Su questo stesso sito il 1 ottobre 2013 è stato pubblicato un articolo dal titolo “La proposta del nuovo Piano Casa approvata dalla Giunta Regionale del Lazio” che dava notizia della Proposta di legge regionale n. 76 del 24 settembre 2013 con cui – secondo quanto dichiarato dallo stesso Assessore Michele Civita – sono stati cancellati gli articoli delle due precedenti leggi regionali sul Piano Casa che erano stati oggetto di due distinti ricorsi alla Corte Costituzionale da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali” (https://www.rodolfobosi.it/la-proposta-del-nuovo-piano-casa-approvata-dalla-giunta-regionale-del-lazio/).
Il successivo 25 novembre 2013 è stato pubblicato un articolo dal titolo “La inammissibile dimenticanza sia della Regione Lazio che del MIBAC” (https://www.rodolfobosi.it/la-inammissibile-dimenticanza-sia-della-regione-lazio-che-del-mibac/), che dava notizia del mancato recepimento della censura portata al comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12/2012, della conseguente Nota VAS prot. n. 19 del 7 novembre 2013 indirizzata all’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta con allegata una relazione sui vizi di legittimità costituzionale del Comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12 del 2012 e del suo recepimento in apposito emendamento presentato il 28 gennaio 2014 dai consiglieri del Movimento 5 Stelle Devid Porrello, Silvia Blasi e Gaia Pernarella.
Il successivo 14 marzo 2014 è stato pubblicato un ulteriore articolo dal titolo “La Regione Lazio non ha più fretta di eliminare i vizi di legittimità costituzionale del Piano Casa della Giunta Polverini” (https://www.rodolfobosi.it/la-regione-lazio-non-ha-piu-fretta-di-eliminare-i-vizi-di-legittimita-costituzionale-del-piano-casa-della-giunta-polverini/#more-5748).
Ieri 18 agosto 2014 è stato pubblicato un articolo dal titolo “CEMENTO SU ROMA – Come da sinistra ti peggioro il Piano casa” (https://www.rodolfobosi.it/cemento-su-roma-come-da-sinistra-ti-peggioro-il-piano-casa/?preview=true) che ha dato notizia che il Consiglio Regionale del Lazio ha convertito la proposta di legge n. 76 del 23.9.2013 nella legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014, stravolgendo addirittura diverse parti del testo concordato con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT).
L’emendamento del Movimento 5 Stelle relativo al comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12/2012 è stato bocciato malgrado la lettura integrale del vizio di legittimità costituzionale rilevato dall’allora Governo Monti !
Per far capire bene la gravità di quanto è stato approvato si riportano di seguito ognuna delle parti approvate, mettendo a confronto il testo previgente, il testo del ricorso alla Corte Costituzionale, il testo della proposta di legge della Giunta Regionale n. 76/2013, il testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente nella seduta del 16 gennaio 2014 ed il testo definitivamente approvato dal Consiglio Regionale del Lazio.
Legge regionale n. 24 del 6 luglio 1998
(Pianificazione paesistica e tutela dei beni sottoposti a vincolo paesistico)
Art. 8
(Protezione delle montagne sopra la quota di 1.200 mt. slm)
Testo previgente del comma 3.3.inserito dall’articolo 5, comma 32, lettera a) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
“3.3. Qualora lo sviluppo delle attività sportive di cui al comma 2, lettera d), comporti la necessità di razionalizzare o integrare bacini sciistici intercomunali si fa ricorso ai programmi di intervento previsti dall’articolo 31 bis, anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 10, comma 8 e dalle disposizioni contenute nelle classificazioni di zona dei PTP o del PTPR adottato ai sensi dell’articolo 23 comma 2, fermo restando il rimboschimento compensativo con specie autoctone. In tali casi il programma di intervento deve essere proposto dagli enti locali interessati dal bacino sciistico. Tale deroga è autorizzata dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale che acquisisce all’uopo l’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali; il Consiglio regionale approva la proposta della Giunta regionale entro centoventi giorni dal ricevimento della stessa.”
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
I.3 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 32, lett. a) e c), della 1.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004.
L’art. 5, comma 32, lettere a) e c), nn. 1), 2) e 3):
a) introduce nella l.r. 24/1998 l’art. 8, comma 3.3, che consente, mediante un’ intesa tra Regione e Ministero per i beni e le attività culturali, di derogare a PTP e PTPR per realizzare o integrare bacini sciistici;
b) riformula l’art. 18-ter, lettera b), della predetta legge regionale per consentire analoga deroga per ampliamenti e completamenti di edifici pubblici, realizzazione di opere pubbliche o
private di pubblico interesse, individuazione di aree per standard per edilizia sociale, per i PEEP e per il recupero di nuclei abusivi;
c) introduce nello stesso art. 18 della legge regionale n. 24 del 1998, la lettera b-bis), che consente analoga deroga per interventi in aree edificabili;
d) introduce altresì nel predetto articolo la lettera d-bis), relativa ad analoga deroga per installazioni di infrastrutture di comunicazione elettronica.
Tali disposizioni consentono interventi di trasformazione del territorio, non solo prescindendo dalla conformità e dalla verifica di compatibilità rispetto alle previsioni del piano paesaggistico, ma prevedendo addirittura la possibilità, potenzialmente illimitata, di derogare a dette previsioni mediante particolari intese tra Stato e Regione.
Le impugnate disposizioni, pur contemplando la partecipazione degli organi statali al procedimento, risultano in contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali sulla pianificazione paesaggistica. Infatti, anche in questo caso la Regione Lazio deroga alla regola generale dettata dalla legge statale, cui competente in via esclusiva la funzione di disciplinare queste procedure di tutela del paesaggio. L’anomala «intesa», coniata dal legislatore regionale in evidente carenza di potere legislativo, non può sopperire alla procedura legittima di co-pianificazione paesaggistica disciplinata dettagliatamente, in termini affatto diversi, dalla legge nazionale.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
1. Il comma 3.3. dell’articolo 8 della l.r. n. 24 del 1998 è abrogato.
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Identico a quello proposto dalla Giunta Regionale.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“1. Il comma 3.3 dell’articolo 8 della l.r. n. 24 del 1998 è sostituito dal seguente:
“3.3. Al fine dell’applicazione degli interventi di cui al comma 2, lettera d) il PTPR individua, perimetra e disciplina gli ambiti inerenti gli impianti sportivi ivi inclusi i bacini sciistici esistenti ed il loro completamento. Il PTPR stabilisce le misure compensative nel caso in cui in tali ambiti sia necessaria l’apertura di varchi e passaggi nelle aree boscate di cui all’articolo 10.”.
N.B. – Oltre a sconfessare la Giunta Regionale, il Consiglio Regionale del Lazio impegna il PTPR ormai già adottato ed in fase di approvazione definitiva (con le controdeduzioni alle osservazioni) a modificare la pianificazione operata.
Non risulta in tal modo affatto superata la censura portata dall’allora Ministro dei beni culturali Giancarlo Galan e poi dal suo successore Lorenzo Ornaghi.
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Art. 18
(Aziende agricole in aree vincolate)
Testo previgente del comma 1
“1. Nell’ambito delle aziende agricole, condotte sia in forma singola che associata, ubicate in aree sottoposte a vincolo ai sensi delle ll. 1497/1939 e 431/1985 e comunque classificate dai PTP o dal PTPR, è consentita la realizzazione di manufatti, strettamente funzionali e dimensionati all’attività agricola e/o alla relativa trasformazione dei prodotti provenienti dalle aziende stesse per almeno il 75 per cento, anche mediante ampliamenti dei fabbricati esistenti, nonché la costruzione di piccoli ricoveri per attrezzi. Nelle aree classificate nei PTP o nel PTPR al massimo livello di tutela, le nuove costruzioni sono consentite solo se non sono possibili o ammissibili ampliamenti dei fabbricati esistenti.”
Ricorso per legittimità costituzionale
Non è stata portata nessuna censura al testo suddetto.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Non è stata conseguentemente proposta nessuna modifica.
Testo emendato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
2. Al comma 1 dell’art. 18 della l.r. n. 24 del 1998 la parola “anche” è sostituita dalla seguente: “prioritariamente“.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“2. Al comma 1 dell’articolo 18 della l.r. n. 24 del 1998 la parola: “anche” è sostituita dalla seguente: “prioritariamente”.
N.B. – Se si considera che i “fabbricati esistenti” sono per lo più le residenze, rendere prioritari i loro ampliamenti non appare per niente funzionale e dimensionato all’attività agricola e/o alla relativa trasformazione dei prodotti provenienti dalle aziende stesse, per cui si presta anche e soprattutto a future speculazioni edilizie.
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Art. 18 ter
(Interventi sul patrimonio edilizio esistente e sulle infrastrutture)
Testo previgente del comma 1, lettera b) sostituita dall’articolo 5, comma 32, lettera c), numero 1) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
“1. Fermo restando l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica di cui all’articolo 25, nelle zone sottoposte a vincolo paesistico sono comunque consentiti, anche in deroga alle disposizioni contenute nel presente capo: …. ”
b) gli ampliamenti ed i completamenti di edifici pubblici da effettuarsi in deroga alle classificazioni di zona del PTP o del PTPR adottato ai sensi dell’articolo 23, comma 2. La deroga alle disposizioni di cui alla presente legge e alle disposizioni contenute nelle classificazioni di zona del PTP o del PTPR adottato ai sensi dell’articolo 23, comma 2 per la realizzazione di opere pubbliche o private di pubblico interesse quali ospedali, cimiteri, interventi portuali, strutture ricettive di carattere alberghiero ed extra alberghiero, scuole, università, impianti e attrezzature sportive, nonché l’individuazione di aree per standard finalizzate alla realizzazione di edilizia sociale e l’individuazione di aree dei piani di zona ex legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) e per il recupero dei nuclei abusivi ai sensi della legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente), è autorizzata dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale che acquisisce all’uopo l’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali; il Consiglio regionale approva la proposta della Giunta regionale entro centoventi giorni dal ricevimento della stessa. Sono altresì consentiti interventi di ristrutturazione edilizia ed ampliamenti di edifici destinati ad attività produttive che comportino la realizzazione di un volume non superiore al 20 per cento dell’edificio esistente, salvo prescrizioni più restrittive contenute nelle classificazioni di zona dei PTP o del PTPR. E’ altresì consentito, fermo restando la cubatura ammissibile, per finalità legate alle attività esercitate nelle zone produttive, derogare alle altezze ammesse dai PTP purché conformi a quelle ammesse dal PTPR che non superino comunque quelle degli edifici limitrofi esistenti;”
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
I.3 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 32, lett. a) e c), della 1.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004.
L’art. 5, comma 32, lettere a) e c), nn. 1), 2) e 3):
a) introduce nella l.r. 24/1998 l’art. 8, comma 3.3, che consente, mediante un’ intesa tra Regione e Ministero per i beni e le attività culturali, di derogare a PTP e PTPR per realizzare o
integrare bacini sciistici;
b) riformula l’art. 18-ter, lettera b), della predetta legge regionale per consentire analoga deroga per ampliamenti e completamenti di edifici pubblici, realizzazione di opere pubbliche o private di pubblico interesse, individuazione di aree per standard per edilizia sociale, per i PEEP e per il recupero di nuclei abusivi;
c) introduce nello stesso art. 18 della legge regionale n. 24 del 1998, la lettera b-bis), che consente analoga deroga per interventi in aree edificabili;
d) introduce altresì nel predetto articolo la lettera d-bis), relativa ad analoga deroga per installazioni di infrastrutture di comunicazione elettronica.
Tali disposizioni consentono interventi di trasformazione del territorio, non solo prescindendo dalla conformità e dalla verifica di compatibilità rispetto alle previsioni del piano paesaggistico, ma prevedendo addirittura la possibilità, potenzialmente illimitata, di derogare a dette previsioni mediante particolari intese tra Stato e Regione.
Le impugnate disposizioni, pur contemplando la partecipazione degli organi statali al procedimento, risultano in contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali sulla pianificazione paesaggistica. Infatti, anche in questo caso la Regione Lazio deroga alla regola generale dettata dalla legge statale, cui competente in via esclusiva la funzione di disciplinare queste procedure di tutela del paesaggio. L’anomala «intesa», coniata dal legislatore regionale in evidente carenza di potere legislativo, non può sopperire alla procedura legittima di co-pianificazione paesaggistica disciplinata dettagliatamente, in termini affatto diversi, dalla legge nazionale.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Identico a quello proposto dalla Giunta Regionale.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“3. La lettera b) del comma 1 dell’articolo 18 ter della l.r. n. 24 del 1998 è sostituita dalla seguente:
“b) fatte salve prescrizioni più restrittive contenute nelle classificazioni di zona dei PTP o del PTPR, gli interventi di ristrutturazione edilizia e, limitatamente alle strutture di interesse pubblico o destinate ad attività produttive e agli impianti e alle attrezzature sportive, gli ampliamenti che comportino la realizzazione di un volume non superiore al 20 per cento del volume dell’edificio esistente;”.
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Art. 18 ter
(Interventi sul patrimonio edilizio esistente e sulle infrastrutture)
Testo previgente del comma 1, lettera b bis) inserita dall’articolo 5, comma 32, lettera c), numero 2) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
“1. Fermo restando l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica di cui all’articolo 25, nelle zone sottoposte a vincolo paesistico sono comunque consentiti, anche in deroga alle disposizioni contenute nel presente capo: ….
b bis) gli interventi nelle aree edificabili, dotate di urbanizzazione primaria, previste negli strumenti urbanistici vigenti, adottati, e loro varianti, delimitate da ambiti classificati dal PTPR come insediamenti urbani, la cui trasformazione non risulta compatibile con la classificazione di tutela, sono autorizzati dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale che acquisisce all’uopo l’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali; il Consiglio regionale approva la proposta della Giunta regionale entro centoventi giorni dal ricevimento della stessa;”.
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
I.3 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 32, lett. a) e c), della 1.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004.
L’art. 5, comma 32, lettere a) e c), nn. 1), 2) e 3):
a) introduce nella l.r. 24/1998 l’art. 8, comma 3.3, che consente, mediante un’ intesa tra Regione e Ministero per i beni e le attività culturali, di derogare a PTP e PTPR per realizzare o
integrare bacini sciistici;
b) riformula l’art. 18-ter, lettera b), della predetta legge regionale per consentire analoga deroga per ampliamenti e completamenti di edifici pubblici, realizzazione di opere pubbliche o
private di pubblico interesse, individuazione di aree per standard per edilizia sociale, per i PEEP e per il recupero di nuclei abusivi;
c) introduce nello stesso art. 18 della legge regionale n. 24 del 1998, la lettera b-bis), che consente analoga deroga per interventi in aree edificabili;
d) introduce altresì nel predetto articolo la lettera d-bis), relativa ad analoga deroga per installazioni di infrastrutture di comunicazione elettronica.
Tali disposizioni consentono interventi di trasformazione del territorio, non solo prescindendo dalla conformità e dalla verifica di compatibilità rispetto alle previsioni del piano paesaggistico, ma prevedendo addirittura la possibilità, potenzialmente illimitata, di derogare a dette previsioni mediante particolari intese tra Stato e Regione.
Le impugnate disposizioni, pur contemplando la partecipazione degli organi statali al procedimento, risultano in contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali sulla pianificazione paesaggistica. Infatti, anche in questo caso la Regione Lazio deroga alla regola generale dettata dalla legge statale, cui competente in via esclusiva la funzione di disciplinare queste procedure di tutela del paesaggio. L’anomala «intesa», coniata dal legislatore regionale in evidente carenza di potere legislativo, non può sopperire alla procedura legittima di co-pianificazione paesaggistica disciplinata dettagliatamente, in termini affatto diversi, dalla legge nazionale.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Identico a quello proposto dalla Giunta Regionale.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“4. La lettera b bis) del comma 1 dell’articolo 18 ter della l.r. n. 24 del 1998 è sostituita dalla seguente:
“b bis) gli ampliamenti ed il completamento di edifici pubblici adibiti a pubbliche funzioni anche in deroga alle classificazioni di zona del PTP o del PTPR adottato ai sensi dell’articolo 23, comma 2, nonché la realizzazione di opere pubbliche volte a soddisfare gli inderogabili standard urbanistici di cui al d.m. 1444/1968.
Queste ultime ad esclusione delle tutele integrali dei PTP e dei sistemi naturali del PTPR;”.
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Art. 18 ter
(Interventi sul patrimonio edilizio esistente e sulle infrastrutture)
Testo previgente del comma 1, lettera d)
“1. Fermo restando l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica di cui all’articolo 25, nelle zone sottoposte a vincolo paesistico sono comunque consentiti, anche in deroga alle disposizioni contenute nel presente capo: …. d) le isole ecologiche per la raccolta differenziata dei rifiuti.”
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
Non è stata portata nessuna censura al riguardo.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Identico a quello proposto dalla Giunta Regionale.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“5. Alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 18 ter della l.r. n. 24 del 1998 dopo le parole: “raccolta differenziata dei rifiuti” sono aggiunte le seguenti: “, gli impianti di compostaggio, anche in deroga alle classificazioni di zona del PTP o del PTPR, ad esclusione delle tutele integrali dei PTP e dei sistemi naturali del PTPR, subordinato all’esito di una apposita conferenza dei servizi, previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale, ove prevista, con la partecipazione delle amministrazioni interessate all’intervento, e purché gli interventi siano realizzati in un’area la cui superficie sia inferiore ad un ettaro e ricadano negli ambiti destinati ad accogliere tali impianti individuati con deliberazione del consiglio comunale. Tale deroga è autorizzata dal Consiglio regionale su proposta della Giunta. Il Consiglio regionale approva la proposta della Giunta entro centoventi giorni dal ricevimento della stessa;”.
**************************
Art. 18 ter
(Interventi sul patrimonio edilizio esistente e sulle infrastrutture)
Testo previgente del comma 1, lettera d bis) aggiunta dall’articolo 5, comma 32, lettera c), numero 3) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
“1. Fermo restando l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica di cui all’articolo 25, nelle zone sottoposte a vincolo paesistico sono comunque consentiti, anche in deroga alle disposizioni contenute nel presente capo: …. d bis) le installazioni e gli adeguamenti relativi ad infrastrutture di comunicazione elettronica di cui agli articoli 87 ed 87 bis del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche) e successive modifiche compresi tra gli interventi di lieve entità di cui ai punti 23 e 24 dell’allegato 1 del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 (Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell’articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni), nonché le opere di cui all’articolo 88 del medesimo decreto legislativo; tali interventi sono effettuati in deroga alle disposizioni contenute nelle classificazioni di zona dei PTP o del PTPR.”.
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
I.3 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 32, lett. a) e c), della 1.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004.
L’art. 5, comma 32, lettere a) e c), nn. 1), 2) e 3):
a) introduce nella l.r. 24/1998 l’art. 8, comma 3.3, che consente, mediante un’ intesa tra Regione e Ministero per i beni e le attività culturali, di derogare a PTP e PTPR per realizzare o
integrare bacini sciistici;
b) riformula l’art. 18-ter, lettera b), della predetta legge regionale per consentire analoga deroga per ampliamenti e completamenti di edifici pubblici, realizzazione di opere pubbliche o
private di pubblico interesse, individuazione di aree per standard per edilizia sociale, per i PEEP e per il recupero di nuclei abusivi;
c) introduce nello stesso art. 18 della legge regionale n. 24 del 1998, la lettera b-bis), che consente analoga deroga per interventi in aree edificabili;
d) introduce altresì nel predetto articolo la lettera d-bis), relativa ad analoga deroga per installazioni di infrastrutture di comunicazione elettronica.
Tali disposizioni consentono interventi di trasformazione del territorio, non solo prescindendo dalla conformità e dalla verifica di compatibilità rispetto alle previsioni del piano paesaggistico, ma prevedendo addirittura la possibilità, potenzialmente illimitata, di derogare a dette previsioni mediante particolari intese tra Stato e Regione.
Le impugnate disposizioni, pur contemplando la partecipazione degli organi statali al procedimento, risultano in contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali sulla pianificazione paesaggistica. Infatti, anche in questo caso la Regione Lazio deroga alla regola generale dettata dalla legge statale, cui competente in via esclusiva la funzione di disciplinare queste procedure di tutela del paesaggio. L’anomala «intesa», coniata dal legislatore regionale in evidente carenza di potere legislativo, non può sopperire alla procedura legittima di co-pianificazione paesaggistica disciplinata dettagliatamente, in termini affatto diversi, dalla legge nazionale.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Identico a quello proposto dalla Giunta Regionale.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“6. La lettera d bis) del comma 1 dell’articolo 18 ter della l.r. n. 24 del 1998 è abrogata.”
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Art. 18 quater
(Eliminazione delle barriere architettoniche)
Testo previgente del comma 1, inserito dall’articolo 14, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
“1. Gli interventi edilizi relativi ad immobili sottoposti a vincolo paesistico, finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, sono realizzati in conformità alle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche.”
Ricorso per legittimità costituzionale
Non è stata portata nessuna censura.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Non è stata proposta nessuna modifica.
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Non è stata portata nessuna modifica.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“7. Al comma 1 dell’articolo 18 quater della l.r. n. 24 del 1998 dopo le parole: “edilizi relativi ad immobili sottoposti a vincolo paesistico” sono inserite le seguenti: “anche in deroga alle classificazioni di zona dei PTP o del PTPR” e dopo le parole: “e successive modifiche” sono aggiunte le seguenti: “, fatto salvo il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche.”.
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Art. 21 (Approvazione del PTPR)
Testo previgente del comma 1, con il termine del 14 febbraio 2015 così come da ultimo modificato dall’articolo 1 della legge regionale 26 febbraio 2014, n. 3
“1. Entro il 14 febbraio 2015, la Regione procede all’approvazione del PTPR quale unico piano territoriale paesistico regionale redatto nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 22. Decorso inutilmente tale termine, operano esclusivamente le norme di tutela di cui al Capo II e, nelle aree sottoposte a vincolo paesistico con provvedimento dell’amministrazione competente, sono consentiti esclusivamente interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento, recupero statico ed igienico e restauro conservativo.”
Ricorso per legittimità costituzionale
Non è stata portata nssuna censura.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Non è stata proposta nessuna modifica.
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Non è stata proposta nessuna modifica.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“ 8. Al comma 1 dell’articolo 21 della l.r. n. 24 del 1998 le parole: “Entro il 14 febbraio 2015” sono sostituite dalle seguenti: “Entro il 15 febbraio 2015”.
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Art. 26
(Errata o incerta perimetrazione dei vincoli)
Comma 2 bis inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 3 sostituito dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 4 sostituito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 4 bis inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Ricorso per legittimità costituzionale n. 143 del 12 ottobre 2012
I.1. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1 della legge della regione Lazio n. 12/2012, per violazione dell’articolo 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento al d.lgs. n. 42 del 2004.
L’art. 1, comma 1, della legge della Regione Lazio n. 12/2012 modifica l’art. 26 (“Errata o incerta perimetrazione dei vincoli”) della l.r. n. 24/1998 (recante “Pianificazione paesistica e tutela delle aree sottoposte a vincolo paesistico”), inserendovi i commi 2-bis e 4-bis e sostituendo i commi 3 e 4. In particolare la norma così dispone: “All’art. 26 della L.R. n. 24/1998 e successive modifiche sono apportate le seguenti modifiche:
a) dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:
«2-bis. In caso di contrasto tra le perimetrazioni del PTPR e l’effettiva esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi dell’art. 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche, come risultano definiti e accertati dal PTPR, la Regione procede all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR alle citate disposizioni, con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale. Qualora le riperimetrazioni comportino una estensione dei vincoli, la deliberazione del Consiglio regionale deve essere preceduta dalle forme di pubblicità di cui all’art. 23.»;
b) il comma 3 é sostituito dal seguente:
«3. Nell’ambito della collaborazione tra pubbliche amministrazioni, l’adeguamento delle perimetrazioni ai sensi dei commi 1, 2 e 2-bis può essere attivato dai comuni con deliberazione del consiglio e da chiunque vi abbia interesse per il tramite dei comuni che, entro trenta giorni dalla richiesta, inviano alla Regione la documentazione comprovante l’erronea perimetrazione delle aree di notevole interesse pubblico o dei beni sottoposti a vincolo.
Nell’ambito della copianificazione, ai sensi dell’art. 135, comma 1, del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, ove l’ipotesi di cui al comma 2-bis riguardi beni identitari archeologici e storici, puntuali e lineari, l’istanza di rettifica e la relativa documentazione sono trasmesse ai competenti uffici del Ministero per i beni e le attività culturali, ai fini della verifica della sussistenza
dell’interesse archeologico e paesaggistico. La Regione, a seguito della comunicazione dell’accertamento ministeriale, provvede alla rettifica con le procedure di cui al comma 2-bis. La Regione, entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione, comunica al comune eventuali controdeduzioni in ordine alla richiesta di adeguamento delle perimetrazioni.»;
c) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. In attesa dell’adeguamento cartografico delle perimetrazioni in attuazione dei commi 1, 2, 2-bis e 4-bis, si fa riferimento, ai fini delle autorizzazioni e dei pareri paesistici di cui all’art. 25, alla declaratoria dei provvedimenti di apposizione del vincolo ai sensi del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche e alla effettiva esistenza dei beni come definita ed accertata ai sensi degli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 nonché alla accertata sussistenza dell’interesse archeologico e paesaggistico di cui al comma 3.»;
d) dopo il comma 4 e’ inserito il seguente:
«4-bis. Fino all’approvazione del PTPR, la Regione procede all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR adottato ai sensi dell’art. 23, comma 2, nei casi di cui ai commi 1, 2 e 2-bis, con deliberazione della Giunta regionale e successiva approvazione del Consiglio regionale».
Le disposizioni così introdotte o modificate si pongono in contrasto con l’art. 117, comma 2 lettera s) della Costituzione per i seguenti motivi:
a) Il neo introdotto comma 2-bis della l.r. n. 24/1998 introduce una procedura speciale di correzione di eventuali contrasti tra le perimetrazioni del Piano territoriale paesistico regionale e
l’effettiva esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi dell’art. 134, c. 1, lett. e) d.lgs. n. 42/2004, disponendo che “la Regione procede all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR (…) con deliberazione del Consiglio Regionale, su proposta della Giunta“.
Orbene, lo stesso risulta invasivo della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni paesaggistici (art. 117, c. 2, lett. s) affidata alla pianificazione paesaggistica congiunta tra Stato e Regione ai sensi degli articoli 135 e ss. del Codice dei beni culturali. Dalla data di approvazione del d.lgs. n. 42/2004, infatti, la riperimetrazione dei vincoli paesaggistici è
affidata unicamente alla pianificazione paesaggistica – sede a ciò deputata dall’art. 143 del suddetto Codice – con la conseguente illegittimità costituzionale di leggi regionali con tali contenuti (di qui, oltre alla illegittimità costituzionale del comma 1 della l.r. n. 12/2012, anche l’illegittimità costituzionale dell’intera legge modificata, la l.r. n. 24/1998, da ritenersi implicitamente abrogata in forza della l. n. 53/1953);
b) per le medesime ragioni (violazione dell’art. 117, c. 2, lett. S Cost.) andrà dichiarata l’illegittimità del comma 3 del medesimo art. 26 l.r. n. 24/1998, come sostituito dall’art. 1, comma
1, della legge della Regione Lazio n. 12/2012, che disciplina la procedura di riperimetrazione, oltre che per le aree di interesse pubblico e per i beni sottoposti a vincolo, anche nelle ipotesi di “beni identitari archeologici e storici, puntuali e lineari”.
La legge regionale, infatti, invade l’ambito della potestà legislativa esclusiva statale disciplinando un modello procedimentale di esercizio di funzioni amministrative non previsto dal Codice dei beni culturali, peraltro introducendo nuovi e diversi tipi giuridici sconosciuti alla disciplina nazionale.
Con riferimento a tale ultima previsione, si rileva che il riferimento alla copianificazione (ex art. 135, c. 2 del d.lgs. n. 42/2004) e il coinvolgimento del Ministero per i beni culturali e ambientali nel relativo procedimento di ripetrimetrazione (che peraltro e’ limitata al caso in cui “l’ipotesi di cui al comma 2-bis riguarda i beni identitari, archeologici, storici, puntuali e lineari”) non fanno venir meno i profili di illegittimità trattandosi di intervento che si sovrappone a quello statale garantito dalla competenza esclusiva della più volte citata norma costituzionale;
c) sono parimenti incostituzionali per violazione dell’art. 117, c. 2, lett. s) Cost. i commi 4 e 4-bis dell’art. 26 della l.r. n. 24/1998, come risultanti dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1 della l.r. n. 12/2012.
La prima disposizione, infatti, prevede che “in attesa dell’adeguamento cartografico delle perimetrazioni (…) si fa riferimento, ai fini delle autorizzazioni e dei pareri paesaggistici di cui all’art. 25 (…) all’effettiva esistenza dei beni (…) nonché all’accertata sussistenza dell’interesse archeologico e paesaggistico di cui al comma 3“. Quanto al comma 4-bis, è incostituzionale la previsione che attribuisce alla Regione il potere di procedere unilateralmente, senza alcun coinvolgimento del Ministero, fino all’approvazione del nuovo PTPR, all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR adottato”.
I.2. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1 della legge della regione Lazio n. 12/2012, per violazione degli artt. 9, 10, 11 e 117, commi 1 Cost., con riferimento al d.lgs. n. 42 del 2004.
Alla luce delle suesposte argomentazioni l’art. 1, comma 1, della legge della Regione Lazio n. 12/2012 si pone altresì in contrasto con gli artt. 9, 10, 11 e 117, I co., della Costituzione.
In particolare, la violazione delle disposizioni stabilite dalla legge statale in tema di pianificazione paesaggistica (d.lgs. n. 42/2004) comporta di per sé la violazione dei principi costituzionali in materia di tutela del paesaggio, recepiti anche dalla Convenzione Europea del Paesaggio aperta alla Firma a Firenze il 20 ottobre 200 e ratificata dall’Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14. E ciò per l’evidente ragione che la pianificazione costituisce strumento necessario per la salvaguardia di tali valori primari.
Risultano, pertanto, violati gli artt. 9, 10, 11 e 117, I co., della Costituzione, secondo cui la Repubblica Italiana tutela il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico e si obbliga a rispettare le convenzioni internazionali cui abbia aderito ed i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Non è stata apportata nessuna modifica.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“9. L’articolo 26 della l.r. n. 24 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Art. 26
(Errata o incerta perimetrazione dei vincoli)
1.In caso di contrasto delle perimetrazioni dei PTP o del PTPR con la declaratoria delle aree di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, contenuta nei relativi provvedimenti di apposizione del vincolo, o con l’effettiva esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi dell’articolo 142 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, come risultano definiti e accertati dalle disposizioni contenute negli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 o con l’effettiva esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi dell’articolo 134, comma 1, lettera c) del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, come risultano definiti e accertati dal PTPR, la Regione, nel rispetto degli articoli 143, comma 2 e 156, comma 3 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, procede all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR secondo le procedure previste dalla presente legge per l’approvazione del PTPR, con i termini ridotti alla metà.”.
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Art. 36 quater
(Criteri per la redazione del primo PTPR – Disposizioni transitorie)
Testo previgente del comma 1.1, inserito dall’articolo 5, comma 32, lettera d) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
“1.1. Fino all’approvazione del PTPR e comunque per un periodo non superiore a cinque anni dalla sua adozione, gli strumenti urbanistici adottati in conformità ai PTP approvati, trasmessi alla Regione prima della data di pubblicazione del PTPR indicata dal comma 1 sexies, in relazione ai quali i comuni abbiano riscontrato, nell’ambito del PTPR, una incongrua individuazione dei paesaggi ovvero contradditorietà della relativa disciplina, sono valutati con le procedure di cui al comma 1. Gli esiti dei procedimenti conclusi ai sensi del presente comma sono recepiti nel PTPR, secondo le procedure previste per la sua approvazione.”
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
I.2 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 32, lett. d) ed e), della l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004. L’art. 5, comma 32, lettera d), modifica l’art. 36-quater, comma 1.1., della 1.r. Lazio n. 24 del 1998, prevedendo un periodo quinquennale (o fino all’approvazione del PTPR adottato, se interverrà prima) durante il quale i Comuni possono evidenziare incongruità del PTPR nell’individuazione dei paesaggi, ovvero contraddittorietà della relativa disciplina rispetto a quella prevista dai propri strumenti urbanistici adottati precedentemente, proponendo alla Regione – ai sensi del comma 1 – modifiche da recepire in sede di approvazione del piano paesaggistico. In questo caso, si tratta di modificazioni della pianificazione territoriale di tutela, che potrebbe essere ridefinita al di fuori di qualsiasi intervento dell’Amministrazione statale. In tal modo, si determina un sostanziale «congelamento» della pianificazione congiunta concordata, con sovvertimento delle regole previste dal Codice sulla pianificazione paesaggistica; e ciò in quanto si consente una sorta di «deroga» temporanea ai normali assetti e svolgimenti della co-pianificazione paesaggistica, con pretermissione totale del ruolo indefettibile dello Stato.
La norma non è conforme al corretto sviluppo applicativo della disciplina nazionale, specialmente ove si consideri che tale «moratoria» quinquennale, demandata all’iniziativa dei Comuni in dialogo con la sola Regione, interviene a distanza di oltre tre anni dall’entrata in vigore del testo definitivo del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che sancisce univocamente la necessità di una pianificazione congiunta dei beni paesaggistici tra Stato e Regione, e di quasi due anni dalla scadenza del termine al decorso infruttuoso del quale viene collegata (art. 156, comma 1) la possibilità di esercitare i poteri sostitutivi dello Stato in materia (31 dicembre 2009).
Analoghe considerazioni valgono per la norma, di cui all’art. 5, comma 32, lettera e), della legge in esame, che introduce l’art. 36-quinquies della 1.r. n. 24 del 1998, che, sempre nelle more
dell’approvazione del PTPR, consente alla Regione Lazio di correggere errori grafici o materiali su segnalazioni dei Comuni.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Non è stata apportata nessuna modifica.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“10. Il comma 1.1 dell’articolo 36 quater della l.r. n. 24 del 1998 è abrogato.”
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Legge regionale n. 21 dell’11 agosto 2009
(Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale)
Art. 2
(Ambito di applicazione)
Articolo sostituito dall’articolo 2 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
II.1 – Illegittimità costituzionale dell’art. 2, della l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 6, commi 3 e 4; 11, commi 1 e 3; 12, comma 2, lett. d), e 22, comma 1, lett. d), della 1. n. 394 del 1991.
L’art. 2 della legge impugnata sostituisce l’art. 2 della 1.r. Lazio n. 21 del 2009, concernente «misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale sociale».
La norma novellata consente di effettuare in modo generalizzato interventi edilizi di ampliamento, di demolizione e di ricostruzione, alle condizioni alternativamente previste dal primo comma. Il secondo comma, lett. c), prevede alcuni divieti alla realizzazione degli interventi senza tuttavia escludere le zone di promozione economica e sociale individuate nei piani di assetto, nonché le zone B in regime di salvaguardia delle aree naturali protette, facendo così salve solo in parte le aree naturali protette.
La norma contrasta perciò con le disposizioni contenute nella legge quadro statale in materia di aree protette n. 394/1991, che costituiscono espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. In particolare, la norma in esame determina la violazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6, della citata legge n. 394/1991, che prevedono rispettivamente che «Sono vietati fuori dei centri edificati di cui all’art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l’esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, qualsiasi mutamento dell’utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant’altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell’area protetta. In caso di necessità ed urgenza, il Ministro dell’ambiente, con provvedimento motivato, sentita la Consulta, può consentire deroghe alle misure di salvaguardia in questione, prescrivendo le modalità di attuazione di lavori ed opere idonei a salvaguardare l’integrità dei luoghi e dell’ambiente naturale. Resta ferma la possibilità di realizzare interventi di manutenzione ordinarla e straordinaria di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e alla regione interessata” e che “dall’istituzione della singola area protetta sino all’approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all’art. 11».
Profili di contrasto con la citata legge quadro statale sono rinvenibili anche con riferimento ai commi 1 e 3 dell’art. 11, secondo i quali «Il regolamento del parco disciplina l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco ed è adottato dall’Ente parco, anche contestualmente all’approvazione del piano per il parco di cui all’art. 12 e comunque non oltre sei mesi dall’approvazione del medesimo» e «..nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat.»; e tali norme, in base all’art. 22, comma l, lettera d) della medesima legge, costituiscono principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali.
Risulta altresì violata la norma contenuta nell’art.12, comma 2, lettera d) della stessa legge quadro, che prevede che nelle aree di promozione economico e sociale siano consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori.
L’impugnata norma viola pertanto il precetto costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., che vieta alle Regioni di derogare alle norme riservate alla competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale.
Testo previgente del comma 2, lettera c), modificata dall’articolo 1, comma 4, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
“2. Le disposizioni del presente capo non si applicano agli interventi di cui al comma 1 da effettuarsi su edifici realizzati abusivamente nonché: …
c) su edifici situati nelle aree naturali protette, con esclusione delle zone di promozione economica e sociale individuate nei piani di assetto delle aree naturali protette vigenti ovvero, in assenza dei piani di assetto, delle zone B individuate dalle leggi istitutive delle aree ai fini dell’applicazione delle disposizioni di salvaguardia ovvero, in assenza dell’individuazione delle zone B, nelle zone che nelle leggi istitutive delle aree naturali protette si considerano edificabili ai fini dell’applicazione delle norme di salvaguardia, fatto salvo in ogni caso il nulla osta del soggetto gestore dell’area naturale protetta;”
Ricorso per legittimità costituzionale n. 143 del 12 ottobre 2012
Non è stata rilevata una censura diretta.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“1. Alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 2 della l.r. n. 21 del 2009, le parole: “con esclusione delle zone di promozione economica e sociale individuate nei piani di assetto delle aree naturali protette vigenti ovvero, in assenza dei piani di assetto, delle zone B individuate dalle leggi istitutive delle aree ai fini dell’applicazione delle disposizioni di salvaguardia ovvero, in assenza dell’individuazione delle zone B, nelle zone che nelle leggi istitutive delle aree naturali protette si considerano edificabili ai fini dell’applicazione delle norme di salvaguardia, fatto salvo in ogni caso il nulla osta del soggetto gestore dell’area naturale protetta” sono sostituite dalle seguenti: “fatta salva la possibilità di prevedere nei regolamenti delle aree naturali protette di cui all’articolo 27 della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali) e successive modifiche, nelle zone di cui all’articolo 26, comma 1, lettera f), numero 4) della l.r. 29/1997 e successive modifiche, entro un anno dall’approvazione dei regolamenti medesimi, gli interventi di cui agli articoli 3, 3 bis e 5, per un incremento massimo di 38 metri quadrati per ciascun intervento;”.
N.B. – Oltre a sconfessare la Giunta Regionale, il Consiglio Regionale del Lazio demanda ai Regolamenti delle aree naturali protette regionali la possibilità di fare salvi interventi di ampliamento degli edifici (art. 3), incentivi per l’adeguamento sismico degli edifici esistenti (art. 3 bis) ed interventi di recupero degli edifici esistenti (art. 5). Si tratta di un modifica di dubbia legittimità costituzionale.
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Art. 3 (Interventi di ampliamento degli edifici)
Comma 1, lettera b) sostituita dall’articolo 1, comma 5, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 1, lettera d) modificata dall’articolo 1, comma 5, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 6 modificato dall’articolo 1, comma 5, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 7 modificato dall’articolo 1, comma 5, lettera d), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 8 modificato dall’articolo 1, comma 5, lettera e), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Art. 3 ter
(Interventi finalizzati al reperimento di alloggi a canone calmierato attraverso il cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale)
Comma 1, alinea modificata dall’articolo 1, comma 6, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 1, lettera b) modificata dall’articolo 1, comma 6, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 1, lettera c) modificata dall’articolo 1, comma 6, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 1, lettera f) inserita dall’articolo 1, comma 6, lettera d), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 3 sostituito dall’articolo 1, comma 6, lettera e), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 6 modificato dall’articolo 1, comma 6, lettera f), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12 C
omma 9 bis inserito dall’articolo 1, comma 166 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 12
Art. 3 quater
(Interventi finalizzati al riutilizzo del patrimonio edilizio dismesso attraverso il cambiamento della destinazione in altro uso non residenziale)
Articolo inserito dall’articolo 1, comma 7 della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Ricorso per legittimità costituzionale n. 143 del 12 ottobre 2012
III.1. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 7 della legge della regione Lazio n. 12/2012, per violazione dell’art. 117, c. 3, della Costituzione.
L’art. 1 comma 7 della legge della Regione Lazio n. 12/2012 così dispone: “Dopo l’art. 3-ter della L.R n. 21/2009, come da ultimo modificato dalla L.R. n. 10/2011, è inserito il seguente:
“Art. 3-quater (Interventi finalizzati al riutilizzo del patrimonio edilizio dismesso attraverso il cambiamento della destinazione in altro uso non residenziale). – 1. In deroga alle
previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti o adottati nonché nei comuni sprovvisti di tali strumenti, sono consentiti cambi di destinazione ad altro uso non residenziale attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, di sostituzione edilizia, con demolizione e ricostruzione, e di completamento, previa acquisizione del titolo abilitativo edilizio di cui all’art. 6, degli edifici di cui all’art. 2 aventi destinazione non residenziale con esclusione di teatri e cinema, che siano dismessi o mai utilizzati alla data del 30 settembre 2010, ovvero che alla stessa data siano in corso di realizzazione e non siano ultimati e/o per i quali sia scaduto il titolo abilitativo edilizio ovvero, limitatamente agli edifici con destinazione d’uso direzionale, che siano anche in via di dismissione. Gli interventi di cui al presente comma sono consentiti
nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) gli interventi non possono riguardare edifici ricompresi all’interno delle zone D di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, ovvero nell’ambito di consorzi
industriali o di piani degli insediamenti produttivi, fatti salvi gli interventi nelle zone omogenee D inferiori a 10 ha, che riguardino edifici dismessi o mai utilizzati alla data del 31 dicembre 2005;
b) gli interventi non possono riguardare gli edifici ricompresi all’interno delle zone omogenee E di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
c) gli interventi finalizzati al cambio di destinazione d’uso sono consentiti fino ad un massimo di 2.500 metri quadrati di superficie utile lorda;
d) gli interventi sono realizzati nel rispetto delle altezze e delle distanze previste dagli articoli 8 e 9 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968. n. 1444.
2. Gli interventi di modifica di destinazione d’uso di cui al comma 1 determinano automaticamente la modifica della destinazione di zona dell’area di redime e delle aree pertinenziali dell’edificio.”.
La norma e’ costituzionalmente illegittima per violazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio (art. 117, c. 3, della Costituzione). La disposizione censurata, che consente anche nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici “cambi di destinazione ad altro uso non residenziale attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, di sostituzione edilizia, con demolizione e ricostruzione, e di completamento” si pone in contrasto con quanto previsto all’art. 9 del d.P.R. n. 380/2001 che nelle zone sprovviste di strumenti urbanistici consente esclusivamente gli interventi di manutenzione ordinaria, gli interventi di manutenzione straordinaria, e gli interventi di restauro e risanamento conservativo. La definizione degli interventi edilizi realizzabili in assenza di strumenti urbanistici effettuata dall’art. 9 del d.P.R. n. 380/2001 costituisce un principio fondamentale della materia del governo delle regioni, in relazione al quale le leggi regionali possono introdurre unicamente limiti più restrittivi (art. 9, c. 1).
Codesta Corte ha infatti già ricondotto nell’ambito della normativa di principio in materia di governo del territorio le disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi per gli interventi edilizi (si vd. sentenza n. 303 del 2003, punto 11.2 del considerato in diritto).
Art. 4
(Interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici)
Articolo sostituito dall’articolo 5, comma 2 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10 Comma 4, lettera a) modificata dall’articolo 1, comma 8, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Art. 5
(Interventi di recupero degli edifici esistenti)
Articolo sostituito dall’articolo 5, comma 3 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
Comma 2 modificato dall’articolo 1, comma 9, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 4 modificato dall’articolo 1, comma 9, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Nessuna modifica
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“2. All’alinea del comma 1 degli articoli 3, 3 ter, 3 quater, 4 e 5 della l.r. n. 21 del 2009, le parole: “nonché nei comuni sprovvisti di tali strumenti,” sono soppresse.”
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Art. 7
(Programmi integrati di riqualificazione urbana e ambientale)
Articolo sostituito dall’articolo 5, comma 6 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
Comma 1 modificato dall’articolo 1, comma 11, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 3, alinea modificata dall’articolo 1, comma 11, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 3, lettera b) modificata dall’articolo 1, comma 11, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 3 bis inserito dall’articolo 1, comma 11, lettera d), della legge regionale 6 agosto 2012, n.12
Comma 4 modificato dall’articolo 1, comma 11, lettera e), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 8 sostituito dall’articolo 1, comma 11, lettera f), della legge regionale 6 agosto 2012, n.12
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
I.1 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, della l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli 9, 10, 11 e 117, commi l e 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004.
L’art. 5, comma 6, della l.r. in esame sostituisce l’art. 7 della l.r. Lazio n. 21 del 2009, in tema di programmi integrati di riqualificazione urbana e ambientale. Essa attribuisce a detti strumenti comunali le funzioni di «recupero e riqualificazione di aree sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici compromesse da degrado ambientale», nonché le scelte sull’espansione edificatoria, mediante il «trasferimento della edificazione esistente o prevista nelle aree di valore paesaggistico… all’interno degli ambiti sottoposti a riqualificazione urbana o in altri ambiti della pianificazione urbanistica comunale…».
Tale norma presenta evidenti profili di incostituzionalità, per violazione dell’art. 9 della Costituzione, in tema di tutela del paesaggio; dell’art. 117, comma 2, lettera s), Cost., che attribuisce la tutela del paesaggio alla competenza esclusiva dello Stato, per contrasto con le norme statali interposte contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio adottato con il decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni, nonché degli articoli 10, 11 e 117, comma 1, Cost., per contrasto con la Convenzione europea del paesaggio aperta alla firma a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata dall’Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14.
Invero, le funzioni e gli obiettivi attribuiti dalla norma impugnata ai programmi di riqualificazione ambientale adottati dai Comuni, appartengono ai piani paesaggistici disciplinati dagli articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali. Secondo l’art. 143 cit. del Codice, infatti, uno dei contenuti minimi essenziali del piano paesaggistico, da redigere e approvare obbligatoriamente in base ad accordi tra Stato e Regione per i beni vincolati, consiste proprio nella ricognizione delle aree vincolate, nella loro qualificazione, anche in termini di area compromessa o degradata, per la conseguente previsione di misure di recupero e riqualificazione, anche mediante la creazione di nuovi paesaggi.
Questi contenuti pianificatori, appartenenti allo Stato in base alla Costituzione e al Codice di settore, vengono affidati dalla norma regionale ad altri strumenti pianificatori urbanistici comunali da considerarsi inidonei (cfr. Corte cost. n. 182 del 2006 cit.).
In tal modo, vengono predeterminati, con riferimento ad un ambito territoriale e ad un livello istituzionale non adeguati (quello comunale), previsioni che, secondo il Codice e le relative
prospettive attuative, devono trovare la loro sede propria nell’emanando PTPR della Regione Lazio, in guisa che viene vanificata l’attività di co-pianificazione in essere.
Lo svuotamento di ogni contenuto utile della co-pianificazione paesaggistica si rende particolarmente evidente nella previsione del comma 3, lett. b) del novellato art. 7 della legge regionale n. 21 del 2009, che demanda ai Comuni, in sede di redazione dei programmi di riqualificazione urbana, la previsione della «traslazione, previa localizzazione, delle volumetrie degli edifici demoliti e di quelle previste dalla pianificazione comunale vigente, in altre aree esterne a quelle vincolate, facendo ricorso anche al cambio di destinazioni urbanistiche vigenti e all’aumento della capacità edificatoria», nonché nella previsione del comma 8 del medesimo art. 7 della legge n. 21 del 2009, così come novellato dalla norma qui censurata, che riguarda i comuni costieri, per i quali i programmi di cui al comma 3, «finalizzati a delocalizzare gli edifici esistenti nelle fasce di rispetto relative al territorio costiero marittimo previste dall’art. 142, comma 1, lettera a), del d.lgs. 42/2004…, devono prevedere la ricostruzione degli edifici demoliti al di fuori delle fasce medesime consentendo un incremento delle volumetrie fino al 150 per cento».
È evidente che le predette norme di legge regionale dispongono unilateralmente della sorte dei beni paesaggistici (tra cui le fasce di rispetto ex lege «Galasso»), al di fuori di qualsivoglia concertazione con lo Stato, negando ogni funzione alla pianificazione paesaggistica, che – secondo la legge statale – costituisce lo strumento tipico per la ridefinizione e la pianificazione di tali aree protette.
La violazione delle disposizioni stabilite dalla legge statale in tema di pianificazione paesaggistica comporta di per sé la violazione dei principi costituzionali in materia di tutela del paesaggio, recepiti anche dalla Convenzione Europea sopra richiamata; e ciò per l’evidente ragione che la pianificazione costituisce strumento necessario per la salvaguardia di tali valori primari.
Risultano perciò violati, accanto all’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., anche gli articoli 9, 10, 11 e 117 comma 1, Cost., secondo cui la Repubblica tutela il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico e si obbliga a rispettare le convenzioni internazionali cui abbia aderito ed i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
Ricorso per legittimità costituzionale n. 143 del 12 ottobre 2012
I.3. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge della regione Lazio n. 12/2012, per violazione dell’art. 117, comma 2 lett. s), Cost., con riferimento al d.lgs. n. 42 del 2004.
L’articolo 1 comma 11 della legge della Regione Lazio n. 12/2012 così dispone: “All’art. 7 della L.R. n. 21/2009, come da ultimo modificato dalla L.R. n. 10/2011, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1 le parole: “di riqualificare e recuperare” sono sostituite dalle seguenti: “di valorizzare”;
b) all’alinea del comma 3 le parole: “volti al recupero e alla riqualificazione di aree sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici” sono sostituite dalle seguenti: “volti, in conformità alla pianificazione paesaggistica ai sensi dell’art. 145, comma 3, del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, alla valorizzazione di aree caratterizzate dalla presenza di elevate valenze naturalistiche, ambientali e culturali”;
c) alla lettera b) del comma 3 le parole: “aree esterne a quelle vincolate” sono sostituite dalle seguenti: “aree esterne a quelle caratterizzate dalla presenza di elevate valenze
naturalistiche, ambientali e culturali”;
d) dopo il comma 3 e’ inserito il seguente:
“3-bis. Qualora il programma di riqualificazione ambientale comprenda aree interessate da beni paesaggistici, i comuni, ai sensi dell’art. 145, comma 5, del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche adottano il programma d’intesa con i competenti uffici del Ministero per i beni e le attività culturali.”;
e) al comma 4 le parole: “nelle aree di valore paesaggistico” sono sostituite dalle seguenti: “nelle aree di cui al comma 3”;
f) il comma 8 e’ sostituito dal seguente:
“8. Limitatamente ai comuni costieri, i programmi integrati di cui al comma 3 possono prevedere un incremento premiale delle volumetrie, ai fini della ricostruzione degli edifici demoliti ai sensi del comma 3, lettera b), fino a un massimo del 150 per cento della volumetria demolita e destinano le aree recuperate alla fruizione pubblica del litorale.”.
La norma modifica l’art. 7 della l.r. n. 21/2009, in materia di programmi integrati di riqualificazione urbana e ambientale. Tale ultima norma era stata oggetto di modifiche apportate dalla l.r. n. 10/2011, e’ stata oggetto di impugnativa a seguito di con delibera del Consiglio dei Ministri in data 24 ottobre 2011 e la questione è tuttora pendente davanti a codesta Corte.
Le ultime modifiche non superano le censure già prospettate con riferimento al precedente testo, continuando ad attribuire ai programmi integrati di riqualificazione urbana e ambientale compiti che il Codice dei beni culturali assegna in via esclusiva alla pianificazione paesaggistica: pertanto, il suesposto comma 11 si pone in contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. S) della Costituzione (tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali).
Così come per la precedente versione della disposizione è possibile osservare che le funzioni e gli obiettivi attribuiti dalla norma impugnata ai programmi di riqualificazione ambientale adottati dai Comuni, appartengono ai piani paesaggistici disciplinati dagli articoli 135 e 143 del Codice dei Beni culturali.
Secondo l’art. 143 cit. del Codice, infatti, uno dei contenuti minimi essenziali del piano paesaggistico, da redigere e approvare obbligatoriamente in base ad accordi tra Stato e Regione per i beni vincolati, consiste proprio nella ricognizione delle aree vincolate, nella loro qualificazione, anche in termini di area compromessa o degradata, per la conseguente previsione di misure di recupero e riqualificazione, anche mediante la creazione di nuovi paesaggi.
Questi contenuti pianificatori, appartenenti allo Stato in base alla Costituzione e al Codice di settore, vengono affidati dalla norma regionale ad altri strumenti pianificatori urbanistici comunali da considerarsi inidonei (cfr. Corte cost. n. 182 del 2006).
In tal modo, vengono predeterminati, con riferimento ad un ambito territoriale e ad un livello istituzionale non adeguati (quello comunale), previsioni che, secondo il Codice e le relative
prospettive attuative, devono trovare la loro sede propria nell’emanando PTPR della Regione Lazio, in guisa che viene vanificata l’attività di copianificazione in essere.
In particolare:
– la lettera b) del comma 11, che modifica l’art. 7, comma 3, sostituendo alle parole “aree sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici” le parole “aree caratterizzate dalla presenza di elevate valenze naturalistiche, ambientali e culturali”, ha carattere meramente nominalistico e non risolve i problemi di costituzionalità derivanti dall’indebita attribuzione ai piani integrati di riqualificazione urbana e ambientale di funzioni di qualificazione dei paesaggi, anche degradati e compromessi, nonché di programmazione di interventi di riqualificazione, che il codice dei beni culturali considera contenuto essenziale e necessario del piano paesaggistico congiunto. Identica censura deve essere mossa contro la lettera e) del comma 11, che apporta la medesima modifica comma 4 dell’art. 7 della legge n. 21 del 2009;
– la lettera c) del comma 11, che riformula l’art. 7, c. 3, lettera b) della l.r. n. 21/2009 e’ peggiorativa rispetto al testo precedente nella parte in cui sostituisce alle parole “aree esterne a
quelle vincolate” le parole “aree esterne a quelle caratterizzate dalla presenza di elevate valenze naturalistiche, ambientali e culturali”. La nuova formulazione, infatti, ha un significato incerto e non ben definito. Di conseguenza, la norma (in combinato disposto con quanto previsto dal comma 8 dell’art. 7, come sostituito dalla lettera f) del comma 11) consente la delocalizzazione, rispetto alla fascia costiera tutelata, di volumetrie già esistenti (con un premio di cubatura sino al 50% in più) entro ambiti connotati in termini assai generici e impropri;
– la lettera d) del comma 11, pur contenendo un generico riferimento all’art. 145, comma 5, del Codice dei beni culturali, è invasivo della potestà legislativa esclusiva statale prevista dall’art. 117, co. 2, lett. S), in quanto introduce una procedura speciale e innovativa di adozione dei programmi integrati di riqualificazione urbana d’intesa con il Ministero, prescindendo tuttavia dalla previa approvazione definitiva del piano paesaggistico congiunto che, come risulta chiaro dalla lettera del comma 5 dell’art. 145 del Codice, é una condizione necessaria perché si possa parlare di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali.
I.4. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11 della legge della regione Lazio n. 12/2012, per violazione degli artt. 9, 10, 11 e 117, comma 1 della Cost., con riferimento al d.lgs. n. 42 del 2004.
Alla luce delle suesposte argomentazioni l’art. 1, comma 1, della legge della Regione Lazio n. 12/2012 si pone altresì in contrasto con gli artt. 9, 10, 11 e 117, I co., della Costituzione.
In particolare, la violazione delle disposizioni stabilite dalla legge statale in tema di pianificazione paesaggistica (d.lgs. n. 42/2004) comporta di per sé la violazione dei principi costituzionali in materia di tutela del paesaggio, recepiti anche dalla Convenzione Europea del Paesaggio aperta alla Firma a Firenze il 20 ottobre 200 e ratificata dall’Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14. E ciò per l’evidente ragione che la pianificazione costituisce strumento necessario per la salvaguardia di tali valori primari.
Risultano, pertanto, violati gli artt. 9, 10, 11 e 117, I co., della Costituzione, secondo cui la Repubblica Italiana tutela il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico e si obbliga a rispettare le convenzioni internazionali cui abbia aderito ed i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Non è stata apportata nessuna modifica
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
“3. L’articolo 7 della l.r. n. 21 del 2009 è sostituito dal seguente:
“Art. 7
(Programma integrato per il ripristino ambientale)
1. Allo scopo di riqualificare e recuperare i territori caratterizzati dalla presenza di elevate valenze naturalistiche, ambientali e culturali, i comuni, sulla base di iniziative pubbliche o private, anche su proposta di consorzi, imprese e cooperative con documentata capacità tecnico-organizzativa ed economica adeguata all’importo dei lavori oggetto della proposta medesima, adottano, ai sensi della l.r. 22/1997 e successive modifiche programmi integrati finalizzati al ripristino ambientale ed all’incremento della dotazione di standard urbanistici, mediante la demolizione di porzioni di tessuti edilizi o di singoli edifici legittimamente realizzati in aree sottoposte a vincoli ambientali, paesaggistici e in aree naturali protette.
2. Il programma integrato prevede, disponendone la contestuale attuazione:
a) la demolizione, a carico dei proprietari, delle porzioni di tessuti edilizi o dei singoli edifici e la cessione a titolo gratuito al comune dell’area oggetto del ripristino ambientale e della riqualificazione della stessa;
b) la traslazione, previa localizzazione, delle volumetrie degli edifici demoliti in altre aree esterne a quelle vincolate di cui al comma 1, facendo ricorso anche al cambio di destinazione d’uso rispetto agli edifici demoliti, alla modifica delle destinazioni urbanistiche vigenti e all’aumento della capacità edificatoria;
c) un incremento premiale fino ad un massimo del 100 per cento del volume degli edifici demoliti, in proporzione alla dotazione straordinaria di standard urbanistici proposta nel programma. Per i soli comuni del litorale marittimo l’incremento potrà essere portato fino al 150 per cento, a condizione che la nuova destinazione sia per almeno il 25 per cento turistico-ricettiva ai sensi della legge regionale 6 agosto 2007, n. 13 (Organizzazione del sistema 12/08/2014 turistico laziale. Modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 “Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo” e successive modifiche) e successive modifiche, con durata non inferiore a venti anni.
3. Gli interventi previsti dal programma integrato devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia ed, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e successive modifiche e in modo che la prestazione energetica risulti inferiore del 10 per cento rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs. 192/2005 e successive modifiche,
ovvero rispetto agli eventuali limiti più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’articolo 7 della l.r. 6/2008 e successive modifiche.
4. I comuni individuano, con deliberazione del consiglio comunale, in conformità con il PTPR, gli ambiti destinati al ripristino ambientale e quelli destinati ad accogliere gli interventi di ricostruzione con riferimento allo strumento urbanistico vigente, individuando questi ultimi prioritariamente nelle zone B di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici del 2 aprile 1968, con esclusione dei centri storici e delle zone a destinazione agricola, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 2, comma 4, della l.r. 22/1997 e successive modifiche e definiscono, altresì, i criteri e gli indirizzi per l’attuazione dei programmi integrati per il ripristino ambientale.
5. I programmi integrati di cui al presente articolo assumono carattere di rilevante valenza urbanistica, possono riguardare anche aree libere e singole funzioni urbanistiche, ma non possono comunque interessare le destinazioni urbanistiche che attengono ad aspetti strategici dello strumento urbanistico vigente o adottato, ovvero il sistema dei servizi pubblici generali, delle infrastrutture e della mobilità.”.
N.B. – È stato accolto un emendamento presentato dal cons. Pietro Sbardella (Gruppo Misto) che ha innalzato il premio al 150%.
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Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo emendato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
La Commissione ha chiesto l’abrogazione dell’art. 8 proposto dalla Giunta Regionale.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
Non vi risulta approvato l’art. 8 così come proposto dalla Giunta Regionale.
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Art. 25
(Disposizioni per favorire il recupero dei nuclei edilizi abusivi e definizione delle domande di sanatoria edilizia)
Articolo sostituito dall’articolo 5, comma 15 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
Comma 1, alinea sostituita dall’articolo 1, comma 14, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 1, lettera a) modificata dall’articolo 1, comma 14, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Comma 3 modificato dall’articolo 1, comma 14, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
III.2 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 15, della l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione dell’art. 117, comma 3, Cost., con riferimento all’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 326 del 2003.
È illegittima altresì la norma contenuta nell’art. 5, comma 15, della l.r. impugnata, che sostituisce l’art. 25 della legge regionale n. 21 del 2009, ed introduce disposizioni in materia di condono edilizio.
La norma estende in modo indifferenziato e generalizzato, senza alcuna distinzione o limite, l’autocertificazione e il conseguente silenzio-assenso, quale strumento per conseguire la definizione dei procedimenti di sanatoria edilizia ancora pendenti, ponendo sullo stesso piano i condoni edilizi del 1985, del 1994 e del 2003. In particolare, la norma regionale censurata introduce un meccanismo di autocertificazione dell’avvenuta formazione del silenzio-assenso, assegnando al Comune un termine di novanta giorni per verificarne la veridicità, decorso il quale «il titolo abilitativo in sanatoria si intende formato a tutti gli effetti di legge nei termini previsti
dalle singole leggi di sanatoria indicate nel medesimo comma 1, lettera a)».
In tal modo, risulta esteso l’ambito applicativo dell’ultimo condono, disciplinato dall’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 326 del 2003, fino a ricomprendervi anche gli abusi «maggiori» e «sostanziali» commessi su aree vincolate.
Infatti, il meccanismo di autocertificazione dell’avvenuta formazione del silenzio-assenso è applicabile a qualsiasi genere di abuso edilizio, in contrasto con i noti principi, più volte enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, penale ed amministrativa, secondo cui la sanatoria per infruttuoso decorso del termine per provvedere non opera nei casi di abusi commessi in aree vincolate, per il divieto contenuto nell’art. 32, comma 27, lettera d), del citato d.1. n. 269 del 2003 (nella giurisprudenza penale, cfr. Cass., 1° ottobre 2004, n. 1593; Cass., 29 gennaio 2004, n. 3350; Cass., 24 marzo 2009, n. 24647. Nella giurisprudenza amministrativa, cfr. Cons. Stato, 2 marzo 2010, n. 1200; Cons. Stato, 19 maggio 2010, n. 3174). Tale principio e’ stato riconosciuto anche da codesta Ecc.ma Corte con sentenza del 6 novembre 2009, n. 260, che ha annullato l’art. 1, l.r. Marche 27 maggio 2008, n. 11, di interpretazione autentica della l.r. Marche n. 23 del 2004, nella parte in cui intendeva limitare l’esclusione del condono edilizio disposta dall’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269 del 2003 ai soli casi di in edificabilità assoluta. Su analoghi principi si basa la sentenza di codesta Corte del 27 febbraio 2009, n. 54, che ha ritenuto incostituzionale un articolo della l.r. Basilicata n. 25 del 2007, con il quale si limitava il «divieto di sanare le opere abusive edificate su aree sottoposte a vincoli di tutela solo quando questi ultimi comportassero l’inedificabilità assoluta».
In tal modo il legislatore regionale si é indebitamente sostituito al legislatore statale, violando i principi fondamentali della legge statale in materia di governo del territorio, in contrasto con i criteri sul riparto del potere legislativo tra Stato e Regione.
La medesima norma é censurabile sotto l’ulteriore profilo dell’inammissibile deroga alla partecipazione necessaria dell’Amministrazione statale ai procedimento di recupero dei nuclei edilizi abusivi e di definizione delle domande di sanatoria edilizia.
Le previste modalità di definizione dei procedimenti di «sanatoria edilizia straordinaria (condono) ancora pendenti, che attribuiscono ai Comuni il potere esclusivo di effettuare verifiche e controlli delle attestazioni e della documentazione presentate dagli istanti e che introducono un breve termine decadenziale per l’espletamento di dette verifiche e controlli e per l’adozione degli eventuali provvedimenti di autotutela, contrastano con le regole stabilite dalla normativa statale di principio, perché non contemplano alcun intervento da parte degli organi statali.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Non è stata apportata nessuna modifica.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
5. L’articolo 25 della l.r. n. 21 del 2009 è abrogato.
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Legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997
(Norme in materia di aree naturali protette regionali)
Art. 8
(Misure di salvaguardia)
Testo previgente della lettera d bis) del 4° comma, aggiunto dal comma 31 dell’art. 5 della legge n. 10 del 13 agosto 2011
Ricorso per legittimità costituzionale n. 130 del 25 ottobre – 3 novembre 2011
II.2 – Illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 31, della l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 6, commi 3 e 4; 11,
commi l e 3; 12, comma 2, lett. d), e 22, comma l, lett. d), della 1. n. 394 del 1991.
Considerazioni analoghe devono svolgersi con riferimento all’art. 5, comma 31, della legge impugnata, che aggiunge la lett. d-bis al comma 4 dell’art. 8 della l.r. Lazio 6 ottobre 1997, n. 29, recante «Norme in materia di aree protette regionali». La nuova disposizione consente di realizzare impianti ed attrezzature sportive, nonché strutture ad essi collegate, all’interno della zona A prevista dall’art. 7, comma 4, lettera a), numero 1), della stessa legge n. 29 del 1997, e cioè all’interno delle zone del piano regionale delle aree naturali protette caratterizzate da rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con inesistente o limitato grado di antropizzazione. Tale disposizione contrasta con i principi contenuti nella normativa statale di riferimento, per la quale nelle aree predette occorre assicurare un livello di salvaguardia pressoché integrale.
N.B. – La lettera d bis) è stata poi abrogata dall’articolo 1, comma 23, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
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Art. 8
(Misure di salvaguardia)
Testo ancora vigente della lettera d) del 4° comma così come modificata dall’articolo 1, comma 19, lettera a), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
4. All’interno delle zone A, previste dall’articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), sono consentite: …
d) le attività agricole e gli interventi strutturali previsti dai piani di utilizzazione aziendale (PUA) disciplinati dall’articolo 57 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche e dall’articolo 18 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico); gli interventi di imboschimento, di utilizzazione dei boschi e dei beni silvo-pastorali possono essere realizzati purché non siano in contrasto con le finalità di cui all’articolo 2;
Ricorso per legittimità costituzionale n. 143 del 12 ottobre 2012
II.1 Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 19 della legge della regione Lazio n. 12/2012, per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento al d.lgs. n. 42 del 2004
L’art. 1, comma 19, lett. a) della legge della Regione Lazio n. 12/2012 dispone che “Alla L.R. n. 29/1997 e successive modifiche sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla lettera d) del comma 4 dell’art. 8 le parole: “piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti” sono sostituite dalle seguenti: “piani di utilizzazione aziendale (PUA) disciplinati dall’art. 57 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche e dall’art. 18 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24
(Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico)”;
b) la lettera d) del comma 1 dell’art. 31 é sostituita dalla
seguente:
“d) la possibilità di realizzare gli interventi e le attività previste dall’art. 8, comma 3, lettera q) e comma 4, lettera d).”;
c) dopo il comma 2-bis dell’art. 46 è inserito il seguente:
“2-ter. Fino all’approvazione degli strumenti di cui agli articoli 26 e 27, le previsioni di cui all’art. 8, comma 4, lettera d) si applicano anche alle aree naturali protette regionali istituite prima della data di entrata in vigore della presente legge.”.
Tale norma pertanto modifica l’art. 8, c. 4, lett. d) della l.r. 29/1997 (recante «Norme in materia di aree naturali protette regionali») consentendo la realizzazione nelle zone A – di massima protezione – di tutti gli interventi previsti dall’art. 18 della legge regionale n. 24/1998. Tale ultima disposizione consente “Nell’ambito delle aziende agricole (…) ubicate in aree sottoposte a vincolo ai sensi della l. n. 1497 del 1939 e della l. n. 431 del 1985 e comunque classificate dai P.T.P. o dal P.T.P.R. (…) la realizzazione di manufatti, strettamente funzionali e dimensionati all’attività agricola e/o alla relativa trasformazione dei prodotti provenienti dalle aziende stesse per almeno il 75 per cento, anche mediante ampliamenti dei fabbricati esistenti, nonché la costruzione di piccoli ricoveri per attrezzi. Nelle aree classificate nei P.T.P. o nel P.T.P.R. al massimo livello di tutela, le nuove costruzioni sono consentite solo se non sono possibili o ammissibili ampliamenti dei fabbricati esistenti.” Inoltre, al secondo comma dell’art. 18 è previsto che “Gli interventi di cui al presente articolo sono subordinati, se in deroga alle norme dei P.T.P., del P.T.P.R. e/o della presente legge, all’approvazione, da parte dell’organo competente, del Piano di utilizzazione aziendale (P.U.A.), secondo le modalità indicate con deliberazione della Giunta regionale e sono corredati del S.I.P. di cui agli articoli 29 e 30.”.
Il comma 19 dell’articolo uno della legge della Regione Lazio n. 12/2012 ora impugnato, richiamando l’art. 18 della l.r. 24/1998, consente quindi che nelle zone di massima protezione siano consentiti interventi di nuova costruzione e di realizzazione di manufatti funzionali all’attività agricola anche in deroga alle previsioni del piano paesaggistico, individuati nell’ambito del P.U.A. La disposizione, pertanto, contrasta con il principio della prevalenza del piano paesaggistico su tutti gli altri strumenti di pianificazione previsto all’art. 145 del codice dei beni culturali ed espressione della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dei beni culturali prevista dall’art. 117, co. 2, lett. s). Come sostenuto da codesta ecc.ma Corte, “l’art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004 pone il principio della prevalenza del piano paesaggistico sugli atti di pianificazione ad incidenza territoriale posti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette“. (Si vd., tra le altre, Corte cost., 4 giugno 2010, n. 193).
Art. 31
(Sviluppo delle attività agricole )
Testo ancora vigente della lettera d) del 1° comma così come modificata dall’articolo 1, comma 19, lettera b), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
Per consentire la qualificazione e la valorizzazione delle attività agro-silvo-pastorali, nell’ambito delle finalità istitutive dell’area naturale protetta, gli organismi di gestione, compatibilmente con la tutela dei valori naturali e culturali presenti nell’area stessa, favoriscono: ….
d) la possibilità di realizzare gli interventi e le attività previste dall’articolo 8, comma 3, lettera q) e comma 4, lettera d).
Art. 46
(Norma transitoria)
Testo ancora vigente del comma 2 ter aggiunto dall’articolo 1, comma 19, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2012, n. 12
2 ter. Fino all’approvazione degli strumenti di cui agli articoli 26 e 27, le previsioni di cui all’articolo 8, comma 4, lettera d) si applicano anche alle aree naturali protette regionali istituite prima della data di entrata in vigore della presente legge.
Ricorso per legittimità costituzionale n. 143 del 12 ottobre 2012
II.2. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 19 della legge della regione Lazio n. 12/2012, per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento agli artt. 6, commi 3 e 4, 11,
commi 1 e 3, e 22, comma 1, lett. 4), della l. n. 394 del 1991.
L’art. 1, comma 19, lett. a) della legge della Regione Lazio n. 12/2012 dispone che “Alla L.R. n. 29/1997 e successive modifiche sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla lettera d) del comma 4 dell’art. 8 le parole: “piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti” sono sostituite dalle seguenti: “piani di utilizzazione aziendale
(PUA) disciplinati dall’art. 57 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche e dall’art. 18 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24
(Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico)”;
b) la lettera d) del comma 1 dell’art. 31 è sostituita dalla seguente:
“d) la possibilità di realizzare gli interventi e le attività previste dall’art. 8, comma 3, lettera q) e comma 4, lettera d).”;
c) dopo il comma 2-bis dell’art. 46 è inserito il seguente:
“2-ter. Fino all’approvazione degli strumenti di cui agli articoli 26 e 27, le previsioni di cui all’art. 8, comma 4, lettera d) si applicano anche alle aree naturali protette regionali istituite prima della data di entrata in vigore della presente legge.”.
Tale norma pertanto modifica l’art. 8, c. 4, lett. d) della l.r. 29/1997 (recante «Norme in materia di aree naturali protette regionali») consentendo la realizzazione nelle zone A – di massima protezione – di tutti gli interventi previsti dall’art. 18 della legge regionale n. 24/1998. Tale ultima disposizione consente “Nell’ambito delle aziende agricole (…) ubicate in aree sottoposte a vincolo ai sensi della L. n. 1497 del 1939 e della L. n. 431 del 1985 e comunque classificate dai P.T.P. o dal P.T.P.R (…) la realizzazione di manufatti, strettamente funzionali e dimensionati all’attività agricola e/o alla relativa trasformazione dei prodotti provenienti dalle aziende stesse per almeno il 75 per cento, anche mediante ampliamenti dei fabbricati esistenti, nonché la costruzione di piccoli ricoveri per attrezzi. Nelle aree classificate nei P.T.P. o nel P.T.P.R. al massimo livello di tutela, le nuove costruzioni sono consentite solo se non sono possibili o ammissibili ampliamenti dei fabbricati esistenti.”. Inoltre, al secondo comma dell’art. 18 è previsto che “Gli interventi di cui al presente articolo sono subordinati, se in deroga alle norme dei P.T.P., del P.T.P.R. e/o della presente legge, all’approvazione, da parte dell’organo competente, del Piano di utilizzazione aziendale (P.U.A.), secondo le modalità indicate con deliberazione della Giunta regionale e sono corredati del S.I.P. di cui agli articoli 29 e 30.”.
La suesposta norma nella parte in cui prevede la possibilità di effettuare interventi edificatori quali ampliamenti dei fabbricati agricoli esistenti o costruzione di piccoli ricoveri, contrasta con
le disposizioni contenute nella legge quadro statale in materia di aree protette n. 394/1991, che costituiscono espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
In particolare, la norma in esame determina la violazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6, della citata legge n. 394/1991, che, al fine di assicurare un livello di salvaguardia pressoché totale delle aree protette de quibus, prevedono rispettivamente che “Sono vietati fuori dei centri edificati di cui all’art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l’esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, qualsiasi mutamento dell’utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant’altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell’area protetta. In caso di necessità ed urgenza, il Ministro dell’ambiente, con provvedimento motivato, sentita la Consulta, può consentire deroghe alle misure di salvaguardia in questione, prescrivendo le modalità di attuazione di lavori ed opere idonei a salvaguardare l’integrità dei luoghi e dell’ambiente naturale. Resta ferma la possibilità di realizzare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e alla regione interessata” e che “dall’istituzione della singola area protetta sino all’approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all’art. 11”.
Profili di contrasto con la citata legge quadro statale sono rinvenibili anche con riferimento ai commi 1 e 3 dell’art. 11, secondo i quali “Il regolamento del parco disciplina l’esercizio
delle attività consentite entro il territorio del parco ed è adottato dall’Ente parco, anche contestualmente all’approvazione del piano per il parco di cui all’art. 12 e comunque non oltre sei mesi dall’approvazione del medesimo” e “. . nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat.” e tali norme, in base all’art. 22, comma 1, lettera d) della medesima legge, costituiscono principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali.
L’impugnata norma viola pertanto il precetto costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., che vieta alle Regioni di derogare alle norme riservate alla competenza esclusiva
dello Stato in materia ambientale.
Proposta di legge regionale della Giunta Regionale n. 76 del 23 settembre 2013
Ha completamente “dimenticato” la suddetta censura del Governo Monti: anche il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT).
Testo licenziato dalla VI Commissione Ambiente il 16 gennaio 2014
Anche la Commissione Ambiente ha completamente “ignorato” la suddetta censura, malgrado il documento consegnato al riguardo dal sottoscritto a nome e per conto di VAS nel corso della audizione concessa il 7 novembre 2013 alle associazioni ambientaliste.
Legge regionale n. 8 del 12 agosto 2014
Non è stato cancellato il comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12 del 6 agosto 2012, in quanto è stato bocciato l’emendamento presentato dal Movimento 5 Stelle.
Di fronte alla gravità di quanto è successo deliberatamente al riguardo, VAS si riserva di ricorrere presso tutte le sedi giudiziarie, sia civili che penali, oltre che sollecitare una espressa pronuncia al riguardo da parte della Corte Costituzionale.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi