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Home Governo del territorio

Fuorilegge una casa su dieci costruita nel 2013

23/02/2014
in Governo del territorio, News, Urbanistica
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Immagine.logo Legambiente Il 20 febbraio 2014 all’incontro organizzato a Roma da Legambiente sul tema Abusivismo edilizio: l’Italia frana, il Parlamento condona, sono stati presentati i dati di quella che è un’autentica piaga nazionale: l’abusivismo edilizio che secondo gli ambientalisti «prospera indisturbato da decenni e non conosce crisi, nutrendosi di alibi e giustificazioni. Abbiamo occupato le coste, i letti dei fiumi, i pendii delle montagne, senza pensare, non solo al danno paesaggistico, ma nemmeno al pericolo di realizzare case, terrazze, alberghi, scuole, uffici in aree dove non si dovrebbe nemmeno piantare una tenda da campeggio».

Immagine.case abusive

Legambiente fa notare che «se il 2013 è stato un anno ricco di demolizioni – anche molto importanti come gli scheletri di Lido Rossello e di  Scala dei Turchi sulla costa agrigentina ad esempio, rimossi dopo vent’anni di battaglie legali – è stato anche un anno denso di tentativi per approvare in Parlamento un nuovo condono mascherato sotto le forme più diverse. Tra emendamenti e disegni di legge, Legambiente ne ha contati cinque. Ben 22 dal gennaio del 2010, tutti rispediti al mittente, anche grazie all’attiva opposizione dell’associazione. Ma l’ultimo, il ddl Falanga è passato un mese fa al Senato con 189 sì, 61 no e 7 astenuti».

Immagine.ecomostro Scala dei Turchi

Il dibattito sul Dossier di Legambiente sull’abusivismo in Italia, al quale ha partecipato anche l’ancora ministro dell’ambiente Andrea Orlando, è servito a sfatare gli alibi del no alle ruspe e stimolare nuove azioni per il ripristino della legalità.

Secondo Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, «i tentativi di fermare le ruspe delle Procure  affermano l’esigenza di salvare le case fuorilegge in nome di un presunto abusivismo di necessità. Ma questo “abusivismo della povera gente” oggi esiste davvero? Se sì, dove e quante famiglie riguarda e perché non vengono aiutate con l’inserimento nelle graduatorie delle case popolari? Se la loro situazione è seria, e ancor più aggravata dal fatto di vivere in un edificio che deve essere demolito, i Comuni hanno l’obbligo di provvedere all’assegnazione in via prioritaria di un alloggio sociale. A meno che non si ammetta che dietro questo alibi si celano anche le ville di notai, farmacisti, avvocati, imprenditori, assessori comunali. Ed è difficile immaginare che costoro possano adattarsi alle case popolari».

 Immagine.Rossella Muroni

Rossella Muroni

Per Legambiente affrontare il problema, serissimo, del bisogno abitativo è una priorità, ma il dossier presentato ricorda anche che non bisogna dimenticare «la necessità, non più eludibile, di delocalizzare gli insediamenti sorti nelle aree a rischio dissesto, considerando anche l’opportunità di demolire e ricostruire. Una pratica pressoché sconosciuta in Italia, dato che tra i 1.354 comuni interpellati dalla ricerca Ecosistema Rischio 2013, condotta da Legambiente e Dipartimento di protezione civile, solo 55 hanno dichiarato di aver avviato nell’ultimo biennio procedure di delocalizzazione. Lo stivale si sgretola sotto le frane e le ondate di piena dei fiumi, ma nonostante tutto nell’ultimo decennio sono state edificate aree esposte a pericolo frane e alluvioni in ben 186 Comuni».

Il Cigno Verde è convinto che il ripristino della legalità, e quindi l’abbattimento degli immobili fuorilegge, sia il miglior deterrente al nuovo abusivismo, «viceversa, ogni ipotesi di sanatoria alimenta nuovo cemento, come è successo con i tre condoni edilizi, quelli del 1985, del 1994 e del 2003».

É strano dover ricordare  alle istituzioni che dovrebbero far rispettare la legge che «abbattere un immobile abusivo non è una facoltà, ma un preciso obbligo delle amministrazioni comunali, previsto dal DPR 380/2001, il Testo unico sull’edilizia, una buona legge, purtroppo sostanzialmente disattesa. In questi anni abbiamo assistito a frane, alluvioni, esondazioni che hanno spazzato via pezzi di territorio, case, beni culturali, molto spesso anche vite umane. Ma, come se nulla fosse, si continua a costruire illegalmente e a cercare di salvare le case abusive dalle demolizioni».

Secondo il Cresme nel 2013, nonostante la crisi verticale dell’edilizia, tra ampliamenti e nuove costruzioni sarebbero stati costruiti 26.000 immobili illegali, oltre il 13% del totale delle nuove costruzioni.

Immagine.ecomostro

 «Significa che grosso modo una nuova casa su dieci di quelle sorte nell’ultimo anno è fuorilegge», fanno notare a Legambiente e aggiungono: «L’abusivismo edilizio, oltre a sfregiare il paesaggio, alimenta una vera e propria filiera del cemento illegale (dalle cave, agli impianti di calcestruzzo, fino alle imprese edili), quindi a prezzo ridotto per il committente. Tutto è pagato in nero – i materiali, la manodopera, zero spese alla voce sicurezza del cantiere – e arricchisce in molti territori le casse dei clan. Nel settore è molto forte anche la connivenza delle pubbliche amministrazioni con la criminalità organizzata. L’analisi dei decreti di scioglimento delle amministrazioni locali condizionate dalla mafia restituisce un dato inequivocabile: l’81% dei Comuni sciolti in Campania dal 1991 a oggi, vede tra le motivazioni un diffuso abusivismo edilizio, casi ripetuti di speculazione immobiliare, pratiche di demolizione inevase».

La Campania, con 175.00 immobili abusivi nel 2012, è la regione con il record di reati legati al ciclo del cemento, con 875 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine, il 13,9% del totale nazionale.

Napoli è la peggiore provincia d’Italia, con 305 infrazioni accertate (il 4,8% del totale nazionale), seguita da Salerno, con 267 (il 4,2%).

Una delle zone più colpite è il litorale Domitio-Flegreo.

«Il fenomeno è così vasto – sottolinea Legambiente –  che non ha risparmiato nemmeno l’area archeologica di Pompei, dove nel gennaio del 2013 i carabinieri hanno scoperto 3 villette tirate su senza autorizzazione proprio a ridosso degli scavi. E poi c’è Ischia che, con oltre 600 immobili colpiti da ordine di demolizione determinato da sentenza definitiva, è il simbolo indiscusso del cemento selvaggio».

La Sicilia invece guida la classifica 2013 dell’abusivismo edilizio nelle aree demaniali costiere: 476 illeciti, 725 persone denunciate e 286 sequestri.

Il Cigno Verde evidenzia che «nella regione, ci sono sempre state enormi difficoltà ad applicare la legge che prevede l’acquisizione e la successiva demolizione degli immobili: sono ancora in piedi le circa 5mila case costruite sulla spiagge di Castelvetrano-Selinunte e di Campobello di Mazara (solo una piccola parte delle circa 50.000 stimate su tutte le coste siciliane), le 560 case nella zona di massima tutela della Valle dei Templi, le oltre 400 della Riserva della Foce del Simeto a Catania, i circa 360 immobili di Pizzo Sella, la famigerata “collina del disonore” a Palermo , di cui 300 sono scheletri».

Ma il cemento illegale, accanto alle promesse di sanatoria, può contare su un altro “incentivo” micidiale: la quasi matematica certezza che l’immobile abusivo non verrà abbattuto.

I dati sono sconsolanti: «Il rapporto tra ordinanze ed esecuzioni è bassissimo: le demolizioni superano di poco il 10%. La città con il maggior numero di ordinanze di demolizione emesse è Napoli, con 16.837 provvedimenti, che però riesce a portarne a termine solo 710, pari al 4%».

Poi, a completare lo sfacelo politico/amministrativo che garantisce l’impunità,  ci sono i condoni dimenticati, cioè le pratiche di condono edilizio che giacciono negli uffici tecnici dei Comuni italiani in attesa di essere esaminate.

«Sommando i tre condoni (1983, 1994 e 2003) nei capoluoghi di provincia italiani sono state depositate 2.040.544 domande di sanatoria. – spiega il dossier di Legambiente –  Di queste, il 41,3% risulta ancora oggi inevaso. In questo modo sono proposte sul mercato immobiliare, per essere affittate o, addirittura, vendute case che potrebbero, invece, essere destinate all’abbattimento».

Il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha detto che «sarebbe un importante indice di responsabilità approvare la proposta di legge Realacci sulle demolizioni, già presentata allo scadere della XVI legislatura al Senato da Ferrante e Della Seta e alla Camera da Realacci e Granata, che giace in attesa di essere calendarizzata alla Camera dal marzo dello scorso anno. Il Parlamento italiano darebbe un segno concreto di vicinanza a quanti, sindaci, magistrati, prefetti fanno ogni giorno con onore il proprio mestiere, spesso isolati, osteggiati, minacciati».

 Immagine.Cogliati Dezza

Vittorio Cogliati Dezza

Si tratta di un provvedimento ha l’obiettivo di integrare e potenziare le previsioni in materia di abusivismo e demolizioni della Legge n.380/2001, accentuando le responsabilità degli enti locali e inasprendo le sanzioni, anche per i Comuni che non evadono le pratiche di condono edilizio giacenti nei loro uffici tecnici.

Immagine.abbattiamolo

Un’altra novità è rappresentata dalla destinazione, da parte dei Comuni, delle sanzioni amministrative per interventi di riqualificazione urbana.

Cogliati Dezza ha però evidenziato che la politica sta andando in tutt’altra direzione: «La prima ondata di provvedimenti si concentrava esplicitamente sulla volontà di ottenere per la Campania la riapertura dei termini dell’ultimo condono edilizio, quello del 2003. I più recenti hanno invece puntato la mira sulle Procure, provando a ostacolarne, se non addirittura a paralizzarne, l’attività in materia di antiabusivismo. Ai membri della Camera dei deputati  oggi rilanciamo il nostro appello, perché non siano complici dei paladini degli abusivi».

Un atteggiamento che sul territorio si sostanzia in numeri vergognosi: «Nel 2013 gli interventi di demolizione edilizia censiti da Legambiente sono 12. Nella quasi totalità dei casi, si tratta di abitazioni private, di ville costruite in riva al mare, ma anche in alcuni casi significativi nelle zone interne, ad esempio nei parchi e nelle aree protette. Molto spesso i sindaci che non demoliscono si trincerano dietro l’alibi economico: la mancanza di denaro per fare fronte alle spese di abbattimento viene posta come prima motivazione per giustificare l’inerzia della pubblica amministrazione. Ma, a dispetto dei proclami, abbattere non ha costi eccessivi. Soprattutto, bisogna ricordare che la legge parla chiaro: la demolizione deve avvenire a opera del proprietario dell’immobile».

Legambiente ha dato vita alla campagna “Abbatti l’abuso”  proprio per restituire agli italiani i luoghi violati, eliminando manufatti che molto spesso sono rimasti delle incompiute, desolanti scheletri in cemento che da decenni sfregiano il paesaggio agricolo, alberghi e villaggi turistici illegali a picco sul mare, decine di migliaia di villette che hanno cancellato le spiagge più belle.

Immagine.Abbatti l'abuso

Una campagna alla quale hanno aderito il Consiglio nazionale dei Geologi, il Consiglio nazionale degli Architetti, Libera e Avviso Pubblico, ma che non sembra interessare politici nazionali  ed amministratori locali che contano i voti in mattoni.

Immagine.campagna abbatti l'abuso

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