Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente articolo, che ci è stato trasmesso dall’Ing. Donato Cancellara con il seguente sottotitolo: “assoRinnovabili invita il MiSE ad azzerare gli incentivi per i grandi impianti solari termodinamici”.
Già in passato abbiamo avuto modo di evidenziare che purtroppo, in diverse regioni d’Italia, si è assistito al rilascio di titoli autorizzativi, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, per la realizzazione di mega impianti industriali alimentati da fonti di energia rinnovabile (FER), in aree verdi, con la conseguente e strumentale adozione di variante urbanistica, da terreno agricolo ad industriale, al momento dell’ottenimento dell’Autorizzazione Unica.
Impianti che, molto spesso, sono stati realizzati per una mera convenienza economica legata ad un’ingiustificabile elargizione di corposi incentivi statali.
Tra gli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile rientrano anche gli impianti solari termodinamici a concentrazione (CSP) che occupano, generalmente, estese superfici con significativi impatti sul paesaggio e sull’ambiente.
Proprio quel paesaggio e quell’ambiente le cui esigenze di tutela sono spesso subordinate all’interesse economico privato, indiscutibilmente legato ad una incentivazione statale particolarmente generosa dettata, in passato, dal D.M. 6 luglio 2012 ed oggi dalla previsione di un nuovo decreto ministeriale che azzererebbe gli incentivi al fotovoltaico ed assegnerebbe spropositati incentivi agli impianti solari termodinamici.
Di recente pubblicazione le osservazioni dell’associazione assoRinnovabili che invita il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) ad azzerare gli incentivi ai grandi impianti solari termodinamici.
L’assoRinnovabili è una grande associazione dei produttori, dell’industria e dei servizi per le energie rinnovabili che riunisce e rappresenta dal 1987 i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Consta di 1.000 Soci, oltre 2.400 impianti per un totale di più di 13.000 MW di potenza elettrica installata che producono 30 miliardi KWh di energia elettrica pulita, per un totale di 16 milioni di CO2 all’anno in meno nell’aria che respiriamo.
AssoRinnovabili fa parte di 7 network tra nazionali e internazionali: SolarPowerEurope, ESHA (European Small Hydropower Association), EWEA (European Wind Energy Association), the General States of the Green Economy, RES4MED, Kyoto Club, Coordinamento FREE (Green Energy and Energy Efficiency).
È proprio l’associazione assoRinnovabili ad auspicare che il MiSE rifletta se possa essere considerato realmente di interesse strategico per il nostro Paese incentivare gli impianti solari termodinamici di grande taglia.
Infatti, assoRinnovabili fa notare che, qualora venissero realizzati, essi assorbirebbero risorse fino a 100 milioni di euro all’anno (quindi 2,5 miliardi di euro per l’intero periodo di incentivazione di 25 anni).
Fino ad oggi, gli impianti di grande taglia hanno avuto forti difficoltà a ottenere le autorizzazioni necessarie alla costruzione ed esercizio.
AssoRinnovabili, tramite le sue osservazioni all’art. 12, comma 3, invita i Ministeri a valutare se tali risorse possano essere più utilmente destinate a impianti di taglia minore o, ancor meglio, a tecnologie maggiormente competitive a fronte del ridotto arco temporale del Decreto che prevede un orizzonte molto breve: fino al 1° dicembre 2016.
Queste osservazioni si vanno ad aggiungere a quelle di oltre 20 Associazioni ambientaliste, tra cui la Federazione nazionale Pro Natura, la l’Associazione nazionale VAS Onlus, l’Associazione Intercomunale Lucania, Comitato No Megacentrale e tante altre, che il 14 giugno scorso inviarono un dettagliato documento con il quale si chiedeva l’azzeramento degli incentivi al solare termodinamico industriale (CSP) evidenziando le ragioni della propria preoccupazione e avversione riportando alcuni progetti in essere, attualmente negli iter procedimentali di approvazione o diniego:
- nella Regione Basilicata è stata presentata un’istanza di autorizzazione per una centrale termoelettrica ibrida a concentrazione solare, impianto denominato “solare termodinamico” avente potenza elettrica nominale di 50 MW, alimentato da fonte rinnovabile solare nonché da fonte non solare non rinnovabile, quale il gas metano, e sottoposto alla Direttiva Seveso ter, in quanto attività a rischio di incidente rilevante, con non trascurabili emissioni di inquinati in atmosfera (benzene, fenolo, ossidi di azoto) [vedi https://www.rodolfobosi.it/il-contestato-progetto-di-impianto-solare-termodinamico-di-banzi-pz/]. Progetto che intende occupare una superficie di 226,7 ettari di terreni agricoli ed irrigui collocati al di sopra di una rilevante falda acquifera a pochi metri dal piano campagna. L’impianto ibrido prevede l’utilizzo di 8.640 specchi parabolici con l’asportazione di 1 milione di metri cubi di terreno corrispondente allo strato più fertile dell’area interessata; 9.000 trivellazioni per i pali di fondazione a sostegno dei collettori solari; 2.100 tonnellate di olio diatermico come fluido termovettore. Trattasi di un fluido ad alto impatto per l’ambiente, circolante nei collettori e ricevitori alla temperatura di circa 400 °C con rischi di incendi, esplosioni e sversamenti sul suolo e nel sottosuolo. Sono previste 3 mega caldaie per la combustione di oltre 7,7 milioni di normal metri cubi di gas metano annui per assicurare un funzionamento in continuità e far fronte alla loro bassa efficienza energetica;
- nella Regione Sardegna sono state presentate ben sei istanze per centrali solari termodinamiche a concentrazione di potenza nominale compresa tra i 10 e i 55 MWe, impianti industriali da localizzarsi su circa 1.000 ettari di aree agricole fertili e produttive, distribuiti nella pianura del Campidano di Cagliari e di Oristano e nell’altopiano di Campeda; a questi si aggiungono i diversi impianti pilota, solo questi previsti nelle aree industriali e di piccola taglia. Citiamo espressamente tra questi i progetti “Gonnosfanadiga” e “Flumini Mannu”, consistenti in due centrali da 55 MWe ciascuna con un’occupazione di suoli complessiva di oltre 500 ettari, e l’impianto di “San Quirico” che prevede l’occupazione di altri 77 ettari. Gli impianti previsti nelle zone agricole usano come fluido termovettore i sali fusi, impattanti anch’essi sull’ambiente come inquinanti delle falde idriche in ragione delle quantità previste (diverse migliaia di tonnellate, oltre 15.000 per i più grossi, circolanti a temperature di 550°), che fanno rientrare anche questi impianti sotto le restrizioni della Direttiva Seveso ter.
Tutti gli impianti citati sono ibridi, necessitando di centrali a biomassa e/o dell’ausilio dei combustibili fossili affinché ci sia la fattibilità tecnica, ma non la sostenibilità ambientale ed economica, e tutti promettono nelle relazioni progettuali un impossibile ripristino delle condizioni originarie alla fine del ciclo di vita delle centrali, dopo che pali in cemento armato sono stati infissi nel terreno per alcuni metri al fine di assicurare il sostegno e la necessaria rigidità a tutti gli specchi del campo solare, dopo la necessaria impermeabilizzazione del suolo al fine di garantire la raccolta di tutti i fluidi scolanti dagli impianti, comprese le acque di prima pioggia, dopo il passaggio per anni dei mezzi di manutenzione, ecc.
Differentemente da un impianto a tecnologia fotovoltaica (FV), basato sull’utilizzo dell’irraggiamento solare diretto e diffuso, il termodinamico a concentrazione (CSP – Concentrated Solar Power) ha bisogno di elevati valori di irraggiamento solare normale diretto (DNI – Direct Normal Irradiation).
Si comprende il perché sia auspicabile l’istallazione di tali impianti in terreni desertici in cui è possibile far affidamento ad elevati valori di DNI con l’occupazione di estese superfici senza arrecare danni all’agricoltura.
In aggiunta, la stessa ENEA (Fontanella et al., 2011) afferma che «Il solare termodinamico si avvia a diventare una tecnologia commerciale in grado di dare significativi contributi all’approvvigionamento energetico mondiale. Presenta una serie di caratteristiche interessati (…) e consente di valorizzare terreni non altrimenti utilizzabili, come le aree desertiche, le aree industriali dismesse o le discariche esaurite».
Dallo studio delle cartografie di irraggiamento solare, le Regioni Basilicata e Sardegna non sarebbero idonee ad accogliere impianti solari a tecnologia puramente termodinamica, motivo per cui vengono affiancati da mega caldaie per la combustione annua di milioni di normal metri cubi di gas metano.
Si tratta quindi di mega impianti per i quali verrebbe disatteso l’art. 12 comma 7 del d.lgs. n. 387/2003 e per i quali è impossibile assicurare il ripristino dello stato dei luoghi, a valle del periodo di 25 anni di esercizio, così come previsto dall’art. 12 comma 4 del d.lgs. n. 387/2003.
Prevedere una generosa incentivazione alla produzione di energia elettrica per siffatti impianti potrebbe favorire azioni speculative sul nostro territorio come già accaduto per mega impianti fotovoltaici in area agricola e per svariati impianti eolici disseminati sopratutto nel sud del nostro Paese.
Proprio quel territorio che, invece, avrebbe bisogno di salvaguardare la destinazione agricola dei suoli destinati a tali pratiche, e per le quali restano idonei anche quando temporaneamente inutilizzati, se si conserva la loro specifica biodiversità e geo-pedodiversità, al fine di tamponare la devastante e irrefrenabile cementificazione e impermeabilizzazione (soil sealing nelle direttive e “buone pratiche” comunitarie) della superficie agricola nazionale che sta assumendo una forma inquietante: secondo l’ISPRA, al 2012, la superficie di suolo consumato e perso irreversibilmente si è incrementato di altri 720 kmq, 0,3 punti percentuali in più rispetto al 2009, un’area pari alla somma dei comuni di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo.
Donato Cancellara
Associazione VAS Onlus per il Vulture Alto Bradano
Associazione Intercomunale Lucania
Laura Cadeddu
Comitato No Megacentrale