Dal 22 ottobre del 2013, da quando cioè la Presidente della “Associazione Imprese Pubblicità Esterna” (A.I.P.E.), Daniela Aga Rossi, ha lanciato la “provocazione” di veder riconosciuta una “premialità” alle ditte pubblicitarie storiche che hanno rispettato le norme, poi riproposta ufficialmente dal sig. Ranieri Randaccio con la Nota della SCI del 14 marzo 2014, quasi tutti i membri della IX Commissione Commercio (ed ultimamente anche della I Commissione Bilancio) sia di maggioranza che di opposizione hanno “sposato” la tesi della “premialità”, impantanandosi sulle forme e sui modi per riconoscerla in qualche modo, facendo salvi gli impianti del riordino, senza accorgersi o comunque ignorando del tutto la fattibilità tecnico-giuridica delle casistiche man mano ipotizzate che riassumo sinteticamente di seguito.
Prima però debbo mettere in assoluto risalto l’insuperabile doppio scoglio che è stato fin qui completamente ignorato di due condizioni di legge ineludibili e soprattutto insuperabili, che sono da un lato la scadenza improrogabile del 31 dicembre 2014 e dall’altro lato l’obbligo di fare i bandi di gara per l’assegnazione della gestione decennale degli impianti: si tratta di due condizioni (improntate alla legalità e alla trasparenza e imparzialità delle procedure di assegnazione) che fermano sul nascere qualunque tentativo fatto finora per cercare di scavalcarle.
Se infatti si fa l’ipotesi di rimandare “politicamente” a tempi biblici l’approvazione del PRIP prima e dei Piani di Localizzazione poi, per evitare che si facciano i bandi di gara (tentativo tuttora in atto) e pensare di far salvi sine die in tal modo gli impianti del “riordino”, si va a sbattere contro la scadenza del 31 dicembre 2014 entro cui decadranno inesorabilmente tutte le concessioni rilasciate agli impianti del “riordino” che diventa così morto automaticamente come procedura.
Se invece si accetta l’ipotesi di arrivare a regime con i bandi di gara, tenendo fuori di esse gli impianti del riordino o lasciandovi dentro una percentuale di impianti del “riordino” da fare comunque salvi, senza accorgersi che in tal caso stiamo “premiando” non certo le presunte ditte “virtuose” ma i loro impianti, si va a sbattere in modo altrettanto inesorabile contro la finalità stessa dei bandi di gara che è quella di rilasciare nuove “autorizzazioni” decennali per gli impianti individuati dai Piani di Localizzazione e la conseguente impossibilità di mantenere come valide, fuori gara, le concessioni degli impianti del riordino scadute dal 31.12.2014 o peggio ancora di assegnare l’esclusiva a certe ditte su certi impianti comunque a priori, addirittura dentro una gara, nel dispregio più assoluto del principio di libera concorrenza e della durata dei titoli autorizzativi.
A fronte delle suddette considerazioni, l’ostinazione “politica” di volere a tutti i costi trovare un modo per riconoscere una “premialità” solo a certe ditte pubblicitarie “virtuose”, non meglio identificabili senza incorrere comunque in una censurabilissima ed illegittima discrezionalità, rischia o tradisce la volontà di arrivare alla fine a fare di tutto un fascio, facendo rientrare soprattutto le ditte “non virtuose” che hanno rovinato il mercato di Roma e soprattutto infangato il decoro della città, dietro la fin troppo comoda quanto scontata giustificazione che non si vuol far fallire nessuno con i bandi di gara.
Se si considera preliminarmente che questo tipo di atteggiamento “politico” non può e non deve preoccuparsi di non far fallire, o meglio ancora di far sparire dal mercato di Roma, anche le ditte che si sono fin qui comportate irregolarmente in modo sistematico ormai comprovato, si arriva allora a trovare la soluzione in un modo esattamente opposto e perfettamente rispettoso della normativa vigente in materia, individuando le ditte che hanno diritto di partecipare ai bandi per esclusione fra quelle che hanno “virtuosamente” rispettato le regole, impedendo di gareggiare a tutte quelle che sono sicuramente “non virtuose” in base a condizioni ineludibili dettate da criteri oggettivi ed in quanto tali non impugnabili né presso il TAR né presso il Consiglio di Stato.
Nell’emendamento riguardante la “premialità” fatto conoscere in copia nel corso della seduta congiunta delle Commissioni Bilancio e Commercio che si è tenuta il 24 giugno 2014 si dispone che <<le prime procedure di gara per l’assegnazione degli impianti pubblicitari individuati dai Piani di Localizzazione dovranno contenere, nel rispetto dei principi anche comunitari che regolano le selezioni ad evidenza pubblica, criteri di valutazione che tengano conto del corretto comportamento tenuto dai soggetti già inseriti nella procedura di riordino>>.
Dal suddetto testo mi sembra di capire che al tema della “premialità” si sia arrivati senza sapere nemmeno quale sia esattamente la normativa vigente in materia di bandi di gara, che anche il Comune di Roma dovrà rispettare e che è il Decreto Legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, con cui l’Italia ha recepito la Direttiva 2004/18/CE.
Se se ne fosse stati a dovuta conoscenza prima, non si sarebbe parlato di“prime procedure di gara”, lasciando capire che le altre potrebbero essere diverse, quando invece tutte le procedure di gara sono obbligate a rispettare il D.Lgs. n. 163/2006 che sancisce proprio dei principi comunitari e non come erroneamente riportato “principi anche comunitari”.
Si tratta del “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE“, che al n. 13 dell’Allegato II A (relativo all’ “Elenco dei servizi di cui all’articolo 20 e 21”) include i “Servizi Pubblicitari” da appaltare, disciplinati per l’appunto dagli artt. 20 e 21, ma anche e soprattutto dagli articoli 38 (relativo ai “Requisiti di ordine generale”) e 41-42 (relativi rispettivamente alla “Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi” ed alle “Norme di garanzia della qualità”).
La “virtuosità” delle imprese costituisce (anzi: deve costituire) per espressa previsione di legge (articolo 38 del D.Lgs. 163/2006) requisito di ammissione alle gare e ciò:
– sia sotto il profilo della regolarità dei pagamenti al Comune per canoni ed imposte (l’articolo 38 del D.Lgs. 163/2006 prevede – al comma 1, lett. “g” – che non possano concorrere alle pubbliche gare coloro che “hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”);
– sia per quanto riguarda l’assenza di impianti abusivi (che costituirebbe non solo una violazione tributaria grave ma anche – cfr. ancora l’articolo 38, comma 1, lett. “f” – un episodio di “grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni” che saranno oggetto della gara e comunque “un errore grave nell’esercizio della..attività professionale” dell’impresa interessata).
L’inutilità di riconoscere una “premialità” in base ai due criteri della regolarità dei pagamenti e di non avere installato impianti abusivi viene dall’art. 38 perché precisa ai sensi del 1° comma quali sono i soggetti che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti”: ne deriva che tutti gli altri soggetti sono per esclusione implicitamente “virtuosi” e comunque nel pieno diritto di partecipare alle gare.
Ne deriva, per dirla ancora meglio, che la “virtuosità” delle imprese costituisce (anzi: deve costituire) per espressa previsione di legge (vale a dire l’art. 38 del D.lgs. 163/2006) requisito di ammissione alle gare e ciò:
– sia sotto il profilo della regolarità dei pagamenti al Comune per canoni ed imposte (l’articolo 38 del D.lgs. 163/2006 prevede – al comma 1, lett. “g” – che non possano concorrere alle pubbliche gare coloro che “hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”);
– sia per quanto riguarda l’assenza di impianti abusivi (che costituirebbe non solo una violazione tributaria grave ma anche – cfr. ancora l’articolo 38, comma 1, lett. “f” – un episodio di “grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni” che saranno oggetto della gara e comunque “un errore grave nell’esercizio della..attività professionale” dell’impresa interessata).
Ma il suddetto D.Lgs. n. 163/2006 impone al Comune di Roma di porre delle condizioni di sbarramento alla partecipazione alle gare da parte di ditte da ritenersi “non virtuose” senza alcuna discrezionalità quanto meno sulla base dei seguenti oggettivi criteri di esclusione.
1 – Non hanno diritto a partecipare a nessun bando di gara quelle ditte pubblicitarie che non abbiano partecipato al riordino ed abbiano installato impianti “senza scheda”, privi cioè di qualunque titolo autorizzativo, o peggio ancora impianti abusivi nemmeno registrati nella Nuova Banca Dati.
2 – Non hanno diritto a partecipare a nessun bando di gara quelle ditte pubblicitarie che pur avendo partecipato al procedimento del riordino, abbiano successivamente installato senza alcun preventivo rilascio di titolo autorizzativo, impianti pubblicitari accertati come “senza scheda”.
3 – Non hanno diritto a partecipare a nessun bando di gara quelle ditte pubblicitarie che pur avendo partecipato al procedimento del riordino, dichiarando alla data del 9 maggio del 1997 di avere installato un certo numero di impianti del tipo scheda “ES”, abbiano in seguito installato ulteriori impianti fra quelli dichiarati del tipo “E”, senza alcun preventivo rilascio di titolo autorizzativo e da considerare quindi anch’essi “senza scheda”.
4 – Non hanno diritto a partecipare a nessun bando di gara quelle ditte pubblicitarie i cui rappresentanti legali, pur avendo partecipato al procedimento del riordino, si siano successivamente avvalsi della Deliberazione Giunta Comunale n. 395 del 3 dicembre 2008 per ricollocare uno o più impianti nemmeno in violazione delle norme inderogabili del Codice della Strada in posizioni da rendita di posizione economicamente più vantaggiosa, ma del tutto illecite, dichiarandone in modo mendace la piena regolarità allegando anche una falsa asseverazione di tecnico abilitato.
Debbo mettere in evidenza che fra le cause di esclusione dai bandi di gara non possono essere annoverate anche le sanzioni amministrative emanate contro impianti del riordino installati con regolare concessione rilasciata dal Comune in una certa posizione sul territorio, risultata poi in violazione delle norme inderogabili del Codice della Strada subentrate dopo (nell’anno 1992) o di vincoli paesaggistici imposti sempre dopo o norme di salvaguardia di aree naturali protette istituite pur esse dopo il rilascio dei titoli autorizzativi: si tratta di evidenti casi in cui vanno riconosciuti agli impianti dei “diritti acquisiti” che consentono quindi una loro ricollocazione ai sensi della deliberazione della Giunta Comunale n. 395 del 3 dicembre 2008.
Come si può ben vedere, ad eccezione dei casi suddetti, si tratta di 4 precise condizioni di esclusione da tutti i futuri bandi di gara, dettate dal più totale rispetto della legalità e quindi inattaccabili sia al TAR che al Consiglio di Stato, entrambi i quali si sono peraltro già pronunciati rigettando i ricorsi presentati proprio contro la rimozione degli impianti “senza scheda”.
Il rispetto delle suddette 4 condizioni porterebbe ad escludere da tutti i futuri bandi di gara molte delle ditte “romane” o “non romane” ma che hanno distrutto Roma: per differenza e per esclusione, sarebbero molto poche o si ridurrebbe comunque di molto il numero delle ditte che avranno diritto a partecipare a tutti i futuri bandi di gara, avendo come unico requisito di “virtuosità” quello di stare con tutte le carte in regola, così come prescrive la legge.
A chi obiettasse che stiamo pur sempre in un paese in cui vige il detto che “fatta la legge trovato l’inganno”, che in tal caso sarebbe il camuffamento delle ditte malavitose sotto la forma di neo nate ditte “verginelle”, faccio presente che il D.Lgs. n. 163/2006 dà facoltà anche al Comune di Roma di esigere che i partecipanti siano in possesso di requisiti tecnici ed economici in linea con le caratteristiche dell’appalto, e questo a tutela stessa dell’Amministrazione che deve poter essere certa di affidare le concessioni ad operatori di comprovata esperienza e solvibilità.
Ricordo proprio a tal riguardo che il bando per il servizio di Bike Sharing indetto dalla precedente Giunta Comunale è stato impugnato dalla ditta “SCI” del sig. Ranieri Randaccio che ha ottenuto l’annullamento del bando, che si è rivelato però stato una vittoria di Pirro, dal momento che con Sentenza del TAR del Lazio n. 4707 del 16 maggio 2012 gli sono state respinte proprio buona parte delle accuse sul presunto monopolio delle multinazionali che sta portando ostinatamente ancora avanti assieme all’AIPE (la “SCI” si era opposta proprio ai criteri di selezione imposti dal bando che richiedeva, così come tutti gli appalti al mondo di questo tipo, che i concorrenti avessero delle caratteristiche tali da garantire la stazione appaltante).
La Sezione Seconda Ter del Lazio ha respinto soprattutto le censure portate proprio alle capacità tecniche e professionali richieste per partecipare a quel bando di gara.
Ne riporto per opportuna conoscenza i seguenti estratti.
<<Per giurisprudenza che può oramai dirsi consolidata al riguardo, peraltro, appartiene alla discrezionalità della stazione appaltante fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge essendo coessenziale il potere-dovere di apprestare (attraverso la specifica individuazione dei requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare; l’unico limite a detta insindacabilità della scelta, si rinviene allorché la stessa sia manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria, nonché lesiva della concorrenza, alla stregua di una valutazione da effettuare non in astratto, ma in correlazione al valore dell’appalto>>.
<<In particolare, tanto l’A.V.C.P. con la deliberazione n. 20/2007 quanto il giudice amministrativo ritengono non incongrua né limitativa dell’accesso alla gara la richiesta di un fatturato, nel triennio pregresso, sino al doppio dell’importo posto a base della stessa ( T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, sez. I, 11 aprile 2008, n. 1424 e T.A.R. Molise, sez. I, 2 aprile 2008, n. 107).>>
<<L’articolo 42, del D. Lgs. n. 163 del 2006, rubricato “Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi”, dispone, al comma 1, lett. a), che “1. Negli appalti di servizi e forniture la dimostrazione delle capacità tecniche dei concorrenti può essere fornita in uno o più dei seguenti modi, a seconda della natura, della quantità o dell’importanza e dell’uso delle forniture o dei servizi:
a) presentazione dell’elenco dei principali servizi o delle principali forniture prestati negli ultimi tre anni con l’indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi o forniture stessi; se trattasi di servizi e forniture prestati a favore di amministrazioni o enti pubblici, esse sono provate da certificati rilasciati e vistati dalle amministrazioni o dagli enti medesimi; se trattasi di servizi e forniture prestati a privati, l’effettuazione effettiva della prestazione è dichiarata da questi o, in mancanza, dallo stesso concorrente; …>>.
<<In applicazione della norma richiamata la scelta al riguardo costituisce espressione della discrezionalità di cui l’amministrazione gode nell’indicare i requisiti di capacità tecnica professionale delle ditte partecipanti alla procedura di gara, purché ciò avvenga entro i limiti della logicità e della proporzionalità e sempre che questi non rappresentino un evidente limitazione alla partecipazione alla gara.>>
<<In sostanza le determinazioni in materia di requisiti soggettivi di partecipazione alle gare non devono essere illogiche, arbitrarie, inutili o superflue e devono essere rispettose del principio di proporzionalità, il quale esige che ogni requisito individuato sia al tempo stesso necessario ed adeguato rispetto agli scopi perseguiti; il concreto esercizio del potere discrezionale deve, dunque, essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal pubblico incanto e deve rispettare i principi del codice dei contratti. Nella scelta dei requisiti di partecipazione, quindi, il ricordato principio di non discriminazione impone che la stazione appaltante debba ricorrere a quelli che comportino le minori turbative per l’esercizio dell’attività economica. In definitiva, l’intero impianto dell’avviso non deve costituire una violazione sostanziale dei principi di libera concorrenza, “par condicio”, non discriminazione e trasparenza di cui all’articolo 2, comma 1, del D.lg. n. 163 del 2006 (T.A.R. Lazio- Roma, sez. II, 7 ottobre 2010, n. 32717).>>
<<L’adeguatezza e la proporzionalità dei requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche, con particolare riguardo proprio alla capacità tecnica, deve essere, tuttavia, valutata con riguardo non solo al mero importo economico della base di asta di cui al bando ma anche, e soprattutto, all’oggetto concreto dell’appalto in gara con riferimento in particolare alle sue specifiche peculiarità; e la capacità tecnico-organizzativa afferente ai servizi in pregresso prestati, di cui alla richiamata lettera a) del comma 1 dell’articolo 42 del D. Lgs. n. 163 del 2006, non solo analoghi ma anche specificatamente identici, garantisce effettivamente all’amministrazione l’affidabilità contrattuale del proprio interlocutore con riguardo alle prestazioni oggetto di affidamento. >>
<<Nel caso di specie la capacità tecnica è stata agganciata all’espletamento della medesima tipologia di servizio (gestione e sviluppo del servizio di Bike Sharing, comprensivi della fornitura del sistema e della manutenzione e gestione dello stesso) con la specificazione della consistenza del relativo oggetto contrattuale che è stato in concreto agganciato alla dimensione dell’oggetto della procedura in questione; a fronte di n. 80 stazioni da gestire, e in parte preponderante da rinnovare e realizzare ex novo, è stata richiesta la comprovata stipulazione di un contratto relativo alla realizzazione e gestione di n. 40 stazioni.>>
in relazione al rischio che la “virtuosità” venga artefatta dissolvendo un impresa disonesta per costituirne una nuova ad hoc per le gare, occorre ricordare in conclusione che un’impresa di nuova costituzione sarebbe – proprio perché nuova – necessariamente priva dei requisiti della cosiddetta “capacità tecnico-organizzativa” ed “economico-finanziari” come definiti ed imposti dagli articoli 41 e 42 del D.lgs. 163/2006.
Ed infatti:
– la prima delle due norme prevede che la “la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita” con referenze bancarie, bilanci e – soprattutto – con “il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi”.
– la seconda disposizione (l’articolo 42) prevede anch’essa che “la dimostrazione delle capacità tecniche dei concorrenti può essere fornita … a seconda della natura, della quantità o dell’importanza e dell’uso delle forniture o dei servizi” con (tra l’altro, ma non solo) la “presentazione dell’elenco dei principali servizi o delle principali forniture prestati negli ultimi tre anni con l’indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi o forniture stessi”.
Come ultima annotazione a margine debbo far presente che nell’indire le gare in questione il Comune sarà tenuto a fissare requisiti di ammissione tecnici (in termini di esperienza pregressa) ed economici (fatturato specifico nel settore) che siano adeguati alla natura delle prestazioni richieste, al valore dell’affidamento e alla sua durata ed importanza, essendo già stato evidenziato (cfr. TAR Lazio, Sez. I, 18 maggio 2006 n. 3572) che è illegittimo un bando privo di requisiti minimi di partecipazione congrui e pertinenti con l’oggetto della gara: e questo proprio perché dalla previsione dei suddetti requisiti minimi «in sede di elaborazione della disciplina di gara, non può in alcun modo prescindersi … a tutela del principio di buona andamento ed efficienza dell’azione amministrativa» (TAR Lazio, 3572/2016 cit.)
Ne deriva in conclusione che con un numero limitato da un lato delle ditte pubblicitarie che hanno diritto a partecipare a tutti i bandi di gara, ma con la condizione dall’altro lato della possibilità di limitare l’aggiudicazione ad esempio a non più di due (vagliando bene in tal caso la non impugnabilità di una simile limitazione), è quasi certo che non si farà fallire nessuna di queste ditte, se non altro perché tutte si potranno aggiudicare quanto meno una gara partecipando in Associazione Temporanea di Imprese (ATI).
Ne deriva altresì che chi d’ora in poi si ostinerà a voler riconoscere una “premialità” a presunte ma non meglio identificate ditte “virtuose” tradirà malamente la volontà di assecondare cani e porci, facendo rientrare in tal modo quanto meno una parte delle ditte “non virtuose” così come da me sopra individuate in base ai 4 criteri di esclusione sopra elencati.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi