Le assemblee sindacali durante le ore di servizio – a cominciare da quelle storiche del personale di volo Alitalia – non sono mai state molto popolari.
Giustamente.
Quella tenutasi per due ore e mezza al Colosseo e in altri luoghi strategici del turismo di massa a Roma, pur essendo stata annunciata con cartelli non invisibili, si è attirata l’ira del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, e del premier Matteo Renzi: è uno scandalo che deve finire, bisogna inserire i servizi museali fra quelli “essenziali”, anzi lo faremo subito con decreto legge.
Che peraltro non potrà vietare le assemblee regolarmente indette.
Ora, non v’è dubbio che qualunque chiusura, anche temporanea, di un monumento visitato al giorno da 6.000 persone e più, provochi malumori e proteste.
È successo nei giorni scorsi a Pompei, altro sito dei più visitati.
“Facciamo la solita figuraccia con gli stranieri…“, è il primo commento indignato che affiora alle labbra.
Tuttavia occorre anche predisporre gli uomini e i mezzi necessari per poter garantire la fruizione di musei, aree di scavo, monumenti, ecc.
L’assemblea di Pompei come quella di ieri al Colosseo non aveva tuttavia motivazioni campate in aria.
Difatti erano presenti anche funzionari e dirigenti della Soprintendenza: a pochi mesi dall’inizio del Giubileo nella enorme struttura romana dove ogni giorno entrano e sostano migliaia di turisti vi sono appena 27 custodi su tre turni.
Il giorno che sono entrati, gratis, 9.000 visitatori, si sono corsi rischi molto seri sul piano della sicurezza.
Ma è così in tutta Italia, la riduzione di personale di custodia è stata così incisiva negli ultimi anni che, ad esempio, nel polo museale statale fra Bologna e Ferrara da un’ottantina di custodi si è vertiginosamente scesi a meno di venti.
Per la Pinacoteca Nazionale di Bologna ci sono appena tre custodi per turno, per cui la galleria apre a mezze giornate, e il pubblico assicurato da una compagnia aerea low cost rimane a guardare il portone chiuso.
Lì come al vicino ed oggi ben allestito Musei dell’Università, la più antica del mondo.
Per ovviare a questa rarefazione di personale – che, va ricordato, guadagna mensilmente circa 1100 euro – si sono effettuate ore e ore di straordinari, anche per fare bella figura nelle aperture serali e nelle domeniche al museo.
Purtroppo questi straordinari, che incrementano di un terzo circa i magri guadagni, da nove lunghi mesi non vengono pagati suscitando un malcontento crescente.
I disagi sarebbe stati minori se anche i tour operator avessero provveduto ad avvertire i loro clienti e l’annuncio dei sindacati fosse stato più anticipato e meglio diffuso.
È innegabile.
Ma cosa si prevede per il personale?
Alla Biblioteca Nazionale di Firenze (lo denunciano due interrogazioni parlamentari, una dell’ex ministro Maria Chiara Carrozza, citate da Tomaso Montanari su Repubblica) quello “addetto alla distribuzione e al funzionamento si è ridotto a 165 unità, mentre la pianta organica ne prevedrebbe 334“.
Ma sono le nuove piante organiche a sanzionare questi tagli devastanti.
Secondo dati sindacali, i dipendenti del Ministero Beni Culturali e Turismo erano ad agosto 25.175.
Con la pianta organica firmata da Franceschini in quel mese, devono scendere a 19.050.
Se si vuole considerare Arte & Cultura un “servizio essenziale” a fini sindacali, bisogna che lo sia anche a fini economici: col governo Prodi 2006 l’incidenza della Cultura nel bilancio dello Stato era pari allo 0,40 % (ed eravamo ben sotto Francia e Spagna), ma alla fine dei governi Berlusconi essa era precipitata alla miseria dello 0,19 %.
In tutta Italia ci sono appena 343 archeologi dello Stato, mediamente anziani, per oltre 700 siti e musei.
Al concorso del 2008 per trenta posti si sono presentati 5.551 giovani archeologi.
Più essenziali di così si muore.
Magari di inedia.
(articolo di Paolo Emiliani, pubblicato con questo titolo il 19 settembre 2015 su “Il Tirreno”)