia di Latina, della estensione di 45 ettari (o 40,5);
17 – Fosso Casanova in Provincia di Latina, della estensione di 5 ettari (o 6,9);
18 – Fosso La Vecchia in Provincia di Latina, della estensione di 10 ettari (o 9,1);
19 – Monti Nuria e Nurietta in Provincia di Rieti, della estensione di 1.520 ettari