Articolo di Silvio Testa pubblicato con questo titolo l’8 febbario 2015 su “La Nuova Venezia”.
Silvio Testa è autore dei saggi: E le chiamano navi e Invertire la rotta, nella collana “Occhi aperti su Venezia“, Corte del fòntego editore
Silvio Testa
La iattanza e la sicumera con le quali il presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Costa, commenta le 27 pagine della commissione nazionale di Valutazione di impatto ambientale che, secondo gli ottimisti, affosserebbero il progetto di scavo del Contorta Sant’Angelo, dovrebbero invece mettere sul chi vive gli oppositori, e soprattutto coloro che non hanno perso la memoria delle vicende veneziane.
Costa garantisce che in 30 giorni risponderà ai quesiti “tombali” della Commissione Via, la quale, del resto, ha dato allo stesso Costa proprio 30 giorni per inviare le proprie integrazioni.
Ma come?
Se solo per la caratterizzazione dei fanghi secondo gli esperti ci vorranno almeno 4-5 anni?
Qualcosa non torna e Maria Rosa Vittadini, già presidente di quella commissione Via che nel 1999 bocciò il Mose, lo ha lucidamente messo in evidenza in un incontro pubblico.
La commissione politicamente non ha potuto bocciare lo scavo del Contorta, ma si è salvata l’anima con una procedura che, pur mettendo in evidenza tutte le criticità, le debolezze, le sciatterie di un progetto devastante, alla fine lo promuoverà.
È come se la commissione avesse detto a Costa che il suo progetto fa acqua da tutte le parti e nel contempo gli avesse dato le precise indicazioni su come tamponare i buchi, e il termine dei 30 giorni serve proprio al Porto solo per garantire che ottempererà alle prescrizioni.
In altre parole, tra un mese, cioè in quel marzo già indicato dal ministro Lupi come termine ultimo per l’approvazione del progetto, la commissione Via darà il suo sì, condizionandolo a centomila punti, ma intanto il passo più importante sarà stato fatto e alcuni lavori potranno partire.
Non c’è chi in questo scenario non possa rivedere la vicenda degli undici punti che nel 2003 portarono al Mose.
Dovevano essere condizioni “tombali”, ma passarono presto nel dimenticatoio dopo che il sindaco Costa, sì, sempre lui, svendette la città al Consorzio Venezia Nuova, senza che nessuno, e in particolare quel polo rossoverde che si diceva paladino dell’ambiente, muovesse foglia.
Le parole furono tante, certo, ma nella sostanza tutti se ne fecero una ragione per perpetuare quel blocco di mero potere che da 25 anni governa la città e che, atto dopo atto, delibera dopo delibera, l’ha portata alla Disneyland di oggi, sempre con gli stessi protagonisti di allora, sottoscrittori di ogni provvedimento.
Vedrete che sarà così anche dopo i cento punti del Contorta: in qualche modo ingoieranno anche quello per non perdere il potere garantito da Ca’ Farsetti: la corda si tira ma non si rompe mai.