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Home Archivi

Eternit, il reato è prescritto: «Ingiustizia è fatta». Ma non finisce qui

22/11/2014
in Archivi, edilizia, Governo del territorio, News, Piani territoriali, Urbanistica
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Articolo pubblicato il 20 novembre 2014 sul sito htpp://www.greenreeport.it con il seguente sottotitolo: “Amarezza e rabbia tra i familiari, i sindacati e le associazioni anti-amianto”.

Immagine.Ban asbestos nel mondo 

La sentenza della Suprema Corte di Cassazione sul processo Eternit, che ha messo la parola fine al più grande processo su sicurezza del lavoro e inquinamento ambientale provocato da amianto mai celebrato in Europa, sta creando sconcerto e rabbia. 

Già ieri, dopo che il Procuratore Generale Francesco Iacoviello aveva chiesto l’annullamento della sentenza di appello che aveva condannato i proprietari e responsabili aziendali perché «non essendo stati contestati gli omicidi, non si può legare il disastro ambientale alle vittime, il disastro è prescritto per la chiusura degli stabilimenti nell’86 e pertanto la condanna va annullata». 

I sindacati avevano annusato l’aria ed espresso grande preoccupazione per la piega che stava prendendo la vicenda; la Cgil  sottolinea che «le motivazioni adottate dal Procuratore sconcertano e rischiano di scatenare effetti ben oltre i territori coinvolti.  

Si è sostenuto l’annullamento in quanto i fatti risalirebbero agli anni ’70 e quindi prescrivibili.  

Si ricorda a questo proposito che le sentenze di primo grado e di appello avevano stabilito che si trattava di “disastro ambientale doloso permanente” e che le cause sono tutt’ora vive ed operanti e continueranno a determinare effetti disastrosi per le persone coinvolte». 

Ma l’auspicio che la Corte non accogliesse la richiesta del Procuratore è caduta nel vuoto  e la Cgil Nazionale promette: «I lavoratori e i cittadini continueranno comunque a richiedere giustizia». 

Adesso «cambieremo i tempi dei processi e le regole della prescrizione» 

È la promessa del premier Renzi, che oggi è intervenuto sulla sentenza Eternit durante un’intervista a RTL 102.5: «O quella vicenda non è un reato, o, se è un reato ma è prescritto, bisogna cambiare le regole del gioco sulla prescrizione.  

Dobbiamo far in modo – conclude Renzi – che i processi siano più veloci, e dobbiamo cambiare la prescrizione». 

Anche Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente della Camera, ha subito espresso la sua contrarietà: «È moralmente e civilmente inaccettabile la richiesta avanzata dal sostituto procuratore della Cassazione, Francesco Iacoviello, di dichiarare prescritto il maxi-processo Eternit per disastro ambientale e di annullare, di conseguenza, la condanna a 18 anni per Stephan Schmidheiny. 

Immagine.Stephan Schmidheiny. png

Stephan Schmidheiny 

Una richiesta che ferisce le vittime e compromette il futuro, quanto accaduto sull’amianto non può essere più tollerato». 

Ma alla fine l’intollerabile e l’indicibile è successo, e ora le associazioni e i familiari delle vittime sono annichiliti da una giustizia che non riconosce la loro sofferenza e il loro calvario sanitario e giudiziario. 

A loro non è restato altro che gridare tra le lacrime: «Vergogna, vergogna!», «Siete servi dei padroni». 

Secondo i parenti delle vittime «con questa premessa, non si potrà mai incriminare nessuno per disastro per le morti di amianto, perché le malattie si manifestano a distanza di molto tempo.  

Ed è questa latenza che protegge chi ha commesso questo crimine di cui qui noi rappresentiamo il segno più evidente della sofferenza».  

L’avvocato Sergio Bonetto, che difende i familiari di 400 parti lese ha detto che così «non si tiene conto del fatto che tutti i cancerogeni hanno un tempo di latenza molto lungo, e quello dell’amianto varia dai 25 fino ai 40 anni». 

Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, una delle associazioni in prima linea nella battaglia contro l’amianto, non nasconde la sua delusione: «Rimaniamo sbigottiti e scandalizzati di fronte alla sentenza appena emessa dalla Corte di Cassazione.  

Di amianto si continua a morire e non va certo in prescrizione il dolore di chi continua a soffrire per la fibra killer.  

Questa sentenza doveva essere esemplare e di traino per la messa al bando dell’amianto a livello internazionale e invece si trasforma in una beffa per chi è stato esposto e per chi continua ad esserlo nei paesi in cui Eternit Spa ancora fa affari e continua ad estrarre e lavorare amianto.  

Ci lascia sgomenti l’idea che vengano considerati prescritti reati legati a fatti che ancora oggi continuano a mietere vittime.   

Eppure succede lo stesso anche per tutti i più gravi reati ambientali che ancora oggi sono di natura contravvenzionale e quindi considerati meno gravi del furto di una mela al supermercato.  

E questo continuerà a succedere fino a che il disegno di legge sui delitti contro l’ambiente nel codice penale, votato a larghissima maggioranza alla Camera nel febbraio scorso e ancora fermo nelle Commissioni ambiente e giustizia del Senato, non arriverà ad approvazione definitiva.  

I senatori diano un segnale di discontinuità votando i tempi brevi quel ddl, dopo questa ennesima vergognosa sentenza». 

Secondo il Wwf, presente in aula come Parte civile fin dal dicembre 2009, data di inizio del processo Eternit, si tratta di «un pericolosissimo “Cavallo di Troia” che rischia di inficiare tutti i prossimi processi che si faranno in Italia per disastro ambientale e di vanificare decenni di sforzi compiuti nella legislazione ambientale per garantire la sicurezza e la salute dei cittadini». 

È stata accolta la tesi del  Procuratore Generale della Cassazione che ha dichiarato che  «le morti provocate dalla fibre di amianto non rientrerebbero nel concetto di disastro» e per il Panda «è assurdo  far passare questi concetti visto il disastro ambientale e sanitario, i danni ambientali e le sofferenze umane  inenarrabili  in un’area molto vasta che ha interessato  Casale Monferrato e 48 comuni limitrofi con  oltre 2000 vittime accertate dall’esposizione all’amianto  ed un indeterminato numero di lavoratori e popolazione colpita».  

Il Wwf giudica la sentenza «ancora più grave dato che gli “effetti della condotta” di quell’azienda devono ancora venire essendo l’amianto un killer silenzioso “a lunga gittata”,  come è stato ben spiegato sia nel processo di primo grado che in Corte di Appello». 

Gli ambientalisti, che confidavano nella Magistratura perché facesse giustizia non limitandosi ad applicare asetticamente  il “diritto”, ora chiedono che  Parlamento  e governo «modifichino le leggi sui reati ambientali  approvando finalmente la riforma del codice  penale  sui “Delitti  ambientali “ (proprio ieri in discussione alla Commissione Giustizia  del Senato) ed avviino un serio piano di  bonifiche delle aree contaminate  dall’amianto con gli adeguati finanziamenti». 

Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, di Green Italia, dicono che con la cancellazione da parte della Corte di Cassazione della condanna a 18 anni al magnate svizzero Stephan Schmidheiny, perché il reato è prescritto, «sarà come se le vittime dell’inquinamento da amianto fossero morte due volte». 

«Nel caso dell’Eternit – continuano gli esponenti di Green Italia – il disastro ambientale doloso è un reato continuato, le cui conseguenze durano oggi e dureranno ancora a lungo.  

È dunque del tutto inaccettabile considerarlo come un reato istantaneo, soggetto a prescrizione.  

È perciò giuridicamente e moralmente  indecente la scelta di lasciare totalmente impunita l’azione criminale di chi, nel nome del profitto, ha violato sistematicamente la legge esponendo a rischi mortali migliaia di lavoratori e di cittadini.  

Nei giorni in cui sta partendo il processo di Taranto contro i padroni dell’Ilva, anch’essi accusati di aver contaminato l’aria, l’acqua e il suolo contaminando l’ambiente, l’incredibile parabola giudiziaria del processo Eternit dice una volta di più che un Paese dove industrie gestite nell’illegalità  possono avvelenare impunemente le persone che ci lavorano e che ci vivono vicino non è un Paese civile».

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