Sul corretto rapporto che ci dovrebbe essere tra il rispetto del paesaggio e l’installazione di pannelli fotovoltaici in zona agricola è nato un contenzioso sul documento “paesaggi rinnovabili” sottoscritto il 25 ottobre 2022 da F.A.I., Legambiente e WWF che hanno avanzato 12 proposte per mettere insieme lo sviluppo dell’infrastruttura per le energie rinnovabili e la tutela del paesaggio italiano (vedi https://www.vasroma.it/paesaggi-rinnovabili-12-proposte-per-una-giusta-transizione-energetica/).
Il documento si pone in contrasto con le posizioni assunte da sempre da Italia Nostra, che antepone la tutela del paesaggio a quella dell’Ambiente, e dalle 16 associazioni ambientaliste e culturali storiche che a giugno del 2021 hanno costituito la Coalizione “Articolo 9”, in difesa del paesaggio e della biodiversità.
Il documento non è condiviso inoltre dal Gruppo d’Intervento Giuridico (vedi https://www.vasroma.it/il-territorio-non-e-un-banale-contenitore-per-centrali-da-fonti-rinnovabili/) e da Tomaso Montanari (vedi https://www.vasroma.it/ambiente-contro-paesaggio-anche-il-fai-cade-in-trappola/), oltre che dal Sottosegretario al Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi.
Si è reso quindi necessario fare il punto della situazione, mettendo in evidenza una serie di aspetti, che consentano di arrivare a dare una risposta concreta per coniugare armonicamente gli impianti rinnovabili con la tutela del paesaggio.
Come allora responsabile del Circolo Territoriale di Roma dell’associazione “Verdi Ambiente e Società” (V.A.S.) il 31 dicembre 2022 ho pubblicato un esaustivo dossier dal titolo “IL PAESAGGIO VIENE SEMPRE PRIMA DELL’AMBIENTE” (vedi https://www.vasroma.it/il-paesaggio-viene-sempre-prima-dellambiente/), in cui ho messo in evidenza che F.A.I., WWF e Legambiente sembrano ignorare il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” (emanato con D.Lgs n. 42 del 22 febbraio 2004) che al 2° comma dell’art. 143 prevede proprio la copianificazione tra Regioni e Ministero, avvenuta a tutt’oggi solo per 4 Regioni (Toscana, Puglia, Sardegna e Lazio) con la sola Regione Lazio ad individuare le aree non idonee alla installazione di pale eoliche ed impianti fotovoltaici.
Le suddette associazioni non considerano la pianificazione paesaggistica come l’unica “base” ineludibile per individuare le aree escluse dalla possibilità di installazione di pannelli fotovoltaici.
Il mio dossier si concludeva affermando che la risposta concreta per coniugare armonicamente gli impianti rinnovabili con la tutela del paesaggio sta proprio nell’assumere i “criteri” che si è dato al riguardo il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) del Lazio come “disciplina di tutela” obbligatoria da far rispettare a tutte le altre Regioni d’Italia nel rispettivo P.T.P.R., da redigere ed approvare entro e non oltre 6 mesi, a pena di essere subito dopo «approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro» per la Cultura (ai sensi del 3° comma dell’art. 156 del D.Lgs. n. 42/2004).
Ho scritto personalmente al sottosegretario al Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi, senza averne avuto a tutt’oggi risposta formale.
Anziché assumere i “criteri” che si è dato al riguardo il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) del Lazio come “disciplina di tutela” obbligatoria, il Governo ha intrapreso tutt’altra strada.
Nella giornata di ieri 13 luglio il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin ha trasmesso alla valutazione della Conferenza Unificata il “Decreto Aree Idonee” ad ospitare impianti di energia rinnovabile, «per la determinazione dei criteri con cui le Regioni devono individuarle».
Il decreto indica gli obiettivi minimi da raggiungere e compiti precisi sull’istallazione di pannelli solari e pale eoliche, puntualmente assegnati ad ogni Regione: saranno queste ultime ad individuare autonomamente dove farlo.
Nelle intenzioni del Governo il decreto è destinato a tagliare quasi a zero i tempi e la burocrazia necessaria per istallare pannelli solari, tempi e burocrazia che sarebbero stati invece oggettivamente azzerati con i Piani Territoriali Paesistici definitivamente approvati da tutte le Regioni: diversamente, la strada scelta dal Governo è soggetta a sicuri contenziosi con possibili ricorsi vincenti sia al TAR che al Consiglio di Stato.
Prima ancora di arrivare a questo, si è di nuovo aperto il contenzioso con le associazioni “rinnovabiliste” che hanno scritto all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in vista del prossimo rapporto sul consumo del suolo, atteso in autunno, contestando che annovera il fotovoltaico a terra tra le forme di consumo di suolo.
Ad aver sottoscritto la lettera sono state le seguenti associazioni ambientaliste: Legambiente, Wwf, Greenpeace, Cittadini per l’Italia Rinnovabile, Ecofuturo, Kyoto Club, Ecolobby, Rinascimento Green, R’Innova Palermo, Comitato Scientifico Extinction Rebellion, Associazione Giga, Coordinamento Free e Italia Solare.
A sottoscrivere la lettera è stato anche il Presidente di Verdi Ambiente Società (V.A.S.), che ha rinnegato la posizione espressa dal sottoscritto, dimessosi nel frattempo irrevocabilmente dall’associazione dallo scorso 1 giugno, proprio per divergenze ormai insanabili di cui questa adesione è una ennesima dimostrazione.
Secondo le suddette associazioni, tutte finalizzate quasi esclusivamente alla tutela dell’ambiente e non del paesaggio, «il fotovoltaico a terra non produce alcuna impermeabilizzazione del suolo, né alcun impoverimento di nutrienti, humus, biodiversità.
Non prevede l’impiego di cemento, non ha alcun impatto chimico né pregiudica, anche alla luce delle nuove opportunità garantite dall’agrivoltaico avanzato, l’utilizzo agricolo, anzi, è acclarato che consente il risparmio idrico e protegge gli insetti impollinatori dall’eccessiva insolazione.
Occupa senz’altro territorio, ma non lo consuma, al contrario lo preserva, in diversi casi, da usi ben peggiori».
A replicare alle suddette affermazioni sono state le associazioni ambientaliste che si riconoscono nella Coalizione Art. 9. (Altura, Amici della Terra, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, AssoTuscania, Centro Parchi Internazionale, Comitato Nazionale del Paesaggio, Emergenza Cultura, ENPA, Gruppo Ambiente e Territorio Mongrassano, Gruppo d’Intervento Giuridico (GRIG), Italia Nostra, L’Altritalia Ambiente AIA, Liberi Crinali, Memoria e Futuro, Mountain Wilderness, Movimento Azzurro, Pro Natura, Respiro Verde Legalberi, Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio, Salviamo l’orso OdV, Wilderness Italia).
Associazioni che hanno costituito la coalizione “Articolo 9”
Criticano anzitutto il mancato rispetto che si deve all’ISPRA, di cui va riconosciuta la terzietà.
Riguardo alla tesi che le rinnovabili preserverebbero il suolo “da usi ben peggiori”, fanno notare che, a parte l’assurdità di considerare ipotetici futuri usi peggiori un motivo per coprire il suolo con pannelli solari, esistono molti studi che dimostrano il contrario: solo per rimanere in Italia, uno studio dell’Università della Tuscia, pubblicato su Science Direct nel giugno del 2022 (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2352009422000207) ha paragonato le proprietà fisiche, chimiche e biologiche di un terreno coperto per 7 anni da pannelli fotovoltaici con uno limitrofo non coperto e i risultati attestano una variazione della fertilità del suolo con significativa riduzione della capacità di ritenzione idrica e della temperatura del suolo, oltre all’aumento della conducibilità elettrica (EC) e del pH.
Sotto i pannelli, la materia organica del suolo è stata drasticamente ridotta, inducendo una parallela diminuzione dell’attività microbica (valutata come respirazione o attività enzimatica) e della capacità di sequestro della CO2.
Ne consegue dunque una drastica riduzione dei servizi ecosistemici che le porzioni di suolo occupate per più anni dai pannelli fotovoltaici sono in grado di erogare: una futura riconversione ad uso agricolo potrebbe richiedere per giunta molto tempo e risorse.
L’Agenzia Europea dell’Ambiente definisce consumo di suolo non solo l’estensione di aree edificate ma anche quella dei terreni soggetti a sfruttamento, soprattutto intensivo, da parte dell’agricoltura, della silvicoltura o di altre attività economiche.
Una definizione che rimanda al concetto di “suolo naturale” che la copertura fotovoltaica compromette per decenni (vedi EEA Glossary).
Come si può pretendere che ISPRA venga meno alla definizione di consumo del suolo formulata ufficialmente dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, che è la “casa madre” delle agenzie di protezione ambientale dei paesi membri dell’Unione Europea?
Le 12 associazioni contestano anche che si possa fare a meno del fotovoltaico a terra per soddisfare il fabbisogno da energia rinnovabile, pur riconoscendo che le stime di ISPRA possano essere realistiche (cioè, la possibilità di raggiungere dai 70 ai 92 GW di nuova potenza fotovoltaica utilizzando le coperture esistenti).
Anche in questo caso ci sono molte evidenze che le stime di ISPRA siano corrette: un recente studio fatto dalla tech-company Cerved avrebbe individuato 110.000 tetti di stabilimenti industriali (censiti con indirizzo e ragione sociale) su cui si potrebbero installare pannelli fotovoltaici di grande taglia, che potrebbero produrre 30 GW di potenza, ovvero più della metà del target fissato al 2030 dal piano Fit For 55.
Nel ribadire la piena fiducia nella competenza e terzietà di ISPRA, Coalizione Art 9. richiama quanto già sollecitato da Coldiretti: che i titolari degli impianti realizzati sul suolo delle aziende agricole siano gli imprenditori agricoli stessi e non le aziende energetiche.
Coalizione Art. 9. è in favore dei pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni e delle abitazioni non gravate da vincoli di tutela e lungo le infrastrutture di comunicazione perché non compromettono l’ambiente, il paesaggio, la biodiversità e la sicurezza alimentare.
Un’ulteriore critica che mi sento personalmente di portare riguarda il Presidente del Coordinamento Free, Attilio Piattelli, secondo cui i pannelli «vanno progettati correttamente e in zone idonee».
Se si afferma che le rinnovabili vanno istallate solo in aree idonee, si sta implicitamente ammettendo che il consumo di territorio ci sarebbe in caso di installazione anche in zone non idonee.
C’è da vedere in conclusione quali saranno le aree che ogni Regione riterrà “idonee” alla installazione di pannelli fotovoltaici in zona agricola.
Penso che nessuno , sia pure Presidente, abbia titoli di decidere ed impegnare un collettivo su una scelta così impegnativa e comunque aggravante di un territorio agricolo. Grazie Rodolfo per averne parlato !