Con decisione dell’8 giugno 2023 la Giunta Capitolina ha approvato l’adozione della variante parziale delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del P.R.G. vigente, senza adottare contestualmente una variante anche degli elaborati grafici.
A motivazione di tale scelta sono state portate “la giustizia amministrativa … intervenuta con effetto demolitorio su alcune disposizioni, prima fra tutte quella contenuta nell’art. 45 co.6 delle NTA” e “le innovazioni legislative a livello regionale e nazionale”.
In termini di “metodo” non è accettabile la mancata variante anche degli elaborati grafici, se non altro per l’aggiunta dell’art. 35 bis che ha introdotto i tessuti T11 (“Nuclei isolati di recente realizzazione”) non identificabili senza una loro individuazione cartografica.
Ma un motivo in più per adottare una variante anche degli elaborati grafici era soprattutto dovuto per l’individuazione cartografica dei “piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati” prescritti dal comma 1-ter dell’art. 2-bis del D.P.R.n. 380 del 6 giugno 2001 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”), così come sostituito dalla lettera a) del 1° comma dell’art. 10 della legge n. 120 del 2020: dispone che “nelle zone omogenee A ….., nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela”.
Allo stesso riguardo la lettera d) del 1° comma del successivo art. 3, così come modificato da ultimo dal comma 1-ter dell’art. 14 della legge n. 91 del 2022, prescrive che “rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articolo 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.
Come Responsabile allora del Circolo Territoriale di Roma dell’associazione “Verdi Ambiente e Società” (V.A.S.) ho trasmesso al Sindaco ed all’assessore all’urbanistica la nota prot. n. 50 del 29 novembre 2022, con cui ho fatto presente che “in attuazione delle suddette disposizioni le SS. LL possono far adottare dalla Giunta Capitolina una proposta di deliberazione da sottoporre alla approvazione della Assemblea Capitolina come Variante Generale per individuare ai fini della rigenerazione urbana i “piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati” non solo del centro storico di Roma, ma anche del resto del territorio comunale.”
Nota VAS prot. n. 50 del 29 novembre 2021
In attuazione delle suddette disposizioni la Giunta Capitolina avrebbe dovuto adottare una proposta di deliberazione da sottoporre alla approvazione della Assemblea Capitolina come Variante Generale anche cartografica per individuare ai fini della rigenerazione urbana i “piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati” all’interno delle zone territoriali omogenee A, che ai sensi della lettera a) del 1° comma dell’art. 107 delle vigenti Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. sono classificate come tali “le componenti della Città storica, salvo gli Ambiti di valorizzazione”.
Le “componenti” della città storica sono individuate dai tessuti da T1 a T10 (artt. da n. 24 a n. 42 della NTA del PRG).
Ai fini della rigenerazione urbana la Variante Generale avrebbe potuto essere estesa anche del resto del territorio comunale.
La proposta della Giunta Capitolina si limita invece a modificare parzialmente soltanto le Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. del Comune di Roma, senza modificare contestualmente anche gli elaborati grafici: in tal modo consente all’iniziativa privata una totale libertà di scelta soprattutto sulle aree in cui applicare in particolar modo la rigenerazione urbana.
A tal ultimo riguardo nelle premesse della proposta di deliberazione viene fatta la seguente affermazione: “la tendenza attuale attribuisce alla rigenerazione urbana, o meglio alle varie attività che possono essere ricondotte a tale definizione, un ruolo strategico e propulsivo nei confronti di una domanda di trasformazione crescente e diffusa e non sempre facilmente intercettabile, che richiede un approccio integrato di diverse politiche settoriali e nuovi strumenti, in grado di recepire e valorizzare le istanze provenienti dai territori, riconnettendo le ragioni della sostenibilità, dell’equità e del rafforzamento del capitale sociale con la scarsità delle risorse economiche disponibili e la tipicità delle procedure della Pubblica Amministrazione”.
Più avanti nelle premesse viene specificato che una delle finalità della variante si può sintetizzare nella “maggiore flessibilità dello strumento di pianificazione al fine di facilitarne la sua applicazione anche per favorire processi di rigenerazione”.
Ne deriva che con la sola modifica delle N.T.A. del PRG si vuole soprattutto soddisfare in modo dichiarato la domanda di trasformazione crescente dei costruttori, consentendo la rigenerazione urbana anche nella città storica, ma in violazione palese dei suddetti articoli 2-bis e 3 del DPR n. 380/2001.
Riguardo alla città storica viene integrato il comma 3 dell’art. 24 delle N.T.A. con l’aggiunta del seguente testo finale: “Le componenti comprese nella Città storica sono “Zone di recupero del patrimonio edilizio esistente”, ai sensi dell’art. 27, legge n. 457/1978.”
In aperta violazione dell’art. 3 del DPR n. 380/2001 appare la sostituzione del testo del comma 2 di tutti gli articoli dedicati ai tessuti (da 26 a 42), secondo la cui lettera a) “per le finalità di ripristino, sono consentite le necessarie e conseguenti variazioni di sagoma e sedime”, che il D.P.R. 380/2001 impone invece di mantenere.
La stessa violazione è ravvisabile nelle lettere e) del 2° comma degli articoli 31, 32, 33 e 34 delle N.T.A., dove la norma statale viene “interpretata”, dal momento che si parla di “aumento di Vft fino al 10%, finalizzata ad una migliore configurazione architettonica in rapporto al contesto – con riguardo ai piani specializzati (piani-terra, piani atipici intermedi, coronamenti)”.
Anche nella successiva lettera f) del 2° comma degli articoli 31, 32, e 33 delle N.T.A. è ravvisabile la stessa violazione, dal momento che si parla invece di “aumento di SUL e Vft”.
Alla lettera b) del 3° comma dell’art. 31 delle N.T.A. si parla di “volumi demoliti … recuperati attraverso: una diversa sagoma dei nuovi edifici”.
Nella successiva lettera c) del 3° comma dell’art. 31 delle N.T.A. si parla di “variazioni di sagoma e prospetti.”
Una conferma ulteriore del privilegio dato all’iniziativa privata sempre nella città storica viene dalle strutture alberghiere (commi 14 e 15 dell’art. 25 delle N.T.A.), dove si elimina il vincolo di 60 posti letto massimi e si favorisce la conversione degli immobili che abbiano il 70% della struttura adibito ad attività di affittacamere o case vacanze in strutture alberghiere al fine di fornire una diversificazione dell’offerta di ricettività, con la finalità di innalzarne la qualità.
Rilievi ulteriori vanno portati alla seguente normativa che agevola di fatto i costruttori.
Secondo la modifica che si vuole apportare al 2° comma dell’art. 21 (relativo agli “Incentivi per il rinnovo edilizio”) “la quota eccedente di SUL, se non localizzabile in situ con soddisfacente soluzione progettuale, può essere trasferita su proposta del soggetto proponente ovvero in mancanza di localizzazione può essere trascritta nel Registro dei crediti edilizi. In caso di trasferimento, ai fini della quantificazione della SUL premiale, si applica il criterio dell’equivalenza economica”.
Non prevede il caso della demolizione di un edifico sito nella città storica e la sua ricostruzione al di fuori della città storica, di cui si parla più avanti in abbinamento anche ai criteri ed alle modalità di perequazione, disciplinati al Capo 4°.
La possibilità di perequazione è estesa anche agli “Edifici abbandonati e degradati”, disciplinati dall’art. 21-bis, per i quali si prevede un aumento delle volumetrie generalizzato, senza escludere la città storica.
Secondo il successivo art. 21-ter (dedicato al “Registro dei crediti edilizi”) “Roma Capitale istituisce il Registro dei crediti edilizi dove annota le informazioni dei crediti edilizi generati e utilizzati nel territorio a seguito della realizzazione degli interventi”.
Si prevede la registrazione dei crediti edilizi, senza prescriverne una realizzazione contestuale agli interventi che li hanno generati: in tal modo si consente ai costruttori di prendersi il tempo che serve per scegliere un’area dove realizzarli sfruttando la massima rendita di posizione.
Se il credito edilizio deriva dalla demolizione di un edifico sito nella città storica, la sua ricostruzione potrebbe avvenire anche in aree al di fuori della città storica, sfruttando magari i premi di cubatura consentiti in tali aree, bypassando così per di più l’obbligo esistente per la città storica di mantenere invece gli stessi volumi.
Nella nota prot. n. 50 del 29 novembre 2022 avevo fatto altresì presente che “ai sensi del 3° comma dell’art. 86 del D.Lgs. n. 259 del 1 agosto 2003 (“Codice della comunicazioni elettroniche”) gli impianti di telefonia mobile sono stati qualificati come opere di urbanizzazione primaria: ne consegue allora che viene data ad essi la valenza di un servizio pubblico generale, per cui questo tipo di impianti rientra nel campo dell’Urbanistica e spetta quindi anche al Comune di Roma il compito di una loro pianificazione che assicuri la ricezione delle comunicazioni da ogni parte del territorio della Capitale.
Il comma 6 dell’art. 8 della legge n. 36 del 22 febbraio 2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”) consente ai Comuni di adottare un Regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
Le SS.LL possono far adottare dalla Giunta Capitolina una proposta di deliberazione da sottoporre alla approvazione della Assemblea Capitolina anche e soprattutto come apposita Variante Generale del P.R.G. con la finalità non solo di pianificare le aree da destinare alla rigenerazione urbana, ma anche di dare la possibilità di installare su traliccio anche più impianti di telefonia mobile, individuando tutte le aree che si renderanno necessarie per garantire la trasmissione delle comunicazioni sull’intero territorio cittadino.
Una pianificazione di settore del genere deve puntare ad individuare nella maniera più generale possibile le aree pubbliche su cui il Comune consentirà l’istallazione anche di più impianti di telefonia mobile a tutte quelle società di telecomunicazione che si aggiudicheranno gli appositi bandi di gara indetti dalla amministrazione capitolina: per tutte le eventuali rimanenti aree di proprietà privata verrà impartita una specifica disciplina volta a dettare prioritariamente le regole a garanzia sempre di un servizio pubblico.
In tal modo si tutela meglio il decoro della Capitale ed in particolare del suo centro storico dalla giungla delle antenne sui tetti e si assicura al tempo stesso soprattutto la salute dei cittadini dall’inquinamento elettromagnetico.”
Alla suddetta nota non è stato dato alcun seguito, né si è proceduto ad una variante degli elaborati grafici: la variante della N.T.A. mantiene pressoché invariato il testo dell’art. 105 dedicato alle “Reti e impianti radiotelevisivi e della telefonia mobile”, consentendo alle ditte di installare a loro piacimento gli impianti di telefonia mobile.