Il sistema attuale della repressione degli illeciti urbanistici è disciplinato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001 e successive modificazioni, che ha introdotto un testo unico contenente i princìpi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia e che al 9° comma dell’art. 31 dispone che “per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita”.
Malgrado la suddetta disposizione, dal 2003 (anno dell’ultimo condono edilizio) ad oggi il CRESME ha calcolato che sono state costruite oltre 258.000 case abusive, per un fatturato complessivo che secondo Legambiente è di 1,8 miliardi di euro: un patrimonio che non si riesce ad abbattere.
Dal 2000 al 2011, secondo una ricerca realizzata da Legambiente su 72 comuni capoluogo di provincia, sono state emesse 46.760 ordinanze, mentre ne sono state eseguite solo 4.956 (il 10,6%): dati allarmanti che indicano come il fenomeno continui a prosperare in tutto il Paese, devastando il paesaggio e alimentando una filiera del cemento illegale, intorno alla quale ruotano interessi non indifferenti.
In Campania, regione ad alto tasso di abusivismo e in prima fascia per il consumo del territorio, gli alloggi abusivi sono 140.000: gli ordini di demolizione definitivi sono 70.000 e 200.000 i casi sub iudice.
Per quanto riguarda in particolare le procure del distretto di Napoli, le procure della Repubblica di Nola e di Santa Maria Capua Vetere hanno fatto presente di aver redatto documenti di questo genere, anzi la procura di Santa Maria ha anche stipulato a questo proposito un protocollo di intesa con il prefetto di Caserta, mentre il procuratore della Repubblica di Napoli ha invece dichiarato che nel suo ufficio non esiste un documento formale di questo tipo, anche se in via di fatto si seguono dei criteri diretti ad escludere dalla demolizione le abitazioni occupate da famiglie che non avrebbero altrimenti dove andare.
Tutte le procure circondariali hanno comunque preso le distanze dalla posizione della procura generale presso la Corte d’appello di Napoli che ha sostenuto l’adozione di un criterio cronologico.
Di fronte a questa situazione il 15 marzo 2013 è stata presentata la Proposta di legge n. 71 che ha come primo firmatario il deputato Ermete Realacci (Partito Democratico) e che riguarda le “Disposizioni concernenti la ricognizione e la demolizione degli immobili costruiti abusivamente, le sanzioni penali e i procedimenti di sanatoria, nonché disciplina dell’attività dell’Osservatorio nazionale sull’abusivismo edilizio”.
Ermete Realacci
Ma per contro il senatore Francesco Nitto Palma (prima Popolo della Libertà e dal 16.11.2013 Forza Italia) nella sua prima intervista da presidente della Commissione giustizia del Senato ha dichiarato: “Presenteremo subito una iniziativa di legge per tutelare gli interessi dei cittadini campani che non possono vedere andar giù la loro casa”.
Francesco Nitto Palma
Il 29 aprile 2013 è stato presentato il Disegno di legge n. 580 che ha come primo firmatario il senatore Ciro Falanga (Forza Italia, membro della 2° Commissione Giustizia) ) e che riguarda le “Disposizioni per la razionalizzazione delle competenze in materia di demolizione dei manufatti abusivi” : gli è stato dato il titolo breve di “Demolizione di opere abusive”.
Ciro Falanga
Nella relazione di accompagno al disegno legge vengono fornite le seguenti motivazioni: “Il contrasto all’abusivismo edilizio risulta, alla luce delle norme del predetto testo unico, affidato, secondo una logica del doppio binario, sia all’autorità amministrativa che a quella giudiziaria che procedono, naturalmente, in forme e con modalità differenziate che seguono, rispettivamente, i princìpi del procedimento amministrativo e quelli della procedura penale. Vi è, tuttavia, un momento di significativa interferenza tra le due azioni che è rappresentato proprio dall’ordine di demolizione adottato dal giudice con la sentenza di condanna ai sensi dell’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che recepisce, in questa parte, l’articolo 7 della legge n. 47 del 1985.
… Ed, infatti, l’articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prevede, al comma 1, che, in caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in contrasto con questo o con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, qualora il Comune non abbia provveduto entro i termini stabiliti, possa essere la regione a disporre la sospensione o la demolizione delle opere eseguite. Ma, soprattutto, l’articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, …, ha previsto che, entro il mese di dicembre di ogni anno, il dirigente o il responsabile del servizio, trasmetta al prefetto l’elenco delle opere non sanabili per il quale il responsabile dell’abuso non ha provve-duto, nel termine previsto, alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Analogo obbligo di informazione è previsto per le amministrazioni statali e regionali preposte alla tutela di beni sottoposti a vin-coli statali o regionali. Il prefetto provvede sia all’acquisizione della proprietà dei beni e delle aree che alla demolizione con modalità operative che sono regolate dal comma 3 dell’articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 con possibilità di avvalersi, per gli abbattimenti, sia di strutture operative dello Stato che di imprese private. Ne consegue che è stato ormai definito un meccanismo sostitutivo che, assai opportunamente, ha concentrato nelle mani del prefetto, organo periferico dell’amministrazione centrale dello Stato, stabilmente incardinato nel personale dirigenziale dello Stato, il potere – dovere di procedere, nel caso di inosservanza spontanea del trasgressore, alle demolizioni, pur senza trascurare esigenze di ordine pubblico. A tal fine ad esso confluiscono le fonti informative di tutte le amministrazioni potenzialmente coinvolte (Stato, regioni, comuni) con l’unica eccezione, allo stato attuale delle cose, di quelle rappresentate dalle sentenze di condanna del giudice penale. Tale eccezione, concepita in anni ormai lontani in cui alcun ruolo era attribuito, in questa materia, alle prefetture, risulta, alla luce delle considerazioni di cui sopra, non più giustificata.”
La relazione arriva alla conclusione che occorre “porre fine a questo improprio concorso di competenze riportando il sistema alla sua coerenza e riconducendo tutti gli interventi all’ambito, più pertinente e corretto, dell’azione amministrativa in senso proprio, condotta, cioè, da organi amministrativi nelle forme del procedimento amministrativo.”
Conseguentemente l’art. 1 del disegno di legge propone di sostituire il testo del comma dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 con il seguente:
“9. Per le opere abusive di cui al presente articolo il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, dispone la trasmissione di copia della sentenza stessa al prefetto del luogo in cui il manufatto è stato realizzato affinché questi provveda, con le modalità di cui all’articolo 41, alla demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita, assicurando l’ordine pubblico.”
Il successivo art. 2 propone la seguente disposizione:
“Nei casi in cui il giudice abbia già pronunciato ordine di demolizione e siano state attivate, a cura dell’ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente ai sensi dell’articolo 665 del codice di procedura penale, procedure esecutive dirette ad eseguirlo, il giudice dispone la trasmissione, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, degli atti relativi alle suddette procedure al prefetto del luogo in cui è stato realizzato l’immobile.”
La 2° Commissione Giustizia del Senato, a cui è stato assegnato il disegno di legge n. 580, ha cominciato l’esame del provvedimento il 12 giugno 2013, registrando nel corso della successive sedute la ferma opposizione del senatore Felice Casson (PD), che intravede nel provvedimento un condono mascherato, e di altri senatori del PD (Nadia Ginetti e Giuseppe Lumia) e del Movimento 5 Stelle (Maurizio Buccarella,): il senatore Giuseppe De Cristofaro (Gruppo Misto – SEL), pur associandosi alle considerazioni dei colleghi del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle, ha fatto però presente che la situazione della Campania presenta profili di grande delicatezza, che vanno affrontati senza pregiudiziali di tipo ideologico.
Felice Casson
A favore del disegno di legge si sono pronunciati, oltre agli esponenti del PdL (poi di FI), dal Presidente della Commissione Francesco Nitto Palma al relatore Giacomo Caliendo, il senatore Lucio Barani (GAL) secondo cui la contrarietà del Partito Democratico manifesta in pieno un orientamento ideologico massimalista che non tiene conto dei reali bisogni degli individui.
Giacomo Caliendo
Nel corso della seduta del 2 luglio 2013 il sen. Franco Cardiello (all’epoca PdL) ha preannunciato l’intenzione di presentare un emendamento diretto a fornire all’autorità incaricata di provvedere alla demolizioni (rimanga essa quella giudiziaria, ovvero diventi essa quella amministrativa)- un disciplinare sull’ordine di priorità con il quale procedere alle demolizioni stesse, che veda al primo posto i manufatti in pericolo di crollo, seguiti da quelli immediatamente riconducibili alla titolarità di soggetti facenti parte della criminalità organizzata, poi da quelli edificati su aree a grave rischio idrogeologico, da quelli a notevole impatto ambientale, da quelli a uso diverso dall’abitazione, da quelli non ultimati, da quelli utilizzati per attività produttive, da quelli ad uso abitativo in possesso di persone altrimenti collocabile e, infine, da quello ad uso abitativo che presentano aspetti di più grave necessità.
Franco Cardiello
La senatrice Rosaria Capacchione (PD) ha espresso una valutazione positiva sull’intervento del collega Cardiello, facendo presente che anche lei avrebbe presentato un analogo emendamento che – stabilendo un ordine di priorità leggermente diverso, che vede al primo posto le case realizzate nella zona di rispetto del cratere del Vesuvio, seguite da quelle nelle zone a grave rischio idrogeologico e poi dalle altre categorie – stabilisca esso pure un protocollo sulle priorità degli abbattimenti, non modificando però l’attribuzione attualmente prevista degli abbattimenti stessi all’autorità giudiziaria.
Rosaria Capacchione
La senatrice Monica Cirinnà (PD) ha invece rilevato che l’attribuzione al prefetto di una discrezionalità nell’esecuzione degli abbattimenti guidata dal criterio dell’ordine pubblico rischia di fatto di paralizzare le demolizioni di manufatti abusivi, in quanto i trasgressori colpiti dalle demolizioni saranno interessati a creare tensioni che giustifichino una sospensione delle demolizioni proprio a tutela dell’ordine pubblico.
Quel giorno anche il sen. Alberto Airola (M5S) ha sottolineato la necessità che la pur opportuna introduzione di protocolli operativi sulla priorità degli abbattimenti non debba avere abbia come effetto quello di impedire di fatto l’abbattimento di manufatti abusivi realizzati da esponenti del crimine organizzato o di loro proprietà.
Oltre a quelli annunciati dal sen. Cardiello e dalla senatrice Capacchione, il 10 luglio 2013 sono stati presentati anche ulteriori emendamenti, tra cui quello presentato da 4 senatori campani del PD (Rosaria Capacchione, Vincenzo Cuomo, Pasquale Sollo e Angelica Saggese), che hanno proposto di salvare dalla demolizione gli abusi realizzati entro il 31 marzo 2003, che in linea teorica avrebbero potuto rientrare nei requisiti del condono: si tratta di ampliamenti di volumetrie non superiori al 30%, con un limite di 750 metri cubi.
Nella gerarchia delle demolizioni proposta dal PD i primi ad andare giù saranno gli immobili pericolanti, poi quelli grezzi e non ultimati, quelli in cui si svolgono attività illecite o comunque di proprietà di esponenti della criminalità organizzata, infine le seconde case, le case vacanza, i villaggi turistici, le attività commerciali e industriali. Le differenze ancora da limare riguardano le competenze: per i Democratici il potere decisionale dovrà restare alla magistratura.
Pur non parlando mai di condono, i quattro senatori sono finiti sotto attacco da parte di altri esponenti del PD: per Roberto Della Seta e Francesco Ferrante di “Green Italia”, nel testo si stabilisce che per sanare un abuso compiuto dieci anni fa basta che anche molti anni dopo, anche oggi, il Comune decida di cancellare “ex-post” il divieto di costruire, e poi che non sono passibili di demolizione gli abusi fino a 750 metri cubi di volumetria. 750 metri cubi, l’equivalente di una villa di 250 metri quadrati”.
Roberto Della Seta
Dopo le critiche sul blog di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante di “Green Italia”, secondo cui il PD stava prestando il fianco alle promesse elettorali del PdL, contro i colleghi ha tuonato anche Felice Casson, che con Giuseppe Lumia ha tenuto ferma la linea del no in commissione Giustizia del Senato.
“Questo è un condono camuffato”, ha dichiarato, precisando che “l’emendamento non è del PD, ma solo di alcuni senatori. È in corso una discussione, che proseguiremo martedì in commissione. Ma sia io, che il capogruppo (Lumia, ndr), ci siamo già espressi sul tema. Non è pensabile che ci siano proposte configurabili come condoni o come mezzi condoni”.
Casson ha replicato anche alla senatrice Capacchione, che aveva accusato di superficialità chi criticava l’iniziativa dei quattro Dem campani e dimenticava il dramma di 70.000 ordini di demolizione e altri 200.000 casi sub iudice.
Il 31 luglio 2013 è stato alla fine approvato all’unanimità l’emendamento 1.100 ed il presidente Nitto Palma ha proposto quindi di conferire mandato al senatore Caliendo a riferire in Assemblea sul testo proposto dalla Commissione con il seguente titolo: “Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizioni di manufatti abusivi“, autorizzandolo altresì ad apportare al testo interventi di coordinamento formale.
È stato così congedato un Disegno di legge n. 580-A con la sostituzione dell’art. 1 con il seguente testo proposto dalla Commissione:
1. Dopo l’articolo 44 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Pre-sidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è inserito il seguente:
«Art. 44-bis. (L) – (Criteri di priorità per l’esecuzione delle procedure di demolizione). –
1. Il pubblico ministero presso la Procura della Repubblica competente, ai sensi degli articoli 655 e seguenti del codice di procedura penale, ad eseguire le procedure di demolizione delle opere abusive disposte, ai sensi dell’articolo 31, comma 9, con la sentenza di condanna di cui all’articolo 44, in caso di pluralità di procedure da attivare, osserva i seguenti criteri di priorità:
a) immobili che, per condizioni strutturali, caratteristiche o modalità costruttive ovvero per qualsiasi altro motivo, costituiscono un pericolo, già accertato, per la pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui l’immobile sia abitato o comunque utilizzato;
b) immobili in corso di costruzione o comunque allo stato grezzo e non ultimati;
c) immobili, anche abusivamente occupati, utilizzati per lo svolgimento di attività criminali;
d) immobili di qualsiasi valore e dimensione, anche se abitati dai componenti della famiglia, nella disponibilità di soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 416-bis del codice penale o per i delitti aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, o di soggetti colpiti da misure di prevenzione irrevocabili ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e sempre che non siano acquisibili al patri-monio dello Stato;
e) immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico ovvero a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico;
f) immobili di complessi o villaggi turistici o comunque oggetto di lottizzazione abusiva;
g) immobili non stabilmente abitati (seconde case, case di vacanza);
h) immobili adibiti ad attività pro-duttive di tipo industriale o commerciale;
i) immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nu-clei familiari che dispongano di altra solu-zione abitativa;
l) altri immobili non compresi nelle categorie sopraindicate, ad eccezione di quelli di cui alla lettera m);
m) immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che non dispongano di altra soluzione abitativa, con contestuale comu-nicazione alle competenti amministrazioni comunali in caso di immobili in possesso di soggetti in stato di indigenza.
2. All’interno delle sopraindicate categorie di immobili, in caso di pluralità di procedure, la priorità è valutata tenendo conto della gravità della pena inflitta con la sentenza di condanna e della data di accertamento del reato».
L’articolo 2 del disegno di legge n. 580 è stato soppresso.
Il provvedimento così emendato ha raccolto un consenso bipartisan ed è stato anche valutato positivamente dagli esponenti del Pd, perché “con l’approvazione del ddl abbattimenti finalmente, con un atto concreto, restituiamo un po’ di giustizia in territori dove la scelta di quali edifici abusivi da abbattere è sempre stata oggetto di discussione, senza regole certe”.
Per Rosaria Capacchione, segretario della commissione Giustizia e per i colleghi parlamentari campani del PD Enzo Cuomo, Angelica Saggese e Pasquale Sollo si “preservano le classi più disagiate prevedendo l’abbattimento di manufatti abusivi maggiormente lesivi degli interessi oggetto di tutela»: per il presidente della commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma si è superato il criterio cronologico negli abbattimenti e questo significa che “non si procede con l’abbattimento delle case della povera gente”.
Il 3 ottobre 2013 è iniziato nell’aula del Senato il dibattito sul didsegni di legge n. 580-A, proseguito poi nelle sedute del 23 e 29 ottobre 2013 e nella seduta del 15 gennaio 2014, nel corso della quale la senatrice Paola Nugnes (M5S) ha ben riassunto i rischi che si corrono con l’approvazione di una tale legge nel seguente modo:
“Signor Presidente, l’abusivismo è sicuramente un problema molto doloroso per il nostro Paese. Rappresenta l’ennesimo fallimento, nonché il ricatto politico delle varie amministrazioni: noi lo sappiamo.
Ogni dieci anni abbiamo avuto puntuale un condono: tre in trent’anni. È vero che in Italia, soprattutto nel Sud, molto spesso i Comuni sono sprovvisti di piani urbanistici, per cui regolano l’urbanistica ancora con i piani di fabbricazione, oramai desunti dal 1982. Questo però rientra nel ricatto: togliere un diritto per concedere poi in deroga un condono edilizio.
Ricordo che ad ogni annuncio di condono edilizio nelle nostre terre vedevamo nascere in una notte sola edifici abusivi, ad una velocità incredibile per la nostra capacità di realizzazione delle opere edilizie.
Eppure è il momento di dire basta. È difficile politicamente assumere questa posizione, perché va a ledere il diritto di tanti, o almeno dei tanti che credono di avere acquisito un diritto con l’opera abusiva. Ma così non è. In questo Paese bisogna compiere una rivoluzione politica, etica, sociale, culturale. Questo Paese, infatti, ha assolutamente perso l’etica. Basta guardarvi in quest’Aula.
È vero, in Campania c’è una maggiore concentrazione di abusivismo: 80.000 opere abusive, che rappresentano il 20 per cento di quelle presenti nell’intero Paese; ma se in Campania sono 80.000 significa che nel resto d’Italia ce ne sono almeno 400.000.
Quindi, con difficoltà e con grande dolore per chi crede di avere ottenuto un diritto perché ha fatto uno scambio di tipo politico, non avendo avuto garantite le giuste condizioni urbanistiche dalla propria amministrazione, a quest’uomo, a questa donna, a questa famiglia devo purtroppo ripetere che è il momento di dire basta.
Ora siamo passati agli abbattimenti. Il PdL, allo scadere dei dieci anni, ha provato a proporre un nuovo condono, ma questo non è stato approvato e allora, con un disegno di legge, ha cercato di rimettere nelle mani di una figura politica, il prefetto, quello che ormai era già nelle mani della magistratura, dimenticando però che il provvedimento proviene proprio dal prefetto ed è quando questo non si attiva che il potere di agire passa in mano al giudice. Fortunatamente in Commissione questo aspetto è stato riesaminato, ma poi, in maniera più sofisticata, più sottile, è stata fatta una nuova proposta, quella relativa alla lista delle priorità che, ad una prima occhiata, può sembrare anche un dato di opportunità, ma io non credo che lo sia.
Il disegno di legge in discussione oggi in quest’Aula, infatti, pone al quarto posto l’abbattimento degli edifici nella responsabilità di soggetti condannati per reati mafiosi, al quinto l’abbattimento degli edifici costruiti su aree demaniali, e al sesto e al settimo posto l’abbattimento, rispettivamente, dei villaggi turistici e delle seconde case. Non è questo però ciò che mi preoccupa; mi preoccupa invece il fatto che l’articolo 665 del codice di procedura penale non permette l’impugnazione dell’atto, ma consente di proporre un incidente di esecuzione. Credo che tutto l’inganno stia proprio lì, ed è su questo che si sono concentrati i legislatori in Commissione. Tramite l’incidente di esecuzione, infatti, la parte potrà provvedere all’accertamento dei requisiti di legge e quindi ingolfare, rallentare, procrastinare il provvedimento in maniera indefinita.”
Paola Nugnes
Il 21 gennaio 2014 Legambiente ha voluto richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei senatori chiamati a voytare con il seguente comunicato: “Il ddl Falanga, che domani, mercoledì 22 gennaio, sarà discusso in aula al Senato, rischia di paralizzare l’attività delle Procure che in questo Paese, spesso da sole, si occupano di demolire l’abusivismo edilizio. È una legge furba, che garantisce un argomento in più a chi vuole salvare le case abusive. Sotto un elenco di priorità a cui le Procure devono attenersi nella scelta dei manufatti da demolire, nasconde la chiara volontà di fermare le ruspe. Perché se prima di abbattere una villetta costruita sulla spiaggia, o addirittura un villaggio turistico, il magistrato dovrà obbligatoriamente demolire le case pericolanti, quindi quelle non finite, poi quelle utilizzate a scopi criminali e quelle di proprietà dei boss mafiosi, è evidente che non si farà nulla”.
“Definire un ordine di priorità può anche essere una scelta condivisibile, ma non può divenire un vincolo a cui le Procure devono attenersi, quindi non si capisce la necessità di una legge” ha ribadito il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, perché l’obbligo di verificare le condizioni previste dall’elenco, “significa insabbiarsi nella burocrazia e nei ricorsi giudiziari: di fatto vuol dire bloccare le demolizioni e fare un regalo agli abusivi”.
Per rendere l’idea, l’Associazione ambientalista prende il caso di Ischia: “Per istruire le pratiche e classificare le oltre 600 ordinanze di demolizione secondo i criteri di priorità sarebbe necessario l’impegno esclusivo e a tempo pieno di tutti gli uffici comunali e le forze dell’ordine. Senza parlare della quantità di nuovi e pretestuosi ricorsi al Tar da parte di abusivi ‘vittime’ del mancato rispetto dei nuovi criteri di urgenza”.
Sulla stessa linea di pensiero anche Manuela Zambrano, del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, e Valerio Federico, tesoriere di Radicali italiani
Con 189 sì, 61 no e 7 astensioni, l’Assemblea del Senato ha approvato disegno di legge n. 580 secondo il testo emendato: il provvedimento passa ora al vaglio della Camera.