La minaccia delle trivelle torna a incombere sullo Jonio.
Il ministero dello Sviluppo economico ha recentemente rilasciato due nuovi permessi per la ricerca di idrocarburi al largo della Calabria, avanzate per i blocchi denominati «F.R 41.GM» e «F.R 42.GM», al largo di Crotone.
Secondo quanto affermano in Regione, tali permessi «eludono completamente il decreto legislativo 625 del 25 novembre 1996, che vieta espressamente che un singolo gestore possa avere la titolarità di un permesso di ricerca in un’area superiore a 750 kmq».
Per la precisione le due aree misurano rispettivamente 748,6 kmq e 748,4 kmq, quindi rispettano la lettera della legge.
Ma i permessi «sono attaccati e assegnati alla medesima compagnia, la Global Med, che si è vista quindi assegnare il permesso di esplorare un tratto di mare grande, in tutto, 1.497 kmq».
Queste aree sono oggi al centro di un ricorso al Tar della Regione, ma la battaglia è ben più ampia.
La stessa compagnia ha chiesto la concessione di un terzo blocco, denominato «d 87 F.R-.GM» da729,5 kmq, contiguo agli altri, e presentato istanza di permesso di ricerca in mare per due ulteriori zone, localizzate a sud di Leuca e anch’esse contigue: la «d 89 F.R-.GM» di 744,6 kmq e la «d 90 F.R-.GM» di 749,1 kmq.
In Calabria non ci stanno.
«Il nostro mare – si legge in una lettera inviata dalla Regione al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti – è una risorsa da salvaguardare e valorizzare. Una risorsa per alimentare lo sviluppo sostenibile».
Il presidente della Regione Mario Oliverio (PD), contattato da greenreport.it, è in prima fila in questa nuova battaglia contro le trivelle.
Presidente, c’è una stima riguardo ai quantitativi di idrocarburi che sarebbero presenti al largo delle coste ioniche della Calabria?
«Sulla presenza degli idrocarburi c’è un dato storico certificato dalla produzione 2015 e dai rispettivi ricavi.
Il valore della produzione 2015 nell’area di Capo Colonna dove sono concentrati i tre pozzi in attività è stato pari a 7.222.000 metri cubi».
A fronte di quali royalties per il territorio?
«Alla Calabria viene trasferito il 7% dei ricavi.
Sempre in riferimento al bilancio 2015, i ricavi pari a circa 13,25 Mln di euro sono stati ripartiti tra lo Stato per 3,48 Mln, la Calabria per 6,33 Mln, il Fondo Sviluppo per l’Economia Sociale per 0,35 Mln e 3,79 Mln per il fondo Ambiente e Sicurezza.
La quota parte della Regione Calabria viene trasferita per intero ai comuni interessati dall’attività».
Quali iniziative frapporrà la Regione per impedire le possibili trivellazioni dopo che il Mise ha rilasciato i permessi di ricerca alla Global Med?
«La regione Calabria sta producendo ricorso al TAR ed impugnerà la concessione alla Global Med in quanto esiste una norma che vieta espressamente che un singolo operatore possa avere la titolarità di un permesso di ricerca in un’area con un’estensione maggiore a 750 kmq.
Nonostante questa norma, l’autorizzazione è stata concessa in un’area di estensione pari a circa 1.500 kmq che artificiosamente pare sia stata suddivisa in due porzioni contigue, in modo da porsi al di sotto della soglia prevista dalla legge.
Inoltre, oltre al ricorso che stiamo proponendo, siamo impegnati anche in un’attività di coordinamento delle azioni giudiziarie intentate, insieme a Legambiente ed ai 33 sindaci dei comuni interessati dall’autorizzazione concessa alla Global Med».
Il referendum tenutosi lo scorso anno ha fallito l’obiettivo del quorum, ma sollevato un’importante movimento d’opinione in Italia. Da allora è cambiato qualcosa nel rapporto con istituzioni nazionali e aziende per gestire la delicata tematica delle trivellazioni alla ricerca di idrocarburi?
«Purtroppo la norma nazionale non consente alle Regioni di poter esercitare le proprie funzioni istituzionali, mettendole nella impossibilità di verificare l’impatto ambientale, sociale ed economico derivante dalle attività estrattive, con palese violazioni delle regole democratiche e del principio di leale collaborazione tra Enti.
Per tale motivo, la Regione Calabria ha richiesto direttamente al Ministro la sospensione delle autorizzazioni nel mar Jonio al fine di contrastare “gravi irreversibili” danni per l’intero territorio calabrese.
Tra l’altro, la Regione Calabria si è resa parte attiva di una sinergica azione che ha visto condivisa per la prima volta la stessa linea politica da 8 regioni impegnate a difendere l’intera costa orientale».
Mentre appare insensato, ambientalmente ed economicamente, investire in nuove trivellazioni alla ricerca di idrocarburi all’interno dei confini italiani, il Paese continua ad importare grandi quantitativi di petrolio da Paesi instabili: il primo fornitore di greggio nel 2016 è stato l’Iraq. Cosa pensa sia necessario fare per uscire da questa contraddizione?
«Investire in energie alternative e innovazione tecnologica, come scelta per l’intero territorio nazionale».
(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 17 febbraio 2017 sul sito online “greenreport.it”)