Permesso di costruire, Dichiarazione di inizio attività (D.I.A.), e poi Segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) o ancora Super D.I.A., ed infine edilizia libera sono queste le forme di intervento pubblico cui ci si imbatte ogni qualvolta si è deciso di iniziare dei lavori edili.
Dagli interventi più semplici di manutenzione a quelli più articolati la domanda è sempre la stessa: ma quando è necessario richiedere un’autorizzazione comunale?
Una risposta al quesito è stata data dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 7 agosto 2015 n. 3898 nella quale viene precisato che il d.p.r. n. 380 del 2001, nell’individuare le forme di intervento pubblico richieste ai fini dell’effettuazione di interventi edilizi sul territorio, distingue tra:
i) interventi per i quali non è necessario ottenere un titolo abilitativo venendo in rilievo una attività edilizia libera (art. 6);
ii) interventi subordinati al rilascio di un permesso di costruire (art. 10);
iii) interventi subordinati a denuncia di inizio attività (art. 22).
Nell’ambito dell’attività edilizia libera l’art. 6 indica «gli interventi di manutenzione ordinaria».
Sulla base di tale distinzione il Collegio ha accolto l’appello proposto da una società proprietaria di un immobile adibito ad ufficio situato in una strada privata che aveva installato, con due paletti in ferro, una sbarra di metallo.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittimo il provvedimento del Comune con il quale si contestava l’abusività dell’intervento perché realizzato senza che la società avesse presentato la dichiarazione di inizio attività e, conseguentemente, si irrogava la sanzione pecuniaria di euro 44.412,00.
Il Supremo Consesso ha annullato la sentenza di primo grado che aveva dato ragione al Comune in quanto il TAR avrebbe erroneamente ritenuto che, venendo in rilievo interventi consistenti nella «delimitazione dell’ultimo tratto di strada con sbarra in ferro bloccata con lucchetti di sicurezza e fissata al suolo a mezzo di pali murati, con lo scopo di realizzare un parcheggio privato», sarebbe necessario il titolo edilizio.
Nel caso in esame l’installazione della sbarra metallica non era diretta a realizzare un parcheggio, ma esclusivamente a «controllare l’accesso e la sosta di terzi» nella propria proprietà, come risulterebbe anche dalla richiesta di autorizzazione all’istallazione presentata dalla società stessa nel 2003.
Tale tipologia di intervento – precisa il Consiglio di Stato – per la sua entità e tipologia, deve ricondursi in quelli di «manutenzione ordinaria» per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo.
A ciò si aggiunga, conclude il Collegio, che la società aveva comunque chiesto, nel 2003, l’autorizzazione all’istallazione della predetta sbarra senza che il Comune avesse mai adottato alcun provvedimento.
Accogliendo l’appello presentato dalla Società il Consiglio di Stato ha condannato il Comune al pagamento, in favore della società appellante, delle spese di entrambi i gradi di giudizio per complessive euro 5.000,00 (cinquemila), oltre gli accessori previsti dalla legge.
(Articolo dell’11 agosto 2015 di Enrico Michetti, fondatore e direttore del sito “Il Quotidiano della PA.it”)