Tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione
Ai sensi del 2° comma dell’art. 9 della Costituzione la Repubblica Italiana <<tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione>>: la disciplina costituzionale innalza dunque a valore primario dell’ordinamento il valore estetico-culturale riferito anche alla forma del territorio, oltre che al patrimonio storico e artistico, e correlativamente impegna lo Stato e le Regioni a concorrere alla sua tutela e promozione.
Ma lo Stato Italiano aveva assunto l’impegno di tutelare le bellezze naturali ben prima di diventare una Repubblica.
tutela delle antichità e belle arti
Prima ancora della nascita della Repubblica, lo Stato italiano aveva già tutelato i monumenti che fanno parte del patrimonio storico ed artistico della Nazione: lo aveva fatto sotto il Regno d’Italia con la legge n. 364 del 1909 sulla tutela delle antichità e belle arti.
Tutela delle cose di interesse artistico e storico
Con la legge n. 1089 del 1 giugno 1939 è stata assorbita la legge n. 364/1909 e si è inteso assicurare la “Tutela delle cose di interesse artistico e storico”.
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali
Ai sensi dell’art. 1 della legge n. 352 dell’8 ottobre 1997 (relativo al “Testo unico delle norme in materia di beni culturali”) <<il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico nel quale siano riunite e coordinate tutte le disposizioni legislative vigenti in materia di beni culturali e ambientali. Con l’entrata in vigore del testo unico sono abrogate tutte le disposizioni che il Governo indica in allegato al medesimo testo unico>>.
È stata così abrogata la legge n. 1089/1939 ai sensi dell’art. 166 del Decreto Legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999, con cui è stato emanato il “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352”.
Il “Testo Unico” costituisce pertanto un lavoro di riordino ed unificazione di tutta la normativa vigente in materia alla data del 31 ottobre 1998, senza possibilità alcuna di innovare la disciplina.
Il “Testo Unico” è entrato in vigore l’11 gennaio 2000 ed è rimasto valido fino al 31 aprile 2004, perché è stato a sua volta abrogato ai sensi dell’art. 184 del Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, entrato in vigore dal 1 maggio 2004.
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
Ai sensi della legge n. 137 del 6 luglio 2002 (recante “Delega per la riforma dell’organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici”), 1° comma dell’art. 10 (relativo alla “Delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sort, proprietà letteraria e diritto d’autore”), <<il Governo è delegato ad adottate, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e, limitatamente alla lettera a), la codificazione delle disposizioni legislative in materia di: a) beni culturali e ambientali>>.
Sulla base della delega suddetta con Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, che è entrato in vigore dal 1 maggio 2004 subentrando al “Testo Unico” abrogato dall’art. 184 del medesimo “Codice”.
Il “Codice” è stato poi aggiornato in particolare con le <<Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali.>> emanate con Decreto legislativo n. 62 del 26 marzo 2008 (GU n. 84 del 9-4-2008 ) nonché con le <<Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio>> emanate con Decreto legislativo n. 63 del 26 marzo 2008 (GU n. 84 del 9-4-2008 ).
La riforma si muove anche nella scia prodotta dalla intervenuta modifica costituzionale della parte seconda della Costituzione nel suo titolo V°.
Il cosiddetto “Codice Urbani”, dal nome del ministro responsabile della riforma (On. Giuliano Urbani), supera il lavoro meramente compilativo e di razionalizzazione formale che aveva caratterizzato il “Testo Unico” del 1999, distinguendosi da quel precedente lavoro di riordino ed unificazione, con un vero e proprio riassetto delle disposizioni normative in materia.
La parte seconda del “Codice” è interamente dedicata ai “Beni culturali”, che ai sensi del 1° comma dell’art. 10 sono identificabili nelle “cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”.
Ai sensi del successivo 3° comma “Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13:
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;
b) …;
c) ….. ;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze
dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose”.
Ai sensi del 4° comma “Sono comprese tra le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettera a):
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) … ;
c) … ;
d) … ;
e) … ;
f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
i) … ;
l) le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale.
In conclusione i beni culturali si contrappongono, per definizione, ai “beni naturali” in quanto questi ultimi ci sono offerti dalla natura, mentre i primi sono il prodotto della cultura dell’essere umano.