Articolo di Vittorio Emiliani, pubblicato con questo titolo il 3 luglio 2015 su “Eddyburg” con la seguente premessa, condivisa da VAS: ”Una riflessione ampiamente argomentata sulla situazione di degrado strisciante di uno dei centri storici più importanti al mondo: biglietto da visita di una città al tracollo. (m.p.g.)”
Lo sterminato patrimonio storico-artistico di Roma rimane largamente sconosciuto ai romani stessi e ai milioni di turisti convogliati, questi ultimi, dai tour operator e dalla mitizzazione di taluni totem unicamente su due o tre musei o siti durante soggiorni più brevi del passato (neppure 2 giorni e mezzo di media): Colosseo e Fori sono ormai oltre i 6 milioni e mezzo di visitatori, con introiti che, da soli, costituiscono un terzo dell’incasso totale dei musei statali italiani, nonostante una quota di esenzioni abbastanza elevata.
I Musei Vaticani risultano al 4° posto in Europa con oltre 5 milioni e mezzo di visitatori e con incassi molto considerevoli (oltre 91 milioni di euro nel 2011) dal momento che gli esenti non superano il 5 %.
Piuttosto frequentato anche Castel Sant’Angelo (statale) con oltre 1 milione di visitatori nel 2014.
A grandissima distanza tutti gli altri Musei romani, statali e civici, anche per le dimensioni dei “contenitori” storici.
La Galleria Borghese totalizza 509.000 ingressi.
Il vasto complesso archeologico di Ostia Antica registra 333.000 visitatori.
Il circuito del Museo Nazionale Romano (Collegio Massimo, Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano, Crypta Balbi) supera di poco i 300.000 ingressi complessivi, mentre il circuito Terme di Caracalla, Cecilia Metella e Villa dei Quintili sull’Appia supera di poco i 266.000 ingressi.
Sul versante dei Musei Civici le cifre non cambiano molto pur registrando nel 2014 incrementi sensibili: i Capitolini hanno accolto 471.000 visitatori, l’Ara Pacis 308.000, il MACRO quasi 139.000 (+92,32 % sul 2013).
Molto forti gli incrementi negli ingressi – resi tutti gratuiti dal 27 agosto 2014 (e il dato dovrebbe far riflettere) – registrati nei 7 “piccoli Musei”: dalla Villa di Massenzio al Museo delle Mura, a quello della Repubblica Romana 1849, al Canonica, al Napoleonico, al Barracco, fra 30 e 40 % con punte maggiori.
Il grosso comunque della fiumana del turismo di massa o Turisdotto viene incanalato sui due obiettivi Colosseo/Fori e Vaticani i quali segnano rispetto alle seconde file (a parte il fenomeno di Castel Sant’Angelo) un numero di visitatori mediamente superiore di venti volte per i primi e di dodici volte per i secondi.
E non ho citato – perché sono fuori dalle stesse seconde file – collezioni strepitose come quelle dell’appena finito di restaurare del gigantesco Palazzo Barberini o come le altre della Galleria Corsini o della mirabile Doria Pamphili.
Alcuni tentativi sono stati messi in opera, a cominciare dal biglietto unico per una serie di siti e musei statali e però ci vogliono altre idee e altri mezzi.
Si continua a parlare di decentramento, anche nella Provincia di Roma ricchissima di siti, monumenti e centri storici, ma senza muovere un passo.
Ma soprattutto bisogna investire saggiamente in una didattica museale che risulta invece carentissima in Italia e a Roma, la quale investa anzitutto giovani e giovanissimi attraendoli coi nuovi mezzi che la tecnologia largamente consente.
Penso, ad esempio, alle periferie romane dove si stanno scoprendo complessi formidabili da Tor Tre Teste a Osteria dell’Osa o del Curato e che ridarebbero “radici” ad abitanti privi di centri e di riferimenti culturali che non siano un nuovo Centro commerciale.
Didattica che invece, a livello ministeriale, è stata abbandonata e poi disattivata seppellendola nella marmellata indistinta della “valorizzazione”.
Fin dai tempi del memorabile duo Bondi Sandro/Resca Mario e dei Resca Boys.
Ma con le scelte ministeriali attuali – a parte il taglio netto del rapporto fra Museo e Territorio che produrrà soltanto disastri – puntano su una sorta di turbo-cultura mirante a “spettacolarizzare” l’arte e in primo luogo l’archeologia romana.
Per esempio coi 20 milioni di euro da impegnare nella ricostruzione dell’Arena Colosseo nel momento in cui, se si volesse, quello stesso monumento richiede interventi di restauro (ben al di là degli attuali) ai “piani alti” dell’Anfiteatro.
Venti milioni per ricreare l’Arena dei gladiatori, magari divelta dalla prima forte alluvione (l’ultima del 2010 portò l’acqua al primo piano del Colosseo).
Che potrebbero magnificamente servire per l’Appia Antica al 90 % privata, flagellata da ogni sorta di abusi e dove, nonostante ciò, la Direzione archeologica sta miracolosamente realizzando recuperi come quelli di Capo di Bove e di Santa Maria Nova.
Ma siccome l’appetito vien mangiando, v’è chi prospetta (Marco Magnifico del FAI) “tornei e spettacoli anche al Circo di Massenzio”.
Come non bastassero i Ludi per il Natale di Roma o centurioni e matrone sparsi fra Colosseo e Pantheon.
E i Rolling Stones al Circo Massimo.
Dove l’assessore comunale Cattoi vorrebbe far svolgere in parte i Giochi Olimpici del 2024.
La turbo-cultura è sospinta dall’idea provinciale e sbagliata che i musei e i siti archeologici possano essere “macchina da soldi”, ignorando che i più grandi musei del mondo o sono gratuiti (quelli londinesi e gli altri di Fondazioni americane) o richiedono denaro pubblico (altro che fruttare soldi) per sanare, come le Grand Louvre, un deficit annuale che viaggia sul 50 %.
E mentre si ipotizzano e si confermano questi strepitosi investimenti nell’Arena Colosseo, si lascia il bel teatro romano di Ostia Antica, statale, a stagioni decisamente modeste, ben più modeste di quelle di un tempo quando vi operavano i migliori complessi e attori italiani.
Ma Roma è tutta Patrimonio e Museo.
Lo sono le basiliche e le chiese, per la più parte, fra l’altro, di proprietà dello Stato e quindi affidate alle cure del FEC (Fondo Edifici di Culto): una settantina a Roma, fra esse SS Apostoli, Sant’Andrea della Valle, Aracoeli, Chiesa Nuova, Santa Maria del Popolo, Santa Maria sopra Minerva, Sant’Ignazio e Caravita, Sant’Andrea al Quirinale e Chiesa del Gesù, e tante altre pregevolissime.
Tutte contenenti autentici tesori, in pale d’altare, statue, monumenti funebri, cicli di affreschi, ecc.
Renderle più visitabili anche al costo di un modesto ticket come si fa da anni a Ravenna e a Verona non sarebbe, credo, una operazione scorretta.
Certo è incredibile che per visitare Santa Maria della Pace, gioiello fra Rinascimento e Barocco, con le Sibille di Raffaello, ci siano appena tre mattine a settimana e per poche ore …
Ma qui vengono le dolenti, dolentissime note riguardanti il centro storico e la politica seguita in questi decenni per esso.
Il degrado ha raggiunto con la gestione Alemanno abissi inimmaginabili anche dai più pessimisti.
Dai quali risalire per rientrare almeno nelle regole non è semplice.
Anche perché i decreti Bersani hanno a suo tempo consentito, anche nei centri storici, licenze plurime ad un solo gestore, hanno trasformato dei buoni forni in pizzerie notturne e comunque agevolato – in una città dove l’abusivismo, anche quello commerciale, ha tradizioni secolari – la moltiplicazione nella città turistica di locali e localetti.
Secondo una attenta e combattiva consigliera verde del I° Municipio, Nathalie Naim, questi locali, per lo più abusivi e spesso effimeri, sono passati negli ultimi anni da 1400 a più di 4000, sfrattando negozi storici o decisamente qualificati, resi indifendibili dalla carenza di leggi e regolamenti, autentici laboratori artigiani, antiquari, restauratori, ecc.
Una mutazione in peggio, un imbarbarimento senza fine, un peggioramento rovinoso del decoro urbano.
Mentre sono proliferati ovunque Bed & Breakfast, per lo più senza licenza.
Nei giorni scorsi i consigli del I, II e XV Municipio hanno votato un ordine del giorno col quale si chiede di fermare il flusso delle licenze di questo tipo, ma dall’assessorato viene l’obiezione, decisamente ambigua, che bisogna però selezionare le “iniziative di qualità”.
Vedremo.
Il processo appena descritto è incoraggiato da una proprietà edilizia quanto mai miope che continua ad espellere, oltre ai residenti meno provvisti di reddito, commercianti ed esercenti qualificati con affitti sempre più alti (nonostante la crisi) chiudendo gli occhi sui requisiti, anche legali, dei subentranti.
Un processo incoraggiato dalla continua emorragia di residenti del centro storico, una fuga dovuta al caro-affitti, al caos delle licenze commerciali, alla rumorosità assordante, fino all’alba, nei luoghi della movida (in testa Campo de’ Fiori).
Inutilmente, da decenni, gli attivi comitati di difesa del centro storico si battono contro il suo degrado, contro le infiltrazioni malavitose (le prime davvero diffuse e radicate) nel commercio e nei pubblici esercizi, contro l’espulsione dei ceti più deboli.
L’atteggiamento delle varie amministrazioni comunali nei confronti di questo problema è stato positivo soltanto con le giunte, ormai lontane, Argan e Petroselli, assessore Vittoria Calzolari Ghio, quando si sono realizzati o completati alcuni recuperi sul modello Bologna (Tor di Nona, partito molti anni prima, e San Paolo alla Regola) .
Poi, già con Carlo Aymonino, il vento è nettamente cambiato.
I residenti sono stati considerati, talora con fastidio, come dei “privilegiati”, come se fossero tutti ricchi borghesi e non i custodi più veri e lontani della città antica, i tutori di quel controllo sociale che nessuna polizia può di per sé assicurare.
In un commento al mio post su Huffington Post un lettore ha definito gli abitanti della città antica “borghesi tronfi e sbracati” …
Certo il periodo della Giunta Alemanno è quello in cui la situazione, anche per questo fondamentale problema, è precipitata.
L’attuale amministrazione ha tenuto sostanzialmente un atteggiamento bifronte.
Da una parte infatti ha compiuto, soprattutto nell’area di piazza Navona e del Rione Ponte, un intervento anche deciso di ripristino della legalità, di eliminazione dei tanti abusivi, di riduzione delle occupazioni di suolo pubblico in molti casi oscene e offensive.
Fatto meritorio.
Che però non è durata che pochi mesi e che non ha generato una politica pianificata di ripristino della legalità e del decoro urbano.
Né una più generale riflessione su di un centro storico che rischia di soffocare e di morire per un “eccesso di funzioni”: City politica, sede di Ministeri (se n’era andato soltanto quello delle Finanze all’EUR ed è tornato, in Trastevere) e di ambasciate, anzi doppie ambasciate, nonché di grandi banche, assicurazioni, ecc., centro commerciale ancora molto attivo anche con atelier, quindi con un flusso assai forte di ingressi da parte di centinaia di migliaia di pendolari quotidiani, con un traffico privato mai incisivamente ridotto (basta vedere come sono ridotte le corsie preferenziali) e con mezzi pubblici scarsi e antiquati.
Il tutto aggravato dall’invasione massiccia dei bus turistici lasciati parcheggiare ovunque, anche a fianco del Vittoriano o dentro Villa Borghese (lato Flaminio) coi vandalismi che sappiamo degli hooligans olandesi entrati fin là coi loro mezzi.
La convivenza nel centro storico fra presenze residenziali, attività lavorative, turismo di massa si presenta, in assenza di limiti e di regole, quasi impraticabile.
Bisogna considerare che il turismo “ufficiale” a Roma ha contato nel 2014 fra esercizi alberghieri ed esercizi detti “complementari”, fra i quali non rientrano le case religiose di ospitalità né tanti B&B, ben 16,4 milioni di arrivi (+ 5,83 % sull’anno precedente) e quasi 39 milioni di presenze (+ 4,83 %).
Dall’altro lato soprattutto l’assessore alla Mobilità Guido Improta, ora dimissionario e da noi tutt’altro che rimpianto, ha esaltato il “divertimentificio” romano con misure – ripetutamente bocciate in tutte le sedi amministrative di garanzia – che penalizzavano i residenti, a partire dalla decuplicazione del costi dei permessi per la ZTL considerando (non si sa con quali dati scientifici) che il caos permanente del traffico romano sia da imputare agli 80-85.000 residenti della città storica, di età media piuttosto alta, i quali, in verità, girano a piedi, se possono in bicicletta o in motorino, e in autobus (per le percorrenze più lunghe in taxi, raramente con l’auto propria).
Improta prefigurava una città storica finalmente priva di residenti stabili, “un acquario per turisti” come l’ha giustamente definito Francesco Rutelli in una intervista molto critica opponendosi a quella surreale, agghiacciante prospettiva.
Una Roma predisposta con tali politiche a diventare essenzialmente “una infrastruttura per il turismo di massa” sul quale lucrare profitti.
O meglio rendite.
Puntando sulla quantità e ignorando ormai la qualità.
Il tutto esaltato – problema dei problemi – dalla cronica, pluriennale latitanza delle forze dell’ordine e in specie della Polizia Municipale.
C’è una immagine emblematica di questa Roma che ho diffuso in giro per l’Italia e che vorrei richiamare: il Pantheon, e dico poco, assediato dopo mezzogiorno dai furgoni che trasportano acque minerali, mozzarelle, surgelati precotti o precucinati.
In tutte le città del mondo i rifornimenti nelle zone centrali vanno dall’alba alle 9, massimo 10 del mattino.
A Roma dovrebbero cessare, appunto, alle 10.
Un’altra beffa al buon senso, alla legalità, ad una convivenza ordinata e civile.
Dati MiBACT 2014
Circuito archeologico Colosseo Foro Romano e Palatino: visitatori 6.181.702 introiti lordi 41.440.839
Musei Vaticani: visitatori 5.459.000 introiti lordi 93.000.000
La grande differenza di introiti è determinata da un ticket decisamente più elevato per i Musei Vaticani e da “pacchetti” che consentono visite guidate o selettive assai costose.
Inoltre le esenzioni nei Musei statali italiani sono ancora elevate, mentre nei Musei Vaticani non superano il 5 % del totale degli ingressi.