Articolo di Alberto Vitucci pubblicato con questo titolo il 5 novembre 20134 su “La Nuova Venezia”.
Alberto Vitucci
Roma. «Resilienza delle città d’arte alle catastrofi idrogeologiche: successi e insuccessi nell’esperienza italiana».
Chissà se il Mose fa parte del primo o del secondo gruppo.
Perché massiccia è la presenza al convegno, organizzato in questi giorni a Roma dall’Accademia nazionale dei Lincei per discutere di tutela del territorio, di consulenti e ingegneri del Consorzio Venezia Nuova.
A cinque mesi esatti dagli arresti per lo scandalo del Mose, i Lincei hanno organizzato un grande convegno sul 4 novembre.
E tra i relatori sono molti i nomi conosciuti nella lunga storia del progetto.
Come il professor Giovanni Seminara, dell’Università di Genova, che ha parlato ieri di «Acqua e città d’arte» nella prolusione subito prima del ministro Dario Franceschini.
Fu lui nel 2006 a svolgere davanti al governo Prodi la relazione che promosse le dighe mobili.
Contrapposta a quella del suo collega Luigi D’Alpaos che sosteneva l’esatto contrario: stringendo le bocche di porto e rinunciando al Mose la situazione ambientale avrebbe potuto migliorare. Tra i relatori anche Hermes Redi, neodirettore del Consorzio Venezia Nuova, il responsabile del servizio informativo Giovanni Cecconi.
E poi l’economista Ignazio Musu, nominato tra i cinque esperti che promossero il Mose al posto di Paolo Costa, diventato ministro dei Lavori pubblici.
Ha parlato ieri, 15 anni dopo la sua relazione, dello stesso tema «Aspetti economici della salvaguardia di Venezia».
C’era anche Andrea Rinaldo, ingegnere padovano che nel 1999 fece parte del «panel» di consulenti del Consorzio per promuovere il Mose.
Conclusioni del professor Carlo Doglioni (subsidenza) e della soprintendente Renata Codello.