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Rodolfo Bosi
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Home Archivi

Erosione consuma terra coltivabile, perso 30% in 40 anni

05/12/2015
in Archivi, Aree agricole, Governo del territorio, MATERIE TRATTATE, Natura, News, Piani territoriali
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Erosione consuma il suolo.

Il mondo festeggerà dopodomani, il 5 dicembre, la giornata internazionale del suolo, ma se si continuerà con l’agricoltura intensiva come viene praticata adesso prima o poi non ci sarà più nessun suolo coltivabile da festeggiare.

La previsione è degli scienziati dell’università di Sheffield, che hanno presentato al congresso sul clima di Parigi un rapporto secondo cui negli ultimi 40 anni già un terzo dei terreni coltivabili è stato perso per l’erosione, un fenomeno segnalato oltretutto in aumento.

“Il tasso di erosione dei terreni arati è 10-100 volte maggiore di quello di formazione del suolo, e quasi il 33% della terra arabile del mondo è stata persa per questo fenomeno o per l’inquinamento negli ultimi 40 anni – spiega Duncan Cameron, uno degli autori -. Questo è catastrofico se si pensa che servono 500 anni per la formazione di appena 2,5 centimetri di suolo in condizioni normali“. Il continuo movimento a cui è sottoposto il suolo è la causa principale dell’erosione, spiegano gli esperti.

Il fenomeno è dovuto principalmente al continuo ‘disturbo’ del suolo con l’aratura e la raccolta, perché se il terreno è smosso in continuazione è più esposto all’azione dell’ossigeno dell’aria, e rilascia le sue sostanze organiche nell’atmosfera.

La perdita di integrità che ne consegue ha un impatto sulla capacità di trattenere l’acqua, rendendo più difficile far crescere le piante.

Questo rende necessario un uso massiccio di fertilizzanti chimici, il cui utilizzo è da solo responsabile del 2% del consumo di energia del mondo, con tutte le conseguenze negative conosciute, a partire dall’inquinamento delle acque.

“Il tasso di perdita del terreno è in aumento – sottolinea Cameron -, stiamo creando un suolo adatto solo a ospitare un fabbricato“.

Le soluzioni proposte dal rapporto sono in parte ‘antiche’, come la rotazione delle colture e il ritorno ad un uso intensivo di fertilizzanti ‘naturali’ come il letame, e in parte moderne, con lo sviluppo di varietà di piante che abbiano meno bisogno di fertilizzanti.

La rotazione al giorno d’oggi sembra un’ipotesi difficile, sottolineano gli esperti, soprattutto visto che la produzione agricola dovrebbe aumentare del 50% per sfamare i nove miliardi di persone che popoleranno la Terra nel 2050, ma potrebbe essere ottenuta facendo entrare nel ‘circolo virtuoso’ anche quei terreni che ora sono tenuti a pascolo, che costituiscono il 30% del totale di quelli coltivabili.

“Non siamo ancora vicini al punto di non ritorno – conclude il rapporto – ma è giunto il momento di fare qualcosa per invertire il declino“.

 

(Articolo di Pier David Malloni, ANSA del 3 dicembre 2015, ore 22:00)

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