La pubblicità ha radici antiche, almeno sotto forma di propaganda; a Pompei si possono leggere ancora oggi delle scritte, sui muri delle case romane distrutte dal vulcano nel 79 d.C., che invitano i passanti a votare per un certo candidato alle elezioni.
Il primo annuncio pubblicitario successivo all’invenzione della stampa risale al 1630 ed è apparso su un giornale dell’epoca: si trattava di una semplice inserzione che richiamava il nome del prodotto.
Con la rivoluzione industriale e l’aumento della produzione di merci si è imposto poi il modello pubblicitario che tutti noi conosciamo: il prodotto di una scienza che usa tecniche raffinate e si avvale dell’apporto di psicologi, artisti, disegnatori e registi famosi.
È un fenomeno che coinvolge masse enormi di persone ed è un’industria che investe ingenti capitali, impiega intelligenze sopraffine e dà lavoro a milioni di persone.
strutture di controllo della pubblicità e delle ricerche di mercato
Ogni anno le aziende investono cifre cospicue nella pubblicità e nelle ricerche di mercato.
Se le aziende che non curano direttamente la propria pubblicità vogliono ottenere dei risultati il più possibile efficaci, devono rivolgersi ad agenzie di consulenza: a loro volta le agenzie di consulenza, per offrire al committente la garanzia che le soluzioni da loro proposte siano rispettose delle leggi, si sono riunite nelle due seguenti associazioni: lo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria), che è nato nel 1966, e l’ASSIRM (Associazione tra Istituti per le Ricerche di Mercato) che è nata a Milano nel novembre del 1991 e che rappresenta attualmente 42 fra i maggiori Istituti italiani di ricerche di mercato, sondaggi di opinione, ricerca sociale.
C’è poi l’AGCM (Autorità garante della Concorrenza e del Mercato), nota anche come ANTITRUST, che è una “Autorità indipendente” istituita dalla legge n. 287 del 10 ottobre 1990 (“Norme per la tutela della concorrenza e del mercato“).
Con il termine Autorità indipendente si fa riferimento a un’amministrazione pubblica che prende le proprie decisioni sulla base della legge, senza possibilità di ingerenze da parte del Governo né di altri organi della rappresentanza politica.
Essa ha anche competenze in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, così come stabilito dalla Sezione I del decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005, modificato dal decreto legislativo n. 67 del 25 febbraio 2000 e dalla legge 6 aprile 2005 n. 49, emanati in attuazione di Direttive comunitarie e in materia di conflitti di interesse, come stabilito dalla legge n. 215 del 20 luglio 2004.
Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria
Nel 1951 l’UPA (Utenti di Pubblicità Associati) ha proposto un “Codice morale della pubblicità”: ad esso nel 1952 ha fatto seguito un nuovo codice proposto dalla FIP (Federazione Italiana di Pubblicità).
Entrambi questi codici hanno avuto però un’applicazione praticamente nulla.
Nel 1966, per l’esigenza di operare un’autodisciplina del settore, che era emersa già durante il VII congresso pubblicità (1963), sono state introdotte le regole del CAP (Codice di Autodisciplina Pubblicitaria), ispirato al “Codice delle pratiche leali in materia di pubblicità” varato dalla Camera di Commercio Internazionale nel lontano 1937, con lo scopo di agire affinché la pubblicità sia onesta, veritiera, corretta e realizzata nell’interesse generale: ne fanno parte le principali associazioni di utenti, professionisti e mezzi pubblicitari (stampa, radiotelevisione, cinema, affissioni…) ed è quindi riconosciuto da molteplici associazioni di operatori del settore: UPA, FIP, FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), RAI, SIPRA, ecc. : in pratica la quasi completa generalità degli operatori italiani del settore.
Nel corso del tempo, il Codice italiano è stato costantemente aggiornato e affinato con l’intento di “assicurare che la pubblicità nello svolgimento del suo ruolo venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore”: l’edizione 2013 è la 57a.
Le norme autodisciplinari prevedono il divieto di ogni forma di pubblicità ingannevole, cioè ”tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti”.
Il divieto è esteso anche alla pubblicità occulta: l’articolo 7 precisa che “la pubblicità deve essere sempre riconoscibile come tale. Nei mezzi in cui, oltre la pubblicità, vengono comunicati al pubblico informazioni e contenuti di altro genere, la pubblicità inserita deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti”.
Un’importante funzione dell’Istituto è il compito educativo e dissuasivo che esercita sugli operatori pubblicitari associati, cercando di prevenire la diffusione di messaggi non conformi ai principi del Codice.
Alcuni media non vi aderiscono e quindi non sono vincolati a rispettarlo.
Il CAP dunque “è vincolante per aziende che investono in pubblicità, agenzie, consulenti pubblicitari, mezzi di diffusione della pubblicità, le loro concessionarie e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di pubblicità.“
Le norme del Codice di autodisciplina sono accolte come usi e consuetudini commerciali da numerose Camere di Commercio e sono state riconosciute anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 1529 del 15 febbraio 1999 come validi parametri di valutazione del principio della correttezza professionale in campo pubblicitario, in quanto espressione di quel dover essere dei comportamenti (inteso come il costume professionale e commerciale eticamente qualificato) alla cui tutela è finalizzato il punto 3) del 1° comma dell’art. l’articolo 2598 del Codice Civile.
Il codice di autodisciplina è una “legge” il cui scopo è di “assicurare che la pubblicità, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per l’informazione del pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore. Il Codice assicura quindi che la pubblicità sia onesta, veritiera e corretta”.
Dunque, il CAP è la “legge” e la “magistratura” interna, che è incaricata di reprimere chi lo vìola, si compone di due organi:
- il Comitato di controllo, con un ruolo inquirente simile a quello di un pubblico ministero;
- il Giurì, con funzione giudicante.
il Comitato di controllo:
- su segnalazione di consumatori, di loro associazioni, o direttamente in funzione del monitoraggio svolto dai componenti del Comitato medesimo e dalla Segreteria dell’Istituto, sottopone al Giurì la pubblicità ritenuta non conforme alle norme del Codice che tutelano il consumatore e la pubblicità;
- può invitare in via preventiva a modificare la pubblicità che ritiene non conforme al Codice;
- emette ingiunzioni di desistenza nei confronti di pubblicità manifestamente contrarie a norme del Codice;
- su richiesta della parte interessata, esprime in via preventiva il proprio parere su messaggi pubblicitari non ancora diffusi.
Un particolare procedimento è costituito dunque dalla ingiunzione di desistenza della diffusione di una pubblicità che appaia manifestamente contraria a una o più norme del codice.
Questo provvedimento spetta come detto al Comitato di controllo, il quale àvoca a sé un potere giudicante per un “rito abbreviato“: l’ingiunzione acquista l’efficacia di una decisione se una delle parti non presenta opposizione entro dieci giorni.
Di fronte ad una opposizione di parte, il presidente del Comitato può revocare l’ingiunzione (nello schema “SI”) oppure trasmettere gli atti (nello schema “NO”) al presidente del Giurì, il quale, a sua volta, può:
- giudicare del tutto priva di fondamento l’opposizione e quindi rendere definitiva l’ingiunzione;
- avvalersi dell’intero organismo di autocontrollo in un nuovo giudizio con rito ordinario.
“Chiunque ritenga di subire pregiudizio da attività pubblicitarie contrarie al Codice di autodisciplina può richiedere l’intervento del Giurì nei confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso, abbia commesso le attività ritenute pregiudizievoli”.
Il Giurì:
- esamina la pubblicità che gli viene sottoposta – dal Comitato o da aziende – e si pronuncia su di essa secondo il Codice, con decisione definitiva;
- se la decisione stabilisce che la pubblicità è contraria al Codice, ordina agli interessati di desistere immediatamente dalla sua diffusione; i mezzi pubblicitari sono impegnati a osservare la decisione;
- può ordinare la pubblicazione per estratto della sua decisione; in caso di inosservanza della decisione, il Giurì dispone che se ne dia notizia al pubblico.
I membri del Giurì e del Comitato di controllo svolgono le loro funzioni secondo il proprio convincimento e non in rappresentanza di interessi di categoria. Il Giurì e il Comitato esplicano le loro funzioni senza formalità, fatto salvo quanto disposto dallo stesso Codice.
svolgimento del procedimento
Lo schema seguente illustra il procedimento per violazioni del codice di autodisciplina pubblicitaria.
Il Giurì è un collegio presieduto da un alto magistrato e composto da un minimo di nove ed un massimo di 14 membri “scelti tra esperti di diritto, di problemi di consumatori e di comunicazione”.
Il Giurì esamina la pubblicità che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa in base al Codice, “con decisione definitiva”: un giudizio quindi inappellabile, che avvenendo per direttissima è concluso in tempi molto più stretti (generalmente un mese, tra la segnalazione e la definizione) di quelli della giustizia ordinaria.
La pubblicità può essere sottoposta al Giurì, non solo dal Comitato, ma anche – come già detto – da “chiunque ritenga di subire pregiudizio da attività pubblicitarie contrarie al Codice di autodisciplina”: in genere si tratta di aziende concorrenti rispetto a quella che ha commissionato la campagna sotto accusa.
La particolarità di questo processo è che l’onere della prova non spetta all’accusa, bensì all’accusato (non si ha quindi presunzione d’innocenza fino al verdetto) che viene chiamato a dimostrare la veridicità e l’attendibilità di quanto sostenuto nella propria campagna.
Un aspetto rilevante è che le procedure di segnalazione e reclamo sono basate su interventi rapidi, non onerosi per i consumatori e dai risulti efficaci: solitamente i tempi della decisione sono meno di un mese.
La decisione del Giurì è definitiva, non ha prove di appello e chiunque abbia aderito al Codice di autodisciplina è tenuto ad osservare le decisioni adottate.
Se dal punto di vista operativo lo IAP può sembrare meno efficace dell’AGCM in quanto la sua autorità è limitata agli aderenti, agli effetti pratici presenta un vantaggio fondamentale per il consumatore: gli aderenti, sebbene possano non rispettare puntualmente il CAP, si comportano generalmente in modo più corretto rispetto ai “battitori liberi”: operatori presenti particolarmente in rete con siti off-shore.
Il 21 gennaio 2014 lo IAP ha emanato il seguente
Comunicato Stampa
LA CAMPAGNA IAP: PUBBLICITÀ PER UNA PUBBLICITÀ MIGLIORE
Esce il 22 gennaio 2014, su quotidiani e periodici, sul web e in affissioni, la nuova campagna istituzionale IAP.
L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria è l’organizzazione non profit che blocca le campagne pubblicitarie offensive, false, volgari o tali da incoraggiare comportamenti violenti, impedendone l’ulteriore pubblicazione o trasmissione sui mass media.
IAP è attivo in Italia dal 1966, ma non tutti ne conoscono l’esistenza. E non tutti sanno che ogni privato cittadino può segnalare a IAP una pubblicità che ritiene scorretta: bastano un clic sul sito e cinque minuti per compilare il modulo.
L’intervento di IAP è rapido: le campagne segnalate vengono esaminate nel giro di pochissimi giorni dagli organismi di controllo, composti da membri esperti e indipendenti i cui giudizi sono rispettati da aziende, agenzie di pubblicità e mass media. Le decisioni sono subito operative.
TRE MESSAGGI IMPORTANTI PER TUTTI
Obiettivo della campagna è diffondere e promuovere la conoscenza e la fruizione dei servizi offerti da IAP. La campagna si articola su tre messaggi, ciascuno con un distinto gruppo di obiettivi.
1) Comunicare l’esistenza di IAP e i suoi compiti. Comunicare l’indirizzo del sito e la possibilità, aperta a tutti, di fare segnalazioni online. Spiegare come funziona il processo di giudizio. Coinvolgere il pubblico.
2) Sottolineare la dimensione europea dell’Autodisciplina. Organismi analoghi a IAP esistono in tutta Europa e tutti, come IAP, aderiscono a EASA (European Advertising Standard Alliance). EASA ha promulgato nel 2002 i Principi Comuni che individuano standard condivisi di correttezza per tutta la pubblicità europea, e che la Commissione Europea ha riconosciuto.
3) Segnalare la molteplicità dei servizi offerti da IAP. Oltre a ricevere e gestire gratuitamente le segnalazioni dei cittadini, e oltre ad effettuare una costante azione di monitoraggio delle campagne pubblicitarie, IAP offre ad aziende e a professionisti tre strumenti efficaci per difendere le buone pratiche della comunicazione: tutela delle idee creative, pareri preventivi, intervento su istanza di parte per casi di concorrenza sleale.
La campagna è stata ideata dall’agenzia Progetti Nuovi di Milano sotto la direzione creativa di Annamaria Testa.
Le illustrazioni sono di Pierluigi Longo.
Sempre dal 22 gennaio sarà online il nuovo sito IAP totalmente ristrutturato, nei contenuti e nella grafica e ben fruibile con qualunque dispositivo.
Un sito user friendly, che consente un dialogo immediato con i cittadini, i quali avranno a disposizione anche un nuovo modulo per fare le proprie segnalazioni, utile anche agli operatori della comunicazione commerciale per fruire dei servizi loro dedicati.
La ristrutturazione del sito IAP è stata affidata all’agenzia Hagakure.