L’inquinamento atmosferico causa ogni anno la morte prematura di oltre 3 milioni di persone a livello mondiale, con una maggiore incidenza in Asia.
È quanto si legge in un nuovo studio capitanato dall’Istituto Max Planck per la chimica e pubblicato sulla rivista Nature, in base al quale la mortalità da inquinamento dell’aria potrebbe raddoppiare entro il 2050 arrivando a interessare 6,6 milioni di persone all’anno.
Gli esperti hanno combinato un modello globale di chimica atmosferica con i dati demografici e le statistiche sulla salute per stimare il contributo di diversi inquinanti, in particolare nelle polveri sottili, alla mortalità prematura.
Stando ai dati, le emissioni derivanti dall’energia residenziale, ad esempio per riscaldarsi e cucinare, sono prevalenti in India e Cina e hanno l’impatto più alto a livello mondiale sulle morti premature.
In molte aree degli Usa a pesare sono il traffico e la produzione di energia, mentre in Europa, Stati Uniti orientali, Russia e Asia orientale le emissioni provenienti dall’agricoltura danno il contributo maggiore alle polveri sottili.
Secondo uno studio correlato, condotto dall’università inglese di Leeds e pubblicato su Nature Geoscience, tra 400 e 1.700 morti premature si sarebbero potute evitare se fossero stati ridotti in modo considerevole gli incendi legati alla deforestazione registrati nell’Amazzonia brasiliana negli ultimi anni.
Gli esperti hanno unito misurazioni satellitari e terrestri a un modello di trasporto chimico per dimostrare che, nella regione, le concentrazioni di polveri sottili sono calate del 30% durante la stagione secca, proprio a seguito della riduzione degli incendi associati alla deforestazione.
(ANSA del 17 settembre 2015, ore 11:51)