L’articolo di Paola Somma, pubblicato con questo titolo il 9 giugno 2015 su “Eddyburg”, descrive in modo puntuale il rischio della mercificazione dei beni storico-monumentali di Venezia sull’esempio dei lavori di ristrutturazione del Fontego dei Tedeschi: VAS ne condivide totalmente i contenuti.
La vicenda del Fontego dei tedeschi illustra in modo esemplare la connessione tra scelte globali, nazionali e locali, e come esse tutte cospirino verso la mercificazione di ogni cosa che abbia pregio.
Come tutte le operazioni del gruppo Benetton a Venezia, l’acquisto di quel complesso non è stato solo un accorto investimento immobiliare.
È servito a ridisegnare una parte della città con il risultato di accelerare la trasformazione dell’intera struttura urbana: fisica, economica, sociale e politica.
La soluzione finale posta alla vicenda dalla sentenza del Consiglio di Stato, che ha accolto le motivazioni dei privati proprietari, del comune e della sopraintendenza, tutti alleati contro Italia Nostra, suggerisce una riflessione su almeno tre questioni, il cui rilievo trascende la scala locale: il concetto di pubblica utilità, il futuro delle “città museo”, la zonizzazione del territorio in funzione del potere d’acquisto dei turisti.
- TTIP e Consiglio di Stato
Il 10 giugno il Parlamento europeo esprimerà il suo parere sul TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e la libertà di investimento), il trattato che consentirà alle grandi concentrazioni multinazionali di impugnare le normative e le leggi di qualsiasi stato, che siano in contrasto ai propri interessi, ricorrendo ad un tribunale privato che avrà una giurisdizione al di sopra degli stati nazionali.
Gli interessi economici delle multinazionali saranno, quindi, anche da un punto di vista formale, al disopra dei diritti delle persone e delle comunità locali.
L’argomento usato per rendere le multinazionali immuni alle legislazioni nazionali sovrane è la “necessità” di evitare che le leggi pongano “restrizioni al commercio” e abbiano un impatto negativo sui profitti.
Il governo italiano, ha detto Renzi, sta “spingendo con determinazione” per l’approvazione del trattato. Secondo quanto riporta la stampa, tra le motivazioni con la quale il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Italia Nostra a proposito dei lavori di ristrutturazione del Fontego c’è il riconoscimento che le deroghe a norme e leggi sono giustificate in vista degli “effetti benefici per la collettività che ne derivano”. (vedi https://www.rodolfobosi.it/fontego-dei-tedeschi-accettati-tutti-gli-oltraggi/)
Se è così, si tratta di una sentenza anticipatrice dei dettami del TTIP, perché sancisce che quello che è bene per gli investitori, è bene per tutti.
DFS, la consociata di Moet Hennessy Louis Vuitton che gestirà il centro commerciale, non è un bottegaio qualsiasi.
Creata a Hong Kong nel 1960 , possiede spazi duty free in 18 scali aeroportuali e 14 grandi magazzini denominati T-Galleria (dove T sta per traveller) in grandi città, soprattutto in Asia.
Lo sbarco a Venezia è parte della strategia della società di espandersi e conquistare l’Europa.
Come ha dichiarato l’amministratore delegato Philippe Schaus, “stavamo già trattando per una sede a Roma, ma quando Benetton ci ha chiamato, abbiamo pensato: questa è un’opportunità incredibile… we could not dream a better situation!”
In effetti, la situazione è ottima per DFS, che arriva e non deve nemmeno perdere tempo in trattative con le autorità locali, perché il lavoro sporco è già stato fatto.
Deve solo pagare il giusto prezzo al proprietario dell’immobile, l’imprenditore/eroe nostrano che, d’ora in poi, potrà limitarsi a intascare l’affitto (si dice 110 milioni per i primi anni, cioè il doppio di quanto corrisposto alle Poste italiane per comprare l’edificio).
Il beneficio pubblico individuato nella sentenza consiste in 300 posti di lavoro, che forse avrebbero potuto essere creati anche senza stravolgere l’edificio monumentale.
Non si menzionano future entrate fiscali per il comune. Speriamo che DFS Duty Free Shop non significhi che non pagheranno tasse.
- La profezia di Andy Warhol
Quando Andy Warhol diceva: “tutti i grandi magazzini diventeranno musei, e tutti i musei diventeranno grandi magazzini” pensavamo fosse una battuta, invece, come sempre, l’artista è profeta. Gli interventi sulla struttura edilizia del Fontego verranno portati a termine dal gruppo Benetton, secondo il progetto di Rem Koolhas.
Per l’allestimento degli spazi interni, invece, DFS ha incaricato l’inglese Jamie Fobert, grande “star dell’interior design”.
L’intenzione, ha spiegato Schaus in una conferenza stampa organizzata al teatro la Fenice, è di creare una nuova “destinazione commerciale e culturale” sul Canal Grande, dando spazio a una nuova interpretazione del department store e sviluppando “un nuovo concetto di shopping che sia tanto commerciale quanto culturale”.
Con il supporto delle istituzioni locali, ha aggiunto (e sarebbe interessante sapere se e quali accordi siano già stati presi), DFS intende avviare un programma di eventi culturali per offrire ai clienti una “nuova esperienza”.
Uno dei 300 assunti si occuperà esclusivamente di “manifestazioni culturali” e come tutti dipendenti verrà addestrato presso l’università della DFS.
La società, infatti, possiede anche una sua università la cui missione è creare un ambiente educativo atto a sviluppare le abilità necessarie per far vivere esperienze di lusso estremo al viaggiatore internazionale!
Il piano terra del department store ospiterà le sezioni Food&Wine e Gift&Fashion mentre all’interno della corte coperta sarà allestito un caffè con spazi dedicati alla vendita di prodotti enogastronomici del territorio e di manifattura locale.
Il primo piano sarà dedicato a Fashion Accessories, il secondo ai “prodotti uomo” e all’area Watches&Jewels.
Il terzo piano sarà occupato da un’area dedicata al beauty e alle fragranze e dalla sezione delle calzature. Per allestire le “sale”, la cui superficie commerciale complessiva è di circa 8 mila metri, Fobert riempirà l’involucro del Fontego con scale mobili di legno e pareti trasparenti che fungono da divisori e vetrine espositive.
“Abbiamo analizzato le stratificazioni del fondaco, così come i migliori esempi di design italiano dell’epoca d’oro”, ha detto il designer, “e abbiamo preso spunto anche dall’acqua e dai riflessi dei canali per ideare nuovi giochi di superfici e richiami alla natura della città”.
- Come adeguare la città alle necessità del department store
La previsione di Andy Warhol si riferiva alle modalità espositive all’interno di un singolo museo.
Ma se una città è un museo (come dicono con scherno gli sviluppatori che se ne appropriano) e un museo è un centro commerciale, per la proprietà transitiva è l’intera città che deve essere risistemata, allestita come un centro commerciale.
E forse è questa la visione a cui si ispira Schaus quando dice “restituiremo al Fontego il ruolo di centro d’incontro e di emblema della città …. lo trasformeremo in un luogo vivo, in una destinazione d’eccellenza, rafforzando la connessione storica della città tra cultura e commercio”.
In ogni caso il rapporto con la città è decisivo per garantire il successo dell’operazione che richiede la soluzione a problemi funzionali, primo fra tutti l’accessibilità.
DFS non dice quanti clienti dovranno arrivare al Fontego perché l’investimento sia remunerativo (altrimenti possono farci causa, imporci una addizionale irpef o regalarci una sponsorizzazione), ma alcuni anni fa il gruppo La Rinascente aveva stimato non potessero essere meno di 6 milioni all’anno.
DFS ha deciso di stipulare accordi con i tour operators cinesi dal momento che “i viaggiatori cinesi stanno aumentando e amano particolarmente fare shopping in città estere, dove i prezzi nel lusso sono mediamente inferiori del 30% a quelli praticati nella madrepatria”.
Dal punto di vista quantitativo la questione è risolta, anzi diventerà realtà la battuta secondo la quale Venezia è una “bottega dove cinesi vendono a cinesi merci fatte da cinesi”.
Il problema, dal punto di vista di DFS, è piuttosto quello di garantire ai suoi clienti “un’esperienza di lusso” non solo all’interno del centro commerciale, ma durante l’intera permanenza a Venezia, o almeno nel percorso tra la stazione ferroviaria e il Fontego.
Il che rende necessario allargare l’ambito di pertinenza del Fontego stesso.
Già nel rendering allegato al progetto di Koolhas (vedi Il Ponte del Fontego su eddyburg) era chiara l’intenzione di inglobare il ponte di Rialto nel dominio del centro commerciale.
Ma non basta, e quindi, se non si possono trasportare i clienti in elicottero sul tetto terrazza (non ancora) o chiudere il Canal Grande al trasporto pubblico e cederlo a DFS (non ancora) non c’è altra soluzione che rendere meno squallido il percorso a piedi.
A questo ha provveduto il commissario Zappalorto che, tra i suoi ultimi atti, ha approvato una delibera contro il degrado, non in tutta la città, ma giustappunto solo lungo il tragitto dalla stazione al Fontego!
Il risultato sarà che i banchetti non verranno eliminati (gli abusivi e i commercianti esentasse votano) ma semplicemente si sposteranno per non deturpare l’esperienza di chi va a fare shopping al Fontego.
È un ulteriore segnale di come il falso dibattito sul numero di turisti sostenibile verrà risolto con una zonizzazione della città in funzione del loro potere d’acquisto.
Tale zonizzazione può essere così schematicamente descritta: isole della laguna destinate a alberghi a sette stelle; le aree attorno a Piazza San Marco, Rialto e stazione trasformate in recinti commerciali tra loro connessi da “corridoi” riservati; la zona dal ponte dell’Accademia alla Salute e il territorio sempre più vasto occupato dalla Biennale ceduti al cosiddetto turismo d’arte.
Lo spazio residuale al di fuori di questi compound più o meno fortificati, sarà lasciato ai cittadini superstiti che se lo contenderanno con il “turismo straccione”.