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«Il volto amato della patria», un libro sommerso

12/12/2014
in Archivi, Beni culturali, Beni paesaggistici, Governo del territorio, News, Piani territoriali, Urbanistica
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Articolo di Giorgio Nebbia pubblicato l’8 dicembre 2014 su “La Gazzetta del Mezzogiorno” e su “Eddyburg”.

Immagine.Giorgio nebbia

Giorgio Nebbia

Difesa della natura, dell’ambiente, del paesaggio e dei beni culturali; sembra che ci sia tanta voglia di difendere, attraverso associazioni, movimenti, congressi, qualcosa che si potrebbe definire il “bene comune”, la base stessa della vita: il cielo limpido, il verde, gli animali allo stato naturale, la purezza delle acque. 

Il nemico è rappresentata dalla violenza della caccia, dall’invasione turistica dei boschi e delle coste, da inutili strade, da fabbriche che gettano nel cielo i loro fumi tossici, da discariche di rifiuti. 

Tale violenza genera frane e alluvioni, mutamenti climatici, morti premature, ma anche perdita di altri valori come la bellezza, il silenzio, il paesaggio, quello che il poeta inglese John Ruskin (1819-1900) ha definito il «Volto amato della Patria». 

Questa frase è anche il titolo del libro scritto dallo storico Luigi Piccioni dell’Università della Calabria, appena pubblicato dall’editore di Trento. 

Piccioni comincia col mettere ordine fra le finalità dei vari movimenti protezionistici focalizzando l’attenzione sui movimenti per la difesa della natura e del paesaggio, arrivati in Italia molto presto, nella metà dell’Ottocento, sull’onda di opere apparse in altri paesi europei e negli Stati Uniti. 

I vari volumi del libro Il cosmo: descrizione fisica del mondo del grande geografo tedesco Alexander von Humboldt (1769-1859), apparsi nel 1845-1862, furono subito tradotti in francese e in italiano dall’editore Carlo Turati di Milano. 

Quasi contemporaneamente appariva la traduzione italiana del libro L’uomo e la natura scritto dall’americano George Marsh (1801-1882) che descrive le modificazioni della natura apportate dalle attività umane, osservate nei suoi lunghi viaggi in Europa, nel Mediterraneo e nell’amata Italia dove è morto. 

Piccioni parte da questi e altri autori per esaminare gli effetti che i loro scritti hanno avuto sugli intellettuali di un’Italia da poco riunificata. 

Il paese, in gran parte ancora agricolo, è ricco di risorse naturali e di bellezze paesaggistiche che stanno per essere assaltate da una avida modernizzazione. 

Per far conoscere e salvare queste bellezze si ha, subito, dalla metà dell’Ottocento, un fervore di iniziative e pubblicazioni, come la rivista mensile L’Illustrazione Italiana (dal 1873), e il libro Il Bel Paese. Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica dell’Italia (1876) dell’abate Antonio Stoppani (1824-1891).

Nel 1863 era nato il Club Alpino Italiano, una associazione di amanti della montagna e di escursionisti, e nel 1894 è nato il Touring Club Ciclistico Italiano, oggi Touring Club Italiano, col proposito di far conoscere l’Italia attraverso un turismo che sa usare la bicicletta, il nuovo agile e popolare strumento di mobilità. 

Il Touring Club comincia subito a pubblicare delle guide alle varie parti d’Italia, delle carte geografiche e una Rivista mensile, il cui numero 1 porta la data del 1895. 

Piccioni parla giustamente di questa fase come di una «pedagogia patriottica» di una «alfabetizzazione geografica del Paese».  

Con la diffusione delle conoscenze dell’Italia appare anche che molte bellezze naturali e il paesaggio rischiano di essere compromessi da una affrettata modernizzazione. 

Piccioni passa in rassegna le molte iniziative dei primi quindici anni del Novecento intese a sollecitare interventi legislativi per la protezione della flora e della fauna e di alcune zone sensibili e di particolare valore come la Pineta di Ravenna. 

La speranza di una legge, simile a quella del 1909 sulla tutela dei monumenti, viene vanificata dalla prima “Guerra mondiale”. 

Nella “nazione ferita e impoverita” che esce nel 1919 dalla guerra studiosi e intellettuali riprendono subito a combattere in difesa dei valori naturalistici e paesaggistici e riescono ad ottenere nel 1922 la legge che istituisce il Parco del Gran Paradiso e la istituzione dell’Ente Parco di Abruzzo. 

Non riesce invece a decollare il progetto di un tanto auspicato “Catalogo delle bellezze naturali” la cui redazione è interrotta nei primi anni venti del Novecento. 

Piccioni analizza poi le attività ridotte del movimento naturalistico nel periodo fascista, una lunga agonia con barlumi di luce, e la ripresa degli interessi naturalisti dopo la Liberazione. 

Il vivace fermento dei decenni precedenti ha comunque lasciato tracce profonde tanto che nella Costituzione del 1948 è stato inserito l’articolo 9: «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». 

Con la ricostruzione, il miracolo economico e una affrettata e talvolta brutale industrializzazione altre tempeste si sono abbattute sul “volto amato della Patria”: inquinamenti, discariche, erosione del suolo e sarebbe stato necessario arrivare al 2001 per avere una integrazione della Costituzione in cui figura la parola “ambiente”. 

Viene quindi a proposito il libro di Piccioni che ricorda l’entusiasmo e l’impegno della fase pionieristica e costituisce uno stimolo per una vivace ripresa dei grandi movimenti civili per la difesa dei beni comuni come la natura e il paesaggio. 

Purtroppo si tratta di un “libro sommerso”, di quelli che, pur avendo un alto valore culturale e scientifico, non hanno circolazione nelle librerie commerciali, né attenzione nei chiacchiericci televisivi. 

Ai lettori, specialmente agli insegnanti, posso solo raccomandare di leggerne alcune pagine nelle loro scuole.

Ci sono dentro testimonianze di rispetto e amore per la natura e per il proprio paese e il ricordo di coloro che hanno reso più civile l’Italia.

 

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