La Regione Toscana ha permesso ai concessionari delle cave delle Alpi Apuane di riscrivere a proprio favore il PIT (Piano di Indirizzo Territoriale), avente valenza di Piano paesaggistico, e di stravolgerne l’indirizzo, concepito ed elaborato dai tecnici dell’ex-Assessore all’Urbanistica Anna Marson (2010-2015), che stabiliva la chiusura, al termine del periodo autorizzato, di una trentina di cave che stavano operando in manifesta illegittimità e la riapertura solo delle cave chiuse da 10 anni e non rinaturalizzate.
Con deliberazione n. 37 del 27 marzo 2015 il Consiglio Regionale della Toscana ha infatti approvato un atto di integrazione del PIT, che consente anche l’apertura di nuove cave, la riattivazione di cave dismesse e l’ampliamento di cave esistenti all’interno del Parco naturale delle Alpi Apuane, in zone indicate come Aree contigue di cava (ACC): si tratta di ipotesi non previste dalla legge regionale di istituzione del Parco risalente al 1997.
Le cave sarebbero legittimate dalla legge istitutiva del Parco, LR 65/97 (antecedente al “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” e alla istituzione dei siti rete Natura 2000 che gravano su tutta la superficie del Parco, ad eccezione delle ACC) che ne prevedeva la presenza, ma non certamente l’ampliamento, né la crescita indiscriminata (oggi sono più di 100).
Nel 2002 infatti il piano estrattivo, redatto dal Parco e non approvato dalla politica, prevedeva la chiusura di alcuni bacini critici e il contingentamento di quelli con marmo di modesta qualità.
La Mountain Wilderness Italia Onlus, l’Associazione Amici della Terra Onlus, l’Associazione Verdi Ambiente e Società Onlus, l’Associazione Centro Guido Cervati, l’Associazione Centro culturale “La Pietra Vivente” e l’Associazione Club Alpino Italiano – Regione Toscana hanno impugnato la delibera del Consiglio Regionale della toscana con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, poi trasposto in sede giurisdizionale davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana.
Si sono costituite in giudizio la Regione Toscana, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e la Henraux s.p.a., quest’ultima in qualità di gerente l’attività estrattiva all’interno del Parco.
l TAR ha rigettato il ricorso.
Avverso tale pronuncia hanno proposto appello principale le Associazioni ricorrenti, mentre la Regione Toscana ha proposto appello incidentale ribadendo l’eccezione di carenza di interesse in capo alle appellanti: il Consiglio di Stato, con sentenza del 20 agosto 2021, ha rigettato l’appello principale, ha dichiarato improcedibile quello incidentale e ha condannando le appellanti principali alla rifusione delle spese in favore della Regione Toscana e della società Henraux.
Appellandosi al comma 8 dell’art. 111 della Costituzione, contro la sentenza del Consiglio di Stato hanno proposto ricorso la Mountain Wilderness Italia Onlus, l’Associazione Amici della Terra Onlus, l’Associazione Verdi Ambiente e Società Onlus e l’Associazione Centro culturale “La Pietra Vivente” con unico atto affidato a tre motivi.
Hanno resistito la Regione Toscana e la Henraux s.p.a. con separati controricorsi.
Con sentenza 19228/2023 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha confermato le decisioni del Consiglio di Stato, convalidando la legittimità del Piano integrato territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT/PPR) della Regione Toscana, modificato nella versione finale, peraltro approvata dal Consiglio Regionale, a beneficio dei concessionari di cava.
La Cassazione a Sezioni Unite ha condannato le Associazioni Ambientaliste Amici della Terra, La Pietra vivente. Mountain Wilderness e Verdi Ambiente e Società VAS a pagare spese per oltre 50.000 euro.
La motivazione è stata: “LA DIFESA DEI VALORI NATURALISTICI NON E’ UN VALORE FINALE E ASSOLUTO” contrariamente a quanto afferma l’art.9 della Costituzione.
Beneficiari della cifra su indicata sono: Ministero dell’Ambiente, Regione Toscana e la Società Henraux alla quale si dovrà versare la somma di € 22.178,62.
Un’azienda che si accinge a demolire dall’interno il Monte Altissimo, con l’escavazione in galleria, dopo aver sconquassata l’intera area delle Cervaiole e demolito il Pizzo di Falcovaia.
Un’azienda a cui il Comune di Seravezza intende cedere 700 ettari di montagna (7.000.000 di mq., circa 1.000 campi di calcio!) rinunciando alla rivalsa per il riconoscimento per il riconoscimento degli usi civici e di proprietà della comunità di Seravezza alla imbarazzante cifra di 1 milione di euro, 14 centesimi a metro quadrato! E per giunta rateizzati in 10 anni.
Per dare seguito ad una battaglia di civiltà a difesa delle Apuane e salvaguardare la Biodiversità e l’Acqua che custodiscono, le associazioni condannate stanno chiedendo di partecipare e promuovere la raccolta fondi, per far fronte alle spese legali e presentare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.