Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente comunicato della associazione “Salviamo Bracciano”.
Bracciano, 10-09-2015 – Le recenti notizie apparse sugli organi di stampa circa la chiusura delle indagini da parte della Procura della Repubblica di Roma nei confronti dell’avv. Marcello Marchesi, Andrea Riccioni e Marco Sanna della Bracciano Ambiente per il reato di traffico illecito di rifiuti, in relazione alla discarica di Cupinoro, e le parallele indagini della Procura di Civitavecchia sugli illeciti ampliamenti della discarica, ci impongono di tornare sulla gravissima situazione della discarica, dello sperpero di denaro pubblico e del disastro ambientale incombente (o già realizzato?).
Il problema della discarica aveva attirato l’attenzione di Associazioni e cittadini e addirittura di europarlamentari.
Oggi la questione sembra dimenticata, ma è proprio in questi giorni che si presenta più grave che mai.
Torniamo sulla delibera della Regione Lazio n. 370 del 21 luglio 2015 che “abbuona” oltre 10 milioni di euro al comune per ripianare i debiti della Bracciano Ambiente, evocando l’istituto della “gestione altrui” della fallita società SEL, che prima della Bracciano Ambiente gestiva la discarica.
Non entriamo in disquisizioni tecnico – giuridiche, però leggiamo dalle ordinanze del sindaco n. 67/2015 che lo stesso primo cittadino ordina alla BA di smaltire il percolato giacente nelle vasche di raccolta.
Si dà conto (per salvaguardare il bilancio e non l’ambiente) dell’impossibilità della BA, al 2014, di proseguire nella gestione diretta della discarica da parte del soggetto titolare dell’autorizzazione fin dal 2004 (BA) e si chiama il Comune e la Regione Lazio alla gestione diretta della discarica stessa.
Ora, se è vero che il percolato c’è, infiltrato nel terreno o a saturazione degli invasi, i “costi” del percolato prodottosi dal 2004 ad oggi, che determinava di volta in volta la saturazione degli invasi, non sono certo riconducibili ad improbabili “gestioni altrui” di chi non esiste più da almeno 15 anni.
In realtà per il percolato formatosi dal 2004 ad oggi la Bracciano Ambiente avrebbe dovuto porre in essere tutte le attività di sistemazione per evitare infiltrazioni del percolato stesso.
Dal 2004 ad oggi che cosa è successo?
Nessuno si è mai posto il problema?
Non si sapeva già nel 2004 di questa situazione?
Cosa sarebbe successo se si fosse intervenuti nel 2004 per sistemare tutto?
Quanti soldi si sarebbero risparmiati se fossero stati messi in sicurezza gli invasi invece di portare via il percolato di volta in volta ?
Nell’ordinanza comunale si parla di omessi controlli sulle garanzie, nella delibera regionale si parla di plurime responsabilità da accertare.
Peccato che si svegliano nel 2015, assumendo responsabilità di altri, che forse ci sono pure, ma che certamente non possono cancellare le responsabilità di chi aveva il dovere di gestire e controllare la discarica dal 2004 ad oggi.
Così come appare ridicolo, anche al senso comune, che tutti i problemi e i costi nascono solo dagli abbancamenti di rifiuti fatti fino al 2004.
E tutti gli abbancamenti successivi fino al 2015?
Quindici anni di abbancamenti non hanno prodotto alcun effetto sul percolato e sugli invasi ?
E l’ARPA Lazio è mai stata chiamata, magari nel 2004 o anche di recente, per fare le verifiche tecniche come avviene per gli altri invasi regionali?
La delibera regionale 370 del 2015 trova l’uovo di colombo.
Si afferma che stiamo parlando solo del percolato ante 2004, e nessuno dei soggetti istituzionali di oggi avrebbe alcuna responsabilità.
Il problema di 15 anni di abbancamento di rifiuti nella discarica di Cupinoro sarebbe tutto da ricondurre a tale società SEL, fallita 15 anni fa.
L’uovo di colombo è la “gestione di affari altrui”, come si legge in delibera.
Quindi la Bracciano Ambiente, non avendo alcun obbligo di messa in sicurezza del percolato dal 2004 al 2015, del tutto spontaneamente, si sarebbe sostituita, per quanto comprendiamo, ad altra società, “morta” 15 anni fa, per adempiere ad obblighi di gestione e sicurezza della discarica che non sarebbero stati propri, come neppure del comune e della regione Lazio.
Tale tesi appare francamente improbabile, però notiamo che tale tesi si traduce in un auto assolvimento di tutti circa gli obblighi di gestione e controllo appartenenti a detti enti per 15 anni che non sarebbero esistiti, perché i 10 milioni di euro risolvono un problema di gestione risalente ad oltre 15 anni fa di un soggetto “morto” (fallito).
Dal 2004 ad oggi quante tonnellate di rifiuti sono state abbancate in discarica?
Eppure tutto questo è irrilevante.
Il percolato lo avrebbero prodotto solo i rifiuti abbancati fino al 2004.
In realtà, anche noi che non siamo esperti, leggendo attentamente le delibere regionali (anche quelle richiamate nella delibera 370) emerge chiaro che gli “obblighi” erano tutti obblighi della Bracciano Ambiente e non di altri.
Tale rimbalzo di responsabilità emerge dalla delibera stessa.
Si fa riferimento ad una richiesta del comune di Bracciano, silente per dieci anni, solo nel 2014, e dopo che la soprintendenza (e non la Regione) aveva annullato il permesso rilasciato dal comune per l’ampliamento della discarica – permesso 2/2013 su denuncia del consigliere Tondinelli e per i quali Marchesi, Sanna e Signore sono rinviati a giudizio, chiedeva l’intervento della Regione, in quanto ente sovraordinato tenuto ad adempiere agli “oneri di gestione della chiusura della discarica, che fu gestita dalla fallita società SEL e quindi allo smaltimento del percolato”.
Annullato l’ampliamento si pone il problema delle responsabilità: la soluzione?
Non è colpa di nessuno, abbiamo tutti “gestito un affare altrui” della SEL, “morta” 15 anni fa.
Anzi “noi” siamo stati bravissimi a risolvere il “problema” che è costato qualche decina di milioni di euro.
Chi pagherà tutta questa “mala gestio”?
E soprattutto, nel frattempo le falde sono state inquinate dal percolato?
Ultima domanda: la Regione Lazio non si è dotata di un sistema di una “rete integrata ed adeguata” di gestione dei rifiuti come fatto, per obbligo di legge, da molte altre regioni italiane più virtuose.
È ammissibile mettere in campo questioni di urgenza e apparentemente contingibili per una situazione nota a tutti da almeno 15 anni con tutte le relative criticità?
Viste le situazioni evidenziate in questi ultimi anni dalla Corte dei Conti relative alla mancata contrattualizzazione dei rapporti tra il Comune e la B.A., la “inesigibilità” dei crediti certificata in passato che poi ha prodotto debiti fuori bilancio, la contrattualizzazione dei servizi sotto costo, la mancata evidenziazione ed appostazione delle relative criticità nel bilancio comunale, il difettoso funzionamento del “controllo analogo” ecc., ci chiediamo se, come del resto ammesso nell’ordinanza 67/2015, tutto questo altro non sia che un ripianamento di debiti finanziari, la cui patologia è già a conoscenza degli organi inquirenti della Procura della Repubblica di Civitavecchia.
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