Tutela del paesaggio e delle sue componenti
Ai sensi del 2° comma dell’art. 9 della Costituzione la Repubblica Italiana <<tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione>>: la disciplina costituzionale innalza dunque a valore primario dell’ordinamento il valore estetico-culturale riferito anche alla forma del territorio, oltre che al patrimonio storico e artistico, e correlativamente impegna lo Stato e le Regioni a concorrere alla sua tutela e promozione.
Ma lo Stato Italiano aveva assunto l’impegno di tutelare le bellezze naturali ben prima di diventare una Repubblica.
Protezione delle bellezze naturali
La protezione delle “bellezze naturali” è stata disciplinata inizialmente con la legge n. 688 del 23 giugno 1912, che ha esteso la tutela di cui alla legge n. 364/1909 (concernente la tutela delle cose d’antichità e d’arte) alle ville, ai giardini ed ai parchi che avessero interesse storico o artistico.
Le bellezze panoramiche sono state invece tutelate per la 1° volta con la legge n. 778 dell’11 giugno 1922, che ha stabilito una assonanza tra “paesaggio” e “bellezze naturali”, distinguendo queste ultime in “bellezze individue” e “bellezze d’insieme”.
La legge n. 1497 del 29 giugno 1939, concernente la “Protezione delle bellezze naturali”, ha disciplinato in maniera organica la tutela del paesaggio, tenendo ferma la distinzione nelle due categorie di “bellezze individue” e “bellezze d’insieme”.
Per quest’ultime il vincolo paesistico di tutela si perfeziona (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2) nel momento in cui una apposita Commissione Provinciale predispone la “dichiarazione di notevole interesse pubblico” di una determinata località e la inserisce nell’elenco che viene poi pubblicato all’Albo dei Comuni interessati.
La legge non prevede dunque la notifica del provvedimento di vincolo ai diretti interessati né la trascrizione: nella pratica poi divenuta più corrente, alla pubblicazione dell’elenco delle località dichiarate di notevole interesse pubblico segue la imposizione vera e propria del vincolo, emanato dapprima con apposito decreto del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali (ora per i Beni e le Attività Culturali) e poi, dopo l’avvento delle Regioni, anche con specifica deliberazione della Giunta Regionale.
In base all’art. 5 della legge 1497/39 <<delle vaste località incluse nell’elenco … il Ministro per l’educazione nazionale (ora la Regione, n.d.r.) ha facoltà di disporre un piano territoriale paesistico, da redigersi secondo le norme dettate dal regolamento”: con Regio Decreto n. 1357 del 3 giugno 1940 è stato emanato il “Regolamento” per l’applicazione della legge 1497/39.
Secondo l’art. 23 del suddetto R. D. n. 1357/1940 <<i piani territoriali paesistici di cui all’art. 5 della legge hanno il fine di stabilire:
1) le zone di rispetto;
2) il rapporto tra aree libere e aree fabbricabili in ciascuna delle diverse zone della località;
3) le norme per i diversi tipi di costruzione;
4) la distribuzione e il vario allineamento dei fabbricati;
5) le istruzioni per la scelta e la varia distribuzione della flora>>.
La facoltà di redigere Piani Territoriali Paesistici (in sigla P.T.P.) non è stata sfruttata né per tutto il periodo del Regno d’Italia né in seguito, con l’avvento della Repubblica, nemmeno dopo la delega alle Regioni in materia di tutela e pianificazione paesistica operata ai sensi dell’art. 82 del D.P.R. n. 616 del del 24 luglio 1977.
Tutela dei cosiddetti “beni ambientali diffusi”
Con la legge n. 431/1985, cosiddetta “Galasso”dal nome del Ministro che l’ha proposta, è stata introdotta l’obbligatorietà della pianificazione paesistica, ai sensi dell’art. 1 bis, secondo il quale <<con riferimento ai beni e alle aree elencati dal quinto comma dell’art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come introdotto dal precedente art. 1, le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso e valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, da approvarsi entro il 31 dicembre 1986>>.
La legge è nata come un atto amministrativo, il Decreto Ministeriale 21 settembre 1984, con cui si sottoponeva a tutela paesistica, ai sensi della legge n. 1497/39, una serie di beni individuati per “categorie” ed elencati all’art. 1 dello stesso decreto, che è stato però impugnato presso il Tribunale Ammnistrativo Regionale (TAR) del Lazio ed annullato con sentenza n. 1548 del 21 maggio 1985.
Per parare gli esiti dell’annullamento, i contenuti del decreto sono stati riproposti nel Decreto-Legge n. 312 del 27 giugno 1985, poi convertito nella legge n. 431 dell’8 agosto 1985
L’art. 1 della legge n. 431/1985 elenca i “beni” e le “aree” che sono sottoposti automaticamente, ope legis, a vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/1939 e che sono stati aggiunti come 5° comma dell’art. 82 del D.P.R. n. 616/1977. Sono i seguenti:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di rispetto di 150 metri ciascuna;
d) le montagne per la parte eccedente 1600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
e) i ghiacciai e i circhi glaciali;
f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) le zone umide incluse nell’elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976 n. 448 (vedi Convenzione di Ramsar al successivo par. 2.2.1);
l) i vulcani;
m) le zone di interesse archeologico.
Si tratta in sostanza degli elementi costitutivi del paesaggio, che proprio per tali motivi sono stati denominati “beni ambientali diffusi” e che rappresentano anche le componenti base degli habitat faunistici (specie i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua, i territori contermini ai laghi ed i territori coperti da foreste e da boschi).
Mentre per i cosiddetti vincoli “decretati” al provvedimento di imposizione del vincolo (decreto ministeriale o deliberazione della Giunta Regionale) viene sempre allegata una planimetria che riporta la perimetrazione esatta della porzione di territorio dichiarata di notevole interesse pubblico, entro cui il vincolo è chiaramente individuato, i particolari vincoli paesaggistici imposti automaticamente con la legge n. 431/1985, sulla base di una semplice loro definizione giuridica fornita dal legislatore, per esplicare i loro effetti giuridici sul territorio hanno bisogno della loro determinazione spaziale, vale a dire dei confini fisici entro cui vengono ad essere individuati e quindi imposti i vincoli: ne deriva la necessità di una <<graficizzazione dei beni diffusi di cui all’articolo 1 della l. 431/1985>>, come peraltro rilevato anche dalla legislazione regionale.
La tutela dei suddetti vincoli paesaggistici è stata fin qui assicurata per lo più dalla classificazione per “zone di rispetto” (o “zone di tutela”) stabilita dal relativo Piano Territoriale Paesistico (in sigla P.T.P.): in futuro verrà assicurata dal “Piano Paesaggistico” (così come denominato e previsto dal “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” entrato in vigore con il D. Lgs. n. 42 del 22.1.2004), di cui si dirà più avanti al par. 2.1.1.5.
Per i vincoli relativi ad alcuni dei “beni diffusi” elencati all’art. 1 della legge n. 431/1985 (come ad es. le coste dei mari e dei laghi, le sponde dei corsi d’acqua pubblici e gli stessi parchi), non ci sarebbe bisogno della loro individuazione fisico-spaziale graficizzata su un apposito elaborato dei Piani Territoriali Paesistici (in sigla P.T.P.), dal momento che per essi il legislatore ha predeterminato nella loro definizione le dimensioni territoriali (300 metri per le coste dei mari e dei laghi, 150 metri per ogni sponda dei corsi d’acqua pubblici, perimetrazione provvisoria dei parchi, così come stabilita nel provvedimento di loro istituzione).
Per gli altri vincoli dei “beni diffusi” non altrimenti individuabili immediatamente sul territorio, ivi compresi “i territori di protezione esterna dei parchi”, è comunque necessario provvedere alla loro individuazione fisico-spaziale attraverso una graficizzazione dei relativi confini entro cui va imposto il vincolo, in assenza dei quali il vincolo medesimo non può produrre i suoi effetti giuridici.
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali
Ai sensi dell’art. 1 della legge n. 352 dell’8 ottobre 1997 (relativo al “Testo unico delle norme in materia di beni culturali”) <<il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico nel quale siano riunite e coordinate tutte le disposizioni legislative vigenti in materia di beni culturali e ambientali. Con l’entrata in vigore del testo unico sono abrogate tutte le disposizioni che il Governo indica in allegato al medesimo testo unico>>.
Sono state così abrogate sia la legge n. 1497/39 che la legge n. 431/85 ai sensi dell’art. 166 del Decreto Legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999, con cui è stato emanato il “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352”.
Il “Testo Unico” costituisce pertanto un lavoro di riordino ed unificazione di tutta la normativa vigente in materia alla data del 31 ottobre 1998, senza possibilità alcuna di innovare la disciplina.
L’art. 149 ribadisce pertanto la possibilità per le Regioni di tutelare i “beni ambientali” mediante la redazione di Piani Territoriali Paesistici o di Piani Urbanistico-Territoriali.
Il “Testo Unico” è entrato in vigore l’11 gennaio 2000 ed è rimasto valido fino al 31 aprile 2004, perché è stato a sua volta abrogato ai sensi dell’art. 184 del Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, entrato in vigore dal 1 maggio 2004.
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
Ai sensi della legge n. 137 del 6 luglio 2002 (recante “Delega per la riforma dell’organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici”), 1° comma dell’art. 10 (relativo alla “Delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sort, proprietà letteraria e diritto d’autore”), <<il Governo è delegato ad adottate, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e, limitatamente alla lettera a), la codificazione delle disposizioni legislative in materia di: a) beni culturali e ambientali>>.
Sulla base della delega suddetta con Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, che è entrato in vigore dal 1 maggio 2004 subentrando al “Testo Unico” abrogato dall’art. 184 del medesimo “Codice”.
Il “Codice” è stato poi aggiornato in particolare con le <<Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali.>> emanate con Decreto legislativo n. 62 del 26 marzo 2008 (GU n. 84 del 9-4-2008 ) nonché con le <<Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio>> emanate con Decreto legislativo n. 63 del 26 marzo 2008 (GU n. 84 del 9-4-2008 ).
La riforma si muove anche nella scia prodotta dalla intervenuta modifica costituzionale della parte seconda della Costituzione nel suo titolo V°.
Il cosiddetto “Codice Urbani”, dal nome del ministro responsabile della riforma (On. Giuliano Urbani), supera il lavoro meramente compilativo e di razionalizzazione formale che aveva caratterizzato il “Testo Unico” del 1999, distinguendosi da quel precedente lavoro di riordino ed unificazione, con un vero e proprio riassetto delle disposizioni normative in materia.
Secondo il 1° comma dell’art. 131 del “Codice” <<per paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni>>: per un opportuno confronto si ricorda che alla lettera a) dell’art. 2 della Convenzione Europea del Paesaggio il “Paesaggio” viene definito quale <<determinata parte del territorio, così come percepita dalla popolazione, il cui carattere deriva dalle azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni>>.
Come si vede, di diverso nel “Codice” c’è la “omogeneità” della parte di territorio che va intesa come “paesaggio”, ma non così come percepita dalla popolazione.
La parte terza del “Codice” è interamente dedicata ai “Beni paesaggistici”: il capo II riguarda la “individuazione dei beni paesaggistici” che ai sensi dell’art. 136 sono soggetti a vincolo e sono i seguenti:
a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;
b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;
d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.