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Home Governo del territorio Beni culturali

La CGIL mette in guardia sul rischio di svendita del patrimonio pubblico che si nasconde dietro la legge IMU-Bankitalia

07/02/2014
in Beni culturali, Governo del territorio, News
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Immagine.logo CGIL.A Come noto, il 30 novembre 2013 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto-Legge n. 133, concernente le «Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia», che è stato convertito in legge il 29 gennaio 2014 grazie alla “ghigliottina” decisa dalla presidente della Camera Laura Boldrini dopo che quasi 170 deputati dei gruppi di opposizione (in gran parte del Movimento Cinque Stelle) si erano iscritti a parlare per fare ostruzionismo a un provvedimento contestatissimo, approvato nel caos più completo.

Nel supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale„ n. 23 del 29 gennaio 2014 – Serie generale – è stata pubblicata la Legge n. 5 del 29 gennaio 2014 di conversione in legge del D.L. n. 133/2014, di cui la responsabile ambiente e territorio della CGIL nazionale Simona Fabiani ha messo in evidenza un aspetto ulteriore oltre a quello contestato di essere un regalo alle banche.

 Immagine.Simona Fabiani

Lo ha fatto con il seguente articolo.

La Legge 5 del 29 gennaio 2014, la conversione in Legge del cosiddetto Decreto Imu-Bankitalia, approvata alla Camera contiene anche, all’art. 3, disposizioni per la dismissione degli immobili pubblici.

Un solo articolo, ma di complicatissima lettura, una giungla di rimandi e correzioni di precedenti norme che consente a chi acquisterà un immobile pubblico di fare domanda per la sanatoria di eventuali opere realizzate abusivamente nonché una serie di facilitazioni.

La norma, che dovrebbe perseguire obiettivi di finanza pubblica e di riduzione di nuove urbanizzazioni con il conseguente consumo del suolo, estende infatti anche ai beni immobili ad uso non prevalentemente abitativo del patrimonio pubblico, che saranno oggetto di vendita, la possibilità di sanare gli abusi edilizi presentando domanda entro un anno dall’atto di trasferimento dell’immobile stesso [comma 1 dell’art. 3, ndr.].

A questo scopo si richiamano le previsioni di sanabilità  previste dalla Legge di condono n. 47 del 1985 che consente la sanatoria delle opere abusive, eseguite senza licenza o concessione edilizia o in difformità delle stesse.

Non sono sanabili le opere in contrasto con vincoli imposti a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali e idrogeologici, solo però, se tali vincoli siano stati imposti prima dell’esecuzione delle opere stesse.

L’art. 3 della Legge 5 riguarda non solo i beni dello Stato, ma anche gli immobili di proprietà di enti territoriali che dovranno provvedere ad individuare con apposita delibera gli immobili che intendono dismettere [lettera b) del comma 2 dell’art. 3, ndr.].

Il Ministero dell’economia e delle finanze emanerà, entro il 30 aprile 2014, un decreto dirigenziale contenente l’elenco dei beni individuati per la vendita [comma 2-ter dell’art. 1, ndr.].

Un passaggio positivo della Legge prevede il divieto di alienazione degli immobili a società di cui non è possibile identificare le persone  fisiche  o le società che  ne detengono la  proprietà o  il  controllo, alle società anonime aventi sede all’estero e ai soggetti  che  siano  stati  condannati, con   sentenza irrevocabile, per reati fiscali o tributari [lettera b) del comma 2 dell’art. 3, ndr.].

Teoricamente un altro passaggio positivo dovrebbe escludere dalla possibilità di essere venduti i beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico ed ambientale, individuati dal Ministro dei beni e delle Attività culturali e dal Ministro dell’ambiente, che devono restare prioritariamente di proprietà dello Stato ed essere avviati a procedimenti di tutela, valorizzazione e all’istituzione di aree naturali protette .

Ma le buone intenzioni vengono immediatamente rinnegate, da un successivo comma dello stesso articolo 3, che stabilisce che le norme di tutela sopracitate non devono comunque determinare una riduzione dell’introito complessivo connesso ai processi di dismissione del patrimonio pubblico, di fatto rendendo inapplicabili le esclusioni dalla vendita dei beni di rilevante interesse [comma 2-septies dell’art. 1, ndr.].

Per facilitare la vendita del patrimonio immobiliare pubblico e così rimpinguare le casse dello Stato, tutte le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti ed i trasferimenti degli immobili saranno esentati dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

Inoltre, sempre in relazione agli immobili da vendere lo Stato, gli enti pubblici e le società acquirenti saranno esonerati anche dall’obbligo di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge per la validità degli atti nonché dall’obbligo di allegare il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.

Per completare il quadro già abbastanza complicato, nei giorni scorsi il Senato ha approvato il Disegno di Legge Falanga, che introducendo i criteri di priorità per l’esecuzione delle procedure di demolizione delle opere abusive, rischia di rallentare se non di bloccare la demolizione di tanti eco-mostri o di opere che mettono a repentaglio la sicurezza idrogeologica del territorio.

Difficile cogliere, negli effetti combinati dei due provvedimenti, l’aspetto positivo del riutilizzo del patrimonio immobiliare pubblico in modo da evitare nuovo consumo di suolo [comma 1 dell’art. 3, ndr].

Abbiamo sempre sostenuto la necessità di mantenere la proprietà pubblica di tale patrimonio valorizzandone il valore culturale, storico, ambientale e laddove si tratti di immobili dismessi che non abbiano tali caratteristiche di rilevante interesse di utilizzarlo per offrire una risposta di carattere pubblico all’emergenza abitativa, ai bisogni sociali, culturali e ricreativi delle popolazioni.

 Tutta questa partita ci sembra piuttosto un modo facile di fare cassa, svendendo il patrimonio pubblico, costituito anche dalla confisca di terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusive che ci sono state costruite, consentendone una facile sanatoria, facilitazioni fiscali e urbanistiche.

Per quanto riguarda il Disegno di Legge Falanga ci dobbiamo impegnare affinché non venga approvato alla Camera, a questo proposito si è pronunciato con grande enfasi il Presidente della Commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci.

Per la Legge 5, invece, già approvata definitivamente, la CGIL, a tutti i livelli dell’organizzazione dovrà mettere in atto forti pressioni sia con gli Enti territoriali sia con i Ministeri interessati per cercare di ridurre l’impatto negativo del provvedimento, innanzitutto, escludendo dalla possibilità di vendita tutti i beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico ed ambientale e poi limitando il più possibile il numero di beni da inserire nel decreto del MEF che verrà emanato  entro il 30 aprile 2014, con l’elenco dei beni individuati per la vendita.

A compensare parzialmente il rischio da cui la CGIL ha voluto mettere in guardia c’è il comma 2-quinquies dell’art. 3 che testualmente recita: “Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, all’individuazione, nell’ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato …, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, dei beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all’istituzione di aree naturali protette ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, o all’integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite.”

 

 

 

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