Gianni Berengo Gardin
«Non mi è simpatico, ma Luigi Brugnaro mi ha fatto un grande piacere. Grazie a lui della mia mostra si è parlato in tutto il mondo: Guardian, El Paìs, New York Times. Senza di lui, l’avrebbero vista al massimo duecento persone».
Il grande fotografo Gianni Berengo Gardin torna a parlare delle sua mostra Venezia e le grandi navi, della censura del Comune, delle parole del sindaco.
Lo fa nel giorno in cui è stata ufficializzata la rinuncia a Palazzo Ducale, lo spazio pubblico cui aveva offerto i propri scatti.
Una rottura dovuta proprio all’opposizione di Brugnaro.
La mostra, che verrà inaugurata il 22 ottobre, si terrà in uno spazio poco distante gestito dal Fai: le Officine Olivetti [si tratta in realtà del negozio Olivetti in Piazza San Marco, l’eccezionale opera di Carlo Scarpa n.d.r.].
«Il sindaco – racconta Berengo Gardin – mi ha definito sfigato, intellettuale da strapazzo, perfino intoccabile. Quasi mi ha lusingato, non sapevo di essere un intoccabile. Dopo la sua opposizione alla mostra mi hanno chiamato in tanti, anche da fuori Venezia. Ringrazio chi, come Roberto Koch e Alessandra Mauro della Fondazione Forma, hanno affrontato questa situazione difficile. E tutti quelli che si sono spesi per la mia mostra: Adriano Celentano, certo, ma anche centinaia di cittadini».
Perché ha scelto di raccontare le Grandi Navi?
«La molla è scattata circa tre anni fa, quando ne ho vista una per la prima volta. Ero in Piazza San Marco di sera, al tramonto. Ho visto questa cosa enorme e sono inorridito: sembrava un cartone animato, Disneyland, tutto ma non Venezia. Anche se per caso sono nato in Liguria, mi sento veneziano. Il sindaco dice che ho denigrato la città, ma è lì che ho vissuto trent’anni e su Venezia ho fatto otto libri.»
Come si fotografa una nave da 90 mila tonnellate?
«Il sindaco ha detto pure che avrei usato un teleobiettivo (lente fotografica che fa apparire gli oggetti più grandi, ndr), ma non è vero. Al contrario, la maggior parte le ho scattate con un grandangolo: quelle navi sono talmente grandi che altrimenti non sarebbero entrate. In vita mia ho fatto 1,5 milioni di foto e non ho mai usato trucchi.»
Intanto il Comune, con l’appoggio del Pd cittadino, sembra avere scelto un nuovo percorso: il canale Vittorio Emanuele. Così le navi da crociera non passeranno dal centro, ma resteranno in laguna.
«Io ho fatto delle foto di denuncia, non sta a me trovare una soluzione. Non sono contro le navi in sé, ma l’inquinamento e il rischio che producono passando in centro, per il canale della Giudecca e San Marco, sono enormi. So però che tutti gli amici del comitato No grandi navi sono preoccupati delle ricadute per la laguna.»
L’anno scorso Venezia è stata visitata da 27 milioni di turisti, eppure si continua a cercarne di nuovi. Che città è diventata?
«Mi sembra evidente che c’è un inquinamento da eccesso di turismo. Ci sono troppi turisti che arrivano la mattina e ripartono la sera: alla città non portano nulla se non confusione. Ecco, ho un progetto un nuovo libro su Venezia, ma totalmente diverso rispetto a questa mostra. Non posso svelare molto, ma racconterà una Venezia positiva, bella. Una Venezia che non c’è più.»
Se il sindaco la chiamasse, cosa gli direbbe?
«Buongiorno, per educazione. Ma subito dopo dovrei aggiungere: “Non ho piacere di parlare con lei”.»
(Articolo di Gianni Berengo Gardin, pubblicato con questo titolo il 14 settembre 2015 su “Il Fatto Quotidiano”)