L’articolo di Fabio Grilli, pubblicato con questo titolo il 30 luglio 2015 su “Roma Today”, dà notizia della riaffermazione del vincolo paesaggistico sul Fosso delle Tre Fontane e delle conseguenti incidenze sulla lottizzazione convenzionata denominata “I 60”.
Il fosso delle Tre Fontane non soltanto c’è, ma è anche un corso d’acqua di “rilevanza paesaggistica”.
A stabilirlo è il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, a seguito di un incontro che ha visto la partecipazione anche delle Soprintendenze di Regione, Provincia e Comune.
Si torna dunque all’apposizione del vincolo di inedificabilità, valido fino a 150 metri dal fosso.
Un risultato che il Municipio ha salutato con grande soddisfazione.
UNA NUOVA STAGIONE – Il braccio di ferro tra l’ente di prossimità, il Comune e la Regione Lazio, sembra ora arrivare ad un punto di volta.
“A noi faceva arrabbiare che, mentre andavamo là e vedevamo ranocchie e pescetti, l’Assessorato alla Trasformazione urbanistica di Roma Capitale, continuava ad insistere nel dire che, secondo le loro carte, quel fosso non c’era. E questo nonostante l’Assessorato Regionale, eliminasse il vincolo esistente sul corso d’acqua. Il che è abbastanza strano: se togli un vincolo su un fosso, è perchè evidentemente c’è. Comunque – ha commentato il Presidente Catarci a margine della conferenza stampa indetta in Municipio – ora il ministero mette la parola fine su questa questione. Cancella la delibera regionale e apre una nuova stagione“.
GLI EFFETTI SULL’ I60 – Le conseguenze, sul piano urbanistico, sembra siano importanti.
“Con il vincolo di enedificabilità totale, saltano non solo i parcheggi, la strada e la rotatoria previsti sopra al fosso. Ma vengono meno anche tutte le costruzioni prospicienti. E questo significa anche che saltano gli standard urbanistici. Ora – valuta il Presidente Catarci – se a questo si aggiunge la questione archeologica e quella dei casali, è evidente che ormai quella convenzione non ha più alcun senso, ed è inutilizzabile“.
L’IMPORTANZA NATURALISTICA -Sul piano pratico, abbiamo chiesto all’Assessore all’Urbanistica del Municipio VIII, cosa accadrà.
“Adesso con il dissequestro dell’area, il primo passo è la prosecuzione nel ripristino dello stato dei luoghi, secondo le indicazioni che ci ha dato il Ministero. Abbiamo delle indicazioni molto restrittive, proprio a tutela del corso d’acqua – ci spiega l’Assessore Miglio – Infatti si parla di procedere ‘con il modellamento naturale del suolo per le parti attualmente interrate utilizzando macchine non cingolate in modo da non disturbare gli habitat presenti – osserva l’Assessore, leggendo il documento inoltrato al Municipio – ed attuando per fasi prestabilite la rigenerazione naturalistica delle sponde da effettuarsi secondo rilievi idrogeologici morfologico floristico e faunistico della storia dei luoghi’. Sono prescrizioni molto severe, proprio perché parliamo di un habitat di grande importanza naturalistica“.
Sul piano operativo “procederemo in danno, come Municipio, verso il Consorzio. Abbiamo già emesso i procedimenti amministrativi da parte della nostra area tecnica – spiega Miglio, che per quanto riguarda la tempistica aggiunge – Il dissequestro ci sarà oggi o al massimo domani e noi subito dopo partiamo con i lavori“.
IL CONFRONTO COL TERRITORIO – Soddisfatti anche i cittadini e le associazioni.
Alla conferenza stampa hanno partecipato Mirella Belvisi e Annalisa Cipriani, di Italia Nostra.
E non poteva mancare il Comitato Stop I-60.
“Quella di oggi la definiamo una giornata festosa ma anche di attenzione – premette la portavoce Giuseppina Granito – Perché non è che la nostra battaglia si fermi qui. Sull’area si sta andando avanti con l’edificazione che non sta né in cielo né in terra perché le convenzioni vanno riviste. Lo dice il testo unico dell’edilizia, il decreto 380 che all’art 12 prevede che, se ci sono incongruenze tra quanto progettato e quanto verificato sul territorio, tutto debba essere interrotto. Noi chiediamo che il Comune rispetti questa normativa” aggiunge la coordinatrice del Comitato Stop I-60, prima di tornare a chiedere un maggior confronto col territorio.
“Purtroppo questi iter, spesso discutibili, nascono proprio da qui: dall’assenza di un reale processo partecipativo“.